Aveva conquistato la roccaforte di Rosario Crocetta con il 64,5% dei voti sotto il simbolo del M5s dal quale è stato poi allontanato, oggi si è dimesso via mail ed è poi stato sfiduciato dal consiglio comunale mentre si trovava in un letto di ospedale per un malore accusato in Aula durante il confronto con le altre forze politiche. Si è chiusa così la parabola politica di Domenico Messinese, sindaco di Gela, in provincia di Caltanissetta, dove si tornerà a votare alla prima tornata elettorale utile e con due anni d’anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato.
Ingegnere di 53 anni, Messinese, in mattinata aveva capito l’antifona in consiglio comunale e così ha inviato le proprie dimissioni con una mail: l’ha fatto dal letto d’ospedale dove intanto era stato trasferito in ambulanza per un malore improvviso che lo aveva compito mentre era in aula. Una mossa a sorpresa che invece di distendere gli animi li ha rinfocolati. Dopo avere appreso delle dimissioni dal segretario generale del Comune, i consiglieri hanno proseguito il dibattito in aula, in assenza del sindaco: una parte ha spinto per mettere ai voti la mozione, il resto voleva soprassedere alla luce delle dimissioni.
Ma l’ipotesi che Messinese potesse ritirare le dimissioni, in forza del regolamento che prevede la conferma o meno entro 20 giorni dalla comunicazione, ha convinto i falchi a non mollare. E così la mozione è stata votata: 26 i favorevoli alla sfiducia e due gli astenuti, a fronte dei 28 presenti su 30. Si tornerà alle urne, dunque. “Gli uffici stanno verificando se ci sono tempi tecnici per l’indizione dei comizi per la finestra elettorale di novembre, altrimenti il voto slitterà al prossimo anno”, spiega l’assessore regionale alle Autonomie locali, Bernardette Grasso. In arrivo dunque il commissario.
Messinese era stato eletto a giugno 2015 col 64,5% dei voti, mentre il suo avversario, Angelo Fasulo del Pd, si era fermato al 35,5%. Una vittoria netta per il M5s che sostenne l’ingegnere e che con quel risultato aveva conquistato la roccaforte di Rosario Crocetta, in quei giorni presidente della Regione siciliana. Ma appena sei mesi dopo i Cinque Stelle espulsero il sindaco dal Movimento per divergenze profonde legate ai rapporti con Eni e allo stipendio. Da allora il percorso dell’amministrazione è stato tortuoso, tra mille difficoltà, comprese due mozioni di sfiducia che Messinese è riuscito a superare indenne. Non ci è riuscito con la terza mozione, firmata da 21 consiglieri su 30 e giunta in aula per la discussione dall’esito che molti davano per scontato. Messinese ha provato a disinnescarla, presentandosi in consiglio con la sua giunta dimissionaria e proponendo una sorta di governo di “salute pubblica”. Ma il tentativo è fallito.