Può una raccolta fondi su Facebook essere l’ultima spiaggia per l’indipendenza di una ragazza sulla sedia a rotelle? A quanto pare sì. Ketty Giansiracusa ha 32 anni, occhi grandi e verdi, lunghi capelli castani e grinta da vendere. Originaria di Noto, in provincia di Siracusa, vive a Roma ormai da 10 anni per motivi di studio, ed è affetta sin dalla nascita da atrofia muscolare spinale, una patologia genetica progressiva fortemente invalidante che ha limitato drasticamente la sua capacità motoria, rendendole indispensabile ricorrere alla sedia a rotelle e all’aiuto di qualcuno in determinati momenti della giornata.
«Finora sono stata alla Casa dello Studente, dove c’è un’assistenza davvero ottima, ma non posso rimanere qui per sempre e presto dovrò andarmene». Ketty ha, dunque, avviato le pratiche per ottenere l’assistenza domiciliare indiretta dal Comune di Roma, ovvero la possibilità di accedere a un fondo per assumere un assistente personale, con regolare contratto, che possa aiutarla a compiere alcune azioni quotidiane di base. «Tra i requisiti richiesti c’è la residenza nel Comune di riferimento: io, essendo stata finora fuorisede, non l’avevo, e così da settembre 2017 pago con i soldi della pensione d’invalidità un affitto in un appartamento, in cui ancora non mi sono potuta trasferire in pianta stabile, proprio perché lì non ho nessuno che mi possa aiutare».
Una volta in regola con i requisiti, Ketty ha inviato la domanda, ma mai si sarebbe immaginata la risposta ricevuta dai servizi sociali del II Municipio: «Dopo un mese, mi hanno chiamata per dirmi che non ci sono fondi e non se ne parlerà prima del prossimo anno. Mi è crollato il mondo addosso! L’assistenza domiciliare è un mio diritto fondamentale per vivere: io ho bisogno di qualcuno per potermi alzare dal letto e iniziare la giornata! Non si può aspettare un anno o anche di più per un diritto alla vita, a respirare, ad alzarsi dal letto. La mia famiglia non può aiutarmi né economicamente, né fisicamente, data la distanza: come faccio da sola? Io vivo a Roma da tanto tempo, non me ne voglio tornare in Sicilia: ho costruito la mia vita qui e voglio lottare per stare qui con la mia casa!».
Per poter far fronte a questa spesa, che ammonta a circa 800 euro al mese, Ketty ha intensificato la ricerca di lavoro, iniziata già da tempo, spaziando sia tra gli annunci classici, sia tra quelli per le categorie protette, ma senza successo: «Capita che mi contattino per posizioni per le quali ho tutti i requisiti, ma non appena capiscono che sono sulla sedia a rotelle si tirano immediatamente indietro e non mi fanno fare proprio il colloquio».
Un giorno, qualcuno le suggerisce di avviare una raccolta fondi su Facebook. Ketty inizialmente declina l’idea, prova vergogna: si tratta di mettere in piazza la propria persona e la propria privacy, è una scelta difficile, ma inizia a pensarci. Alla fine accetta la sfida e il 24 agosto pubblica la sua richiesta sul social, specificando che “decide di usufruire di tale strumento non per passatempo, ma perché è l’ultima spiaggia per poter colmare enormi lacune dello Stato”. Punta come obiettivo 15mila euro, un importo che le consentirebbe di coprire le spese necessarie per almeno un anno. La risposta degli utenti non si è fatta attendere e i primi contributi sono già arrivati, toccando quota 2mila euro nei primi dieci giorni.
«Non è stato facile compiere questo passo, ma io non ho altri fondi per pagare una persona che mi aiuti e non sapevo davvero come fare. Grazie alle donazioni che stanno arrivando, ho iniziato a fare colloqui per un assistente: spero di trasferirmi presto e di potergli garantire almeno 6 mesi di stipendio. Non so se raggiungerò mai l’importo utile per un anno, ma tutto questo mi serve almeno per tamponare questi mesi di attesa, che non so quanti saranno. Ho sentito storie di persone che aspettano l’assistenza domiciliare indiretta da due, cinque anni, ed è allucinante. Sono stata veramente messa con le spalle al muro, questo Stato non ci garantisce nulla: altroché rimuovere gli ostacoli e permettere lo sviluppo della persona umana!».
E se è incredibile essere costretti a ricorrere a Facebook per trovare una possibilità di vita dignitosa, di certo lo è di più continuare ad avallare sia il funzionamento malato di una macchina burocratica dai tempi assurdi, sia la presunta mancanza di fondi, inammissibile quando si parla di garantire diritti fondamentali alle persone con gravi disabilità.
In attesa che qualcosa si sblocchi in queste bibliche liste d’attesa, permettendo a tutti coloro che ne hanno diritto di accedere all’assistenza domiciliare indiretta, è possibile aiutare Ketty nella sua lotta per l’autonomia, contribuendo alla sua raccolta fondi: https://www.facebook.com/donate/709593506061972/