Fonti pentastellate citate dall'Ansa: "Stiamo lavorando affinché non ci siano più testate che abbiano conflitti di interesse o con società che hanno interessi diversi da quelli editoriali". Duro l'attacco della Federazione Nazionale della Stampa che dà al leader M5S del "federaletto di provincia". O, in altre parole, del fascistello
AAA cercasi editori puri. Il governo è al lavoro per trovare una formula legislativa ad hoc per l’editoria “pura”. Lo ha annunciato il vicepremier Luigi Di Maio, in un post sul blog del M5S, parlando di una legge per “garantire gli editori puri”. E, secondo fonti del governo citate dall’Ansa, dietro il post del ministro dello Sviluppo economico, ci sarebbe un lavoro concreto che, in questi giorni, l’esecutivo ha messo in campo e che potrebbe vedere la luce nel breve periodo sebbene tale misura non sia prevista nel contratto di governo. “Stiamo lavorando per trovare una formula affinché i giornali abbiano sempre più editori puri e che non non ci siano più giornali che abbiano conflitti di interesse o con società che hanno interessi diversi da quelli editoriali”, spiegano le medesime fonti.
Di fatto l’idea sarebbe quella di ridurre al minimo gli editori “impuri” e quindi il rischio di quello che, per il M5S, è un conflitto di interesse: “L’operazione di discredito verso questo governo continua senza sosta. Gli editori dei giornali hanno le mani in pasta ovunque nelle concessioni di Stato: autostrade, telecomunicazioni, energia, acqua. E l’ordine che è arrivato dai prenditori editori è di attaccare con ogni tipo di falsità e illazioni il M5s”, ha scritto Di Maio su Facebook. “Questo non è più giornalismo libero. Bisogna fare una legge per garantire che gli editori siano puri e i giornalisti liberi di fare inchieste su tutte le magagne dei prenditori”, ha aggiunto.
Il post è arrivato all’indomani del messaggio lanciato dalla Fiera del Levante, che lunedì mattina ha a sua volta causato una levata di scudi del sindacato dei giornalisti. “Credo che le società partecipate dello Stato dovrebbero smetterla di fare tutta questa pubblicità sui giornali perché molto spesso non si sa se comprano quelle inserzioni per fare pubblicità al brand o per fare un favore ai giornali”, aveva detto Di Maio domenica. “Questo è uno dei tanti temi che dovremo affrontare nei prossimi mesi – aveva aggiunto – rinnovando le governance di tante società partecipate che a volte, ho come il sospetto, stanno tenendo in vita molti gruppi editoriali che senza quelle pubblicità non riuscirebbero a resistere. Il governo rivendica il diritto di poter gestire le partecipate in maniera etica e tutelando i soldi delle tasse dei cittadini”.
“L’ennesimo editto del vicepremier Luigi Di Maio contro i giornali conferma l’avversione del governo e delle forze politiche che lo sostengono ai principi della democrazia rappresentativa, di cui la libertà di espressione e il pluralismo dell’informazione sono pilastri essenziali”, è stata la replica della Federazione Nazionale della Stampa italiana (Fnsi). “Annunciare il divieto per le aziende statali di fare inserzioni pubblicitarie sui giornali non è soltanto una minaccia a quelle testate che si sforzano di informare i cittadini e di alimentare dibattiti e la circolazione delle idee, ma fornisce l’esatta rappresentazione dell’idea che il vicepremier e i suoi sodali hanno della democrazia”, prosegue la nota. “Si illude, Di Maio se, attraverso la minaccia di togliere ai giornali fonti di sostentamento, pensa di introdurre in Italia un modello di informazione guidato da un pensiero unico, magari veicolato dalla rete i cui utenti non sono assimilabili al pubblico che attraverso la lettura dei giornali cerca spunti di riflessione e non di sfogare i propri istinti o di alimentare il rancore – è la conclusione -. Nella carta stampata, come nell’emittenza pubblica e privata e in tutti i settori dell’informazione italiana, esistono ancora giornalisti con la schiena dritta pronti a fare il loro lavoro nell’interesse dei cittadini ad essere informati e della crescita civile del Paese. Non saranno certo gli editti di qualche federaletto (fascistello, ndr) di provincia ad impedire ai giornalisti italiani di compiere ogni giorno il loro dovere”.