Cultura

Preghiera del mare, il nuovo libro di Khaled Hosseini. L’editore: “Non è un romanzo per buonisti. ‘Aiutare gli altri è istinto primario'”

Hosseini ha dedicato il libro alle migliaia di rifugiati che sono deceduti in mare mentre fuggivano dalla guerra e dalle persecuzioni. Preghiera del mare è una bella e importante operazione editoriale internazionale. Il libro esce in simultanea in USA, Regno Unito e molti altri Paesi del mondo

di Francesco Aliberti

Preghiera del mare di Khaled Hosseini (uscito ora per SEM e curato da Roberto Saviano, che lo ha tradotto e ne ha scritto una prefazione) è una piccola meraviglia, un libro che dovete assolutamente leggere. È la lettera di un padre a un bambino, Marwan, scritta su una spiaggia, di notte, in attesa che arrivi l’alba per prendere il mare insieme, su un barcone, verso un futuro migliore.

Ve la caverete in una mezz’ora, ma l’impressione vi farà compagnia nei pensieri e nel profondo molto più a lungo. Commuove come solo la vera letteratura sa fare. E con solo un piccolo sforzo di empatia arriverete a pensare che, con un altro giro di giostra del destino, su quel barcone avreste potuto esserci voi con le persone che vi sono più care. Compratelo e regalatelo, se potete, perché parte del ricavato l’editore lo devolverà alla UNHCR, l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite dedicata alla protezione e al sostegno di rifugiati e sfollati in tutti il mondo. Compratelo anche perché vi aiuterà a capire, a guardare più lontano, oltre l’orizzonte da dove provengono i migranti, dove cielo e mare si incontrano, come dice Saviano, a comprendere che dietro quell’orizzonte c’è un mondo reale e una vita vera, persone vere, con sentimenti e storie simili del tutto alle nostre. Vi aiuterà forse a essere migliori, a restare più umani, a essere solidali se già non lo siete.

Il racconto si ispira alla storia di Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni che nel 2015 è annegato nel mare Mediterraneo mentre cercava la salvezza in Europa. Scrive lo scrittore di best seller afgano che dopo di lui 4.176 persone hanno perso la vita in viaggi della speranza simili. Marwan è come il protagonista di Alì dagli occhi azzurri di Pier Paolo Pasolini, che già nel 1964 aveva profetizzato, con notevole preveggenza sociologica, una specie di invasione di “extracomunitari”, l’avvento di una società multiculturale in Europa: “Alì dagli occhi azzurri, uno dei tanti figli dei figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi, saranno con lui migliaia di uomini, coi corpicini e gli occhi, di poveri cani dei padri”. Chissà Marwan di che colore ha gli occhi e di che colore li aveva il piccolo Alan, di cui tutti ricordiamo la foto che ci ha spezzato il cuore, quella del suo corpicino supino, con la maglietta rossa, senza più vita su una spiaggia dalla Turchia. Pasolini aveva dedicato la sua opera a Sartre, che gli aveva raccontato la storia di Alì in occasione della proiezione del Vangelo a Parigi. Hosseini ha dedicato il libro alle migliaia di rifugiati che sono deceduti in mare mentre fuggivano dalla guerra e dalle persecuzioni. Preghiera del mare è una bella e importante operazione editoriale internazionale. Il libro esce in simultanea in USA, Regno Unito e molti altri Paesi del mondo. «Il Fatto» ha intervistato l’editore italiano del libro di Hosseini, il patron di SEM Riccardo Cavallero, che si trova a Londra per il lancio del libro.

In casa editrice avete fatto le magliette con la scritta “Intellettuale, buonista e radical chic”. È il vostro claim?
Quella è una provocazione. Il nostro claim è “Facciamo storie”. In due sensi: ci occupiamo di narrativa, ma fare storie anche nel senso di “piantare grane”, perché uno degli obiettivi della letteratura è aprire il dibattito, far ragionare e discutere.

Diranno che avete fatto un libro per buonisti?
Non è un libro per buonisti, come ha detto Hosseini in un’intervista qui a Londra stamattina: aiutare il prossimo è un istinto primario, è una cosa che hanno tutti, senza distinzione di colore e di credo politico. Stimolare questo istinto positivo è l’obiettivo di questo libro.

Lo dice anche Saviano nell’introduzione.
Roberto è molto chiaro in tal senso. Quello dell’immigrazione è un fenomeno che da noi italiani non è stato ancora del tutto compreso e assimilato. Viverlo qua a Londra è diverso, perché forse l’integrazione è un fenomeno già al massimo livello. Una città che ha un sindaco musulmano, che ha una tradizione secolare di integrazione. È incredibile.

