Il sindacato Fedirets DirerLazio si è rivolto ai magistrati contabili invocando "il principio di invarianza della spesa da applicare ai costi delle indennità del personale delle strutture di diretta collaborazione". Nel mirino la spesa per segretariato generale e segreterie degli assessori, del presidente e del Consiglio regionale. Dubbi di incompatibilità sugli incarichi a uno dei due vicecapi gabinetto e alla responsabile di un ufficio di scopo
Quasi 53 milioni di euro in più rispetto alle indicazioni del ministero dell’Economia. Sono i soldi spesi dalla Regione Lazio per il personale delle strutture di diretta collaborazione dal 2008 al 2017. E il trend non accenna a diminuire visto che nel 2018 si supereranno i 7 milioni. Più del doppio del tetto annuale indicato dal Mef pari a 3,1 milioni di euro, cifra stabilita in relazione all’accordo tra sindacati e Regione Lazio del 2001.
“Nel quinquennio 2013-2017 la giunta ha sforato di oltre 20 milioni” – La Fedirets DirerLazio, sindacato dei dirigenti regionali, ha calcolato analizzando i capitoli di bilancio che, in base alla soglia di spesa massima indicata dal Mef, la precedente consiliatura Zingaretti nel quinquennio 2013-2017 ha sforato di oltre 20 milioni di euro. “Per questo motivo – spiega il segretario regionale del sindacato Roberta Bernardeschi – abbiamo presentato un esposto alla Corte dei Conti per eventuale danno erariale in relazione al principio di invarianza della spesa da applicare ai costi delle indennità del personale delle strutture di diretta collaborazione stabilito per legge. Parliamo dei costi sostenuti per il personale del segretariato generale, delle segreterie degli assessori, del presidente e del Consiglio regionale”.
Dalla Regione Lazio però fanno sapere che “incarichi, funzioni e trattamento economico da conferire ai responsabili delle strutture di diretta collaborazione sono conferiti secondo quanto disposto dal regolamento regionale del 2002 e dalla normativa vigente e che quindi i tetti di spesa previsti per legge non sono stati superati”, sottolineando quindi, implicitamente, che per regolare la spesa in questione bisogna seguire il regolamento regionale del 2002 e non le indicazioni del Mef comunicate alla Regione nel 2012, dopo che gli uffici di via XX Settembre avevano certificato che dal 2008 al 2011 c’era stato uno sforamento di quasi 29 milioni di euro. Dagli uffici di via Cristoforo Colombo inoltre non è dato sapere quale sia la cifra esatta da non superare per il personale delle strutture in questione.
“Durante il primo mandato di Zingaretti spesi 24 milioni oltre il tetto” – Il sindacato invece sottolinea che durante la prima Giunta Zingaretti il tetto di spesa indicato dal Mef è stato sforato complessivamente di oltre 24 milioni di euro. La Fedirets ha segnalato la vicenda alla magistratura contabile facendo anche uno ‘sconto’ alla Regione visto che nell’esposto “abbiamo indicato – spiega la Bernardeschi – come tetto massimo di spesa non 3,1 milioni di euro ma 3,8 perché abbiamo preso come riferimento quanto stanziato dalla Regione sul capitolo di bilancio regionale del 2002, per il pagamento del personale delle strutture di diretta collaborazione. Anche attenendoci a questa cifra più alta, rispetto alle indicazioni del Mef, lo sforamento della Giunta Zingaretti è evidente: più di 20 milioni in 5 anni. Nonostante ciò – prosegue la Bernardeschi – leggendo i capitoli di bilancio la spesa per le strutture di diretta collaborazione, anche nel 2018, supererà i 7 milioni di euro annui; più del doppio rispetto alla soglia massima indicata dal Mef.
Oltre un milione e mezzo all’anno per 13 persone – In questo contesto saltano agli occhi alcune questioni emblematiche a partire dall’introduzione, per la prima volta, di ben due vice capi gabinetto. “Dopo aver presentato un’interrogazione sulla modifica ‘monocratica’ del regolamento di organizzazione effettuata dal Presidente Zingaretti – spiega Valentina Corrado, consigliere regionale M5S – subito dopo la sua rielezione, con una delibera di Giunta prima ancora che la stessa venisse nominata, che ha comportato il cambiamento delle strutture non solo amministrative ma anche di diretta collaborazione, si è reso evidente il proliferare dei costi e il disegno politico dell’attribuzione degli incarichi, a partire dall’introduzione del secondo vicecapo gabinetto. Non è ben chiaro a cosa serva visto che, fino alla scorsa consiliatura, ce n’è sempre stato soltanto uno. L’unica cosa certa è che ora per tre persone la Regione Lazio spenderà ogni anno quasi mezzo milione di euro lordi: 260mila euro per i due vicecapo gabinetto e 187mila euro per il capo gabinetto”.
