Dopo Gilberto Benetton, presidente della holding che controlla Autostrade per l’Italia, sul disastro del Ponte Morandi interviene anche il numero uno della società Giovanni Castellucci, che è tra gli indagati per il crollo del viadotto in cui sono rimaste uccise 43 persone. Lo fa con un’intervista alla Stampa e al Secolo XIX, il quotidiano di Genova, in cui ammette la “responsabilità” per la gestione dell’infrastruttura crollata “generando un disastro e un dolore enormi”. Ma, sostiene, “la colpa è un’altra cosa. E vogliamo ricostruire in tempi stretti, insieme a Fincantieri. Le idee di Renzo Piano ci onorano e cercheremo di condividerle ed adottarle per quanto fattibile”.
“Io e i miei collaboratori faremo quanto possibile per supportare la magistratura”, dice Castellucci. “Trovo normale che le indagini in questa fase procedano ad ampio raggio. Sulla mia posizione, ribadisco che la priorità era e resta operare per fare uscire Genova dall’emergenza. In quel senso continuerò a lavorare”. “Sentiamo tutta la responsabilità e il dolore per essere stati i gestori del viadotto, con le nostre strutture tecniche e i nostri uomini”, è la premessa. “Il ponte era affidato a noi ed è crollato. Ma la colpa presuppone comprensione delle cause, che dovranno essere accertate al meglio”.
Sul fatto che una delle probabili cause è il cedimento dei tiranti di un pilone e che per sistemarli Autostrade già nel 2015 aveva concepito una ristrutturazione che avrebbe forse evitato la strage, Castellucci risponde così: “Non ho competenze tecniche e una conoscenza del progetto adeguate, ma normalmente progetti complessi richiedono tempi lunghi. Nei manuali di manutenzione sta scritto che gli interventi vanno eseguiti in anticipo. Farlo prima? Valutazione che lascio ad altri. Se ci fosse stata una percezione di pericolo imminente, chi aveva la possibilità d’intervenire lo avrebbe fatto, avendone ogni facoltà. E l’obbligo. Il cda non ha queste facoltà”.