Gli italiani sono razzisti?
L’Italia ha una storia di integrazione ancora breve e quindi facciamo più fatica ad adattarci. Non siamo razzisti, credo.

Questo libro aiuterà a crescere?
Questo libro credo possa comportare un grosso sforzo. Come padre ti tocca tantissimo. Viverlo da questo punto di vista trasmette una sensazione totalmente diversa.

Un antidoto contro il razzismo?
Ripeto, siamo un popolo giovane dal punto di vista dell’integrazione, non siamo abituati al diverso, dobbiamo farci le ossa, dobbiamo imparare, e ciò richiede del tempo. In questo momento, nel quale attraversiamo una fase recessiva, forse è un po’ più difficile imparare. Siamo come certi studenti che se devono studiare matematica fanno fatica a capire i teoremi. In questa fase storica si fa fatica a farci entrare nella “cucuzza” che siamo tutti uguali.

Rifugiati compresi.
Nessuno sceglie di fare il rifugiato, se lo fai vuol dire che c’è qualche problema dietro. Di suo nessuno scapperebbe. Ho vissuto dodici anni all’estero da privilegiato, ma anche da privilegiato parti per un futuro che non sai dove ti può portare. Nel caso dei rifugiati non sai se sopravviverai tu, la tua famiglia e i tuoi figli.

Si tratta di un libro importante, con una pianificazione editoriale internazionale.
È uscito in USA, Regno Unito, Olanda, Norvegia. Da qui a Natale sarà in 39 Paesi.

SEM è un editore giovane. Come avete fatto?
Il mondo dell’editoria in generale è cambiato negli ultimi cinque anni. È sempre più in crisi. Il rapporto personale e umano fra editore e autore diventa importante. Noi abbiamo un limite per i titoli che pubblichiamo e il rapporto personale diventa fondamentale. Esserci, seguire l’autore diventa un fattore premiante.

Come ha coinvolto Saviano?
Roberto Saviano lo conosco perché quando lavoravo in Mondadori pubblicai in Spagna il suo Gomorra, e gli altri suoi libri. Abbiamo un rapporto personale. E comunque Roberto si occupa di questi temi, degli ultimi e di quelli che sono in difficoltà.

È stato facile, quindi.
È stato abbastanza naturale in casa editrice pensare a lui per l’introduzione di questo libro (l’edizione italiana è l’unica con la cura di Roberto) per cercare di allargare ancora di più il messaggio che Khaled stava trasmettendo.

Ti ha detto subito di sì?
Sì, ha guardato subito il libro, gli sono piaciute molto le illustrazioni. È stato naturale per lui, si occupa di questi argomenti da più di dieci anni, era nel suo terreno naturale.

Le illustrazioni sono davvero belle.
Sì, provengono da Williams, che è l’illustratore del «Guardian». Io sono molto contento della stampa del libro. Anche Khaled ci ha fatto i complimenti per la qualità della stampa. Sono acquerelli di cui purtroppo non ho gli originali, ma abbiamo cercato di renderli al meglio sulla carta che abbiamo scelto per il libro.

Cosa colpirà di più il lettore di questo libro?
E’ un testo molto breve, una preghiera laica, una lettera di un padre a un figlio. Spero che possa unire invece che dividere. Oggi c’è molta propaganda su questo argomento, ma poca conoscenza sul tema. Mi auguro che questo possa essere uno spunto per andare a cercare dell’altro, per informarsi. Sono già tanti i libri sul tema.

È quello che dice Hosseini.
Una delle cose belle che ha detto Khaled quando gli hanno chiesto di entrare in politica per aiutare il suo Paese è stata: «Il mio lavoro è raccontare storie. Spero che questo libro contribuisca a renderci più informati perché la propaganda a volte offusca».

Chi è il destinatario ideale del libro?
Spero soprattutto che vada in mano ai bambini e ai ragazzi, ecco perché abbiamo tenuto un prezzo di copertina basso. I bambini dovrebbero guardare con occhi puliti la situazione, senza infiltrazioni di altro tipo. Per vedere chi è un rifugiato basta specchiarsi: domattina chiunque di noi può essere un rifugiato per ragioni diverse.

Immaginiamo che un bambino come Marwan, protagonista del libro, dopo tante peripezie e sofferenze arrivi finalmente, sano ma stremato, sulle coste italiane. Lì incontra il ministro Salvini che non lo fa scendere dalla nave. Che ne pensa?
Semplicemente penso che il bambino non capirebbe e piangerebbe.

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