Roma di Alfonso Cuaron è il Leone d’Oro 2018. La giuria di Guillermo Del Toro ha emesso il suo verdetto. Il Leone passa di mano da un regista messicano – lo stesso Del Toro con The shape of water vinse nel 2017 – ad un altro messicano amico e sodale (Cuaron co-produsse Il labirinto del fauno). Venezia è cosa loro, insomma. La sublime gang dei messicani (Cuaron-Del Toro- Alejandro Gonzalez Inarritu), che ha conquistato Hollywood e una caterva di Oscar con i film portati in prima mondiale a Venezia negli ultimi otto anni, ora allunga ulteriormente le mani sul Lido. Il Leone d’Oro a Roma, inoltre, è il primo premio pesantissimo in un festival di cinema che viene assegnato ad un film prodotto da Netflix. Insomma, saranno contenti a Cannes. Festival avvisato mezzo salvato. Perché un’altra scoperta cannense, il greco Yorgos Lanthimos sale al secondo gradino del podio con il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria per il suo The Favourite. Commedia acidissima e con una punta di erotismo sulla guerra senza esclusione di colpi e crudeltà tra due dame di corte per diventare la preferita dalla regina Anna d’Inghilterra. Anche il Gran Premio per la miglior regia a Jacques Audiard per The Sisters Brothers è un altro involontario messaggio a Cannes. Audiard ha banchettato sulla Croisette per anni (Grand Prix per Il Profeta nel 2009 e Palma d’Oro nel 2015 per Dheepan) ed ora una delle sue opere “minori”, il seppur spassoso e catartico western The Sisters Brothers, finisce nel terzo gradino più alto del palmares veneziano.
Il Miglior attore per la giuria di Del Toro è William Dafoe che in At eternity’s gate di Julian Schnabel è Vincent Van Gogh. Il 63enne attore, tra gli altri, per i grandi film di Scorsese, Ferrara, Von Trier, dona al sempiterno viso del pittore olandese uno sguardo quasi di bimbo, tremante e addolorato, estasiato e infinito, che senza esagerare troppo in parole e dialoghi fa commuovere. Dafoe ha effettuato il suo red carpet mano nella mano con la moglie 43enne, la regista Giada Colagrande, sposata nel 2005. La Coppa Volpi per la miglior attrice viene assegnata senza troppe sorprese a Olivia Colman che in The Favourite ci regala una regina Anna straordinaria nella sua claudicante e bipolare malattia, vero orologio a ritmare il film e a sentenziare definitivamente su chi salirà al trono tra le due litiganti cortigiane (Emma Stone e Rachel Weisz). La Colman, 44 anni, inglese di Norwich, sarà Elisabetta II nella terza prossima stagione di The Crown.
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Alla giuria di Venezia 75 piace vincere facile nei premi minori. Perché l’Osella alla miglior sceneggiatura per i fratelli Joel ed Ethan Coen oltreché naturalmente meritata sembra tanto il riconoscimento da torneo estivo alla grande decaduta quando scudetto e coppa campioni finiscono in mano ai Cuaron, Lanthimos e compagnia. La ballata di Buster Scruggs è un film composto da sei racconti western che iniziano con un tono ghignante e finiscono con tonalità più cupe proprio come nel tipico e puro Coen touch. Infine, nel palmarès di Venezia 75, finisce anche un film non proprio memorabile ma dall’alto valore simbolico. The nightingale, diretto dall’unica regista donna in concorso, Jennifer Kent, è un revenge movie orientato sulla prospettiva femminile della protagonista Clare (Aisling Franciosi) che nel 1825 dopo che un tenente inglese l’ha stuprata e le ha ucciso marito e figlio neonato attraversa mezza Tasmania assieme ad una guida aborigena per una sanguinosa vendetta. La Kent – che durante la proiezione stampa ha ricevuto insulti sessisti che hanno fatto il giro del mondo – raccoglie il Premio Speciale della Giuria. Riconoscimento che sembra arrivare, appunto, più per il valore politico del film, in questa turbolenta epoca del #MeToo, più che per un chissà quale impellente valore artistico. The Nightingale non è un film malvagio, anzi formalmente parecchio coraggioso, ma tra i ventuno titoli in gara non è di certo quello più eclatante e memorabile. A confermare che la giuria ha voluto sottolineare il contenuto forte pro minoranze politiche, il Premio Mastroianni al miglior attore/attrice emergente è andato a Baykali Ganambarr, l’attore aborigeno alla sua prima interpretazione cinematografica in The Nightingale.
A bocca asciutta rimangono infine i tre italiani: Suspiria di Luca Guadagnino, Capri-Revolution di Mario Martone e Che fare quando il mondo è in fiamme? di Roberto Minervini. Senza uno straccio di riconoscimento anche un’opera monumentale come Nuestro tiempo, del messicano Carlos Reygadas. Del resto il verdetto della giuria targata Del Toro, alla fine, ha tagliato fuori dall’elenco dei premi, come avevamo temuto, tutto quel cinema più stilisticamente radicale e azzardato, alla Laszlo Nemes con Tramonto per intenderci. Scelta che lascerà un po’ di delusione tra i cinefili più duri e puri che solo due anni fa al posto di Roma di Cuaron vedevano assegnato il Leone d’Oro ai 224 minuti in bianco e nero di The woman who left del filippino Lav Diaz.
Tutti i premi di Venezia 2018
Leone d’Oro – Roma di Alfonso Cuaron
Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria: The Favourite di Yorgos Lanthimos
Leone d’Argento – Premio per la migliore regia: Jacques Audiard per The Sisters Brothers
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: William Dafoe per At eternity’s gate
Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Olivia Colman per The favourite
Premio per la migliore sceneggiatura: Joel ed Ethan Coen per La ballata di Buster Scruggs
Premio Speciale della Giuria: The nightingale di Jennifer Kent
Premio Marcello Mastroianni (giovane attore o attrice emergente): Baykali Ganambarr di The Nightingale
Miglior opera prima (scelta tra tutte le sezioni del Festival): The day I lost my shadow di Soudade Kaadan (Siria)
Sezione Orizzonti – Miglior Film: Manta Ray di Phuttiphong Aroonpheng (Thailandia)
Giornate degli autori: C’est ça l’amour di Claire Burger
Settimana Internazionale della Critica – premio del pubblico: Lissa ammetsajjel (still recording) di Saeed Al Batal e Ghiath Ayoub (Siria)