Proseguendo il viaggio nei meandri delle assunzioni legate alla consiliatura vigente spiccano altri incarichi interessanti. Le casse della Regione si alleggeriscono di 115mila euro lordi l’anno per ciascuna delle seguenti mansioni: il responsabile della struttura tecnica permanente per le funzioni di programmazione valutazione e controllo, l’ufficio stampa, il portavoce, il responsabile dei “Progetti Speciali”, il coordinamento delle politiche territoriali, la comunicazione istituzionale. Ammonta poi a 90mila euro lordi l’anno ciascuno il compenso per il responsabile del servizio documentazioni, dell’Agenda digitale e quello dei social media. Dulcis in fundo verranno spesi oltre 155mila euro lordi all’anno per il segretario generale (traghettato qualche mese fa, formalmente, dalle funzioni fiduciarie a quelle amministrative ndr) per un importo finale di oltre 1 milione e mezzo di euro annui per 13 incarichi. Nulla di strano per la Regione che “ha ritenuto necessario avvalersi di due vice capo di gabinetto – spiegano – per svolgere in modo ottimale le relative funzioni che nella nuova legislatura sono state ampliate in risposta alla riorganizzazione degli uffici di diretta collaborazione e all’ampliamento delle funzioni dell’ufficio di gabinetto. Tali modifiche sono avvenute rispettando il contingente numerico e i limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente”.
Sindacato: “Incarichi al limite dell’inconferibilità” – Tra gli incarichi per le strutture di diretta collaborazione ve ne sono due “quantomeno inopportuni – sottolinea la Bernardeschi – uno al limite dell’inconferibilità e un altro secondo noi inconferibile”. Un decreto legislativo del 2013 sottolinea che un incarico dirigenziale non si può assegnare “a coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della regione che conferisce l’incarico”. Nella Regione guidata da Zingaretti sia uno dei due vicecapi gabinetto, Mario Ciarla, sia la responsabile ufficio di scopo “Piccoli Comuni e Contratti di Fiume” nella segreteria del presidente, Cristiana Avenali, sono due ex consiglieri regionali, membri della maggioranza nella precedente consiliatura. Ciarla è stato vicepresidente del Consiglio regionale.
Tutto regolare per la Regione “perché – sottolineano – come chiarito in più occasioni anche dall’Anac, l’incarico di capo ufficio gabinetto e, quindi anche di vice è espressamente sottratto alla disciplina delle inconferibilità e delle incompatibilità”, giustificando quindi solo l’incarico del vicecapo gabinetto e non quello dato alla Avenali. E leggendo i vari pronunciamenti dell’Anac, anche per l’incarico di Ciarla la questione non appare così cristallina e incontrovertibile come descritta dalla Regione Lazio. Il vicecapo gabinetto in teoria è escluso dalla disciplina delle inconferibilità e delle incompatibilità, anche se, in una delibera del 2017 il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, sottolinea che nel giugno 2015 “ha segnalato al Governo e al Parlamento la necessità di rivedere la scelta di escludere dal campo di applicazione delle inconferibilità i Capi degli uffici di diretta collaborazione”. Questo perché “la mancata comprensione dei responsabili degli uffici di diretta collaborazione – si afferma nell’atto di segnalazione – non tiene conto del ruolo sostanzialmente decisivo di questi funzionari nei processi decisionali delle pubbliche amministrazioni. Essa, poi, costituisce un’evidente disparità di trattamento rispetto alle figure apicali nelle pubbliche amministrazioni”. Tale segnalazione al momento non ha ricevuto riscontri.
Per Cristiana Avenali invece la faccenda è più complicata visto che ha un incarico che, anche se riconducibile allo staff del presidente, “ha funzioni amministrative e gestionali – sottolinea la Fedirets – da ‘responsabile di un ufficio’, con retribuzione di posizione pari a quella di un dirigente. Come l’Anac ha già spiegato, in un parere del 2015, questi sono elementi che rientrano nel campo di applicazione dell’istituto dell’inconferibilità. Inoltre il provvedimento d’incarico è illegittimo in quanto non è quantificata la retribuzione e non c’è allegato il contratto nel quale dovrebbe essere specificato il Ccnl di riferimento, se della dirigenza o meno”. Questioni, soprattutto quest’ultima, che potrebbero essere materia di ulteriore approfondimento da parte dell’Anac.
Questioni che a via Cristoforo Colombo sono di norma verificate dal responsabile Anticorruzione della Regione che, al momento, è il segretario generale della Giunta regionale Andrea Tardiola “in conflitto di interesse – sottolinea la Bernardeschi – visto che tale incarico dovrebbe essere ricoperto da una figura indipendente senza ruoli apicali in Regione, invece in tal modo controllato e controllore coincidono”, come già raccontato dal fattoquotidiano.it. Quel ruolo fino a qualche mese fa era ricoperto da una figura indipendente, Pompeo Savarino, che però, dopo essersi rifiutato di firmare un provvedimento di nomina di un commissario di un ente vigilato dalla Regione Lazio perché aveva scoperto che il candidato aveva dichiarato il falso, è stato rimosso dall’incarico e sostituito dal segretario generale della Giunta regionale.