Due mesi fa la Procura della Capitale ha sferrato un duro colpo alla presunta mafia di Roma est, a quella maxifamiglia di sinti italiani arroccata tra l'Anagnina, la Romanina e Porta Furba, dedita ad estorsione, usura, traffico di droga
Su richiesta della Dda di Roma, confermata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, è stato disposto il regime speciale previsto dall’articolo 41 bis ordinamento penitenziario, il cosiddetto “carcere duro”, nei confronti di Giuseppe Casamonica, ritenuto il capo dell’omonimo clan operante a Roma. Arrestato nel blitz del 17 luglio scorso insieme a una trentina di persone. Per gli inquirenti quello dei Casamonica è un clan mafioso a tutti gli effetti, radicato sul territorio, unito da vincoli di sangue e da affari, con un esercito di affiliati e tantissime vittime intimidite con le minacce e sopraffatte dalla paura solo a sentire quel cognome, Casamonica.
Due mesi fa la Procura della Capitale ha sferrato un duro colpo alla presunta mafia di Roma est, a quella maxifamiglia di sinti italiani arroccata tra l’Anagnina, la Romanina e Porta Furba, dedita ad estorsione, usura, traffico di droga, amante del lusso trash ostentato considerato come un marchio di fabbrica del potere più sfacciato: 33 tra Casamonica e affiliati, compresi i potentissimi Di Silvio e Spada, erano stati arrestati in un maxiblitz che ha decapitato la famiglia. Tra gli arrestati il pugile Domenico Casamonica e 13 donne, potentissime nel clan. E donna è la pentita che ha incastrato il clan che da decenni comanda in un pezzo periferico ma vastissimo di Roma e oltre fino ai Castelli. Agli arrestati sono stati contestati, in concorso fra loro e con ruoli diversi, di aver costituito un’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, usura, concessione illecita di finanziamenti ed altro, tutti commessi con l’aggravante del metodo mafioso.
Per gli investigatori il ruolo apicale di promotore era ricoperto da Giuseppe Casamonica, recentemente uscito dal carcere dopo circa 10 anni di detenzione. Un’organizzazione di “difficile penetrazione” per gli inquirenti anche per la lingua che utilizza, un dialetto sinti che non molti sono in grado di interpretare, capace di stabilire solidi legami con le famiglie più influenti della ‘ndrangheta calabrese. Gli affiliati non avevano bisogno di usare la violenza, bastava il solo nome della famiglia Casamonica per farsi rispettare. I giudici del Riesame, lo scorso 3 agosto, hanno confermato l’accusa di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa nei confronti degli arrestati tra cui, il presunto capo dell’organizzazione, Giuseppe Casamonica e il pugile, ex campione del mondo, Domenico Spada.