“Abbiamo aumentato i nostri seggi in Parlamento e faremo in modo di aver un enorme peso su ciò che accadrà in Svezia nelle prossime settimane, mesi ed anni”. Jimmie Akesson non riesce a stare fermo sul palco, mentre parla ai suoi sostenitori in festa. Al termine di una tornata elettorale che ha tenuto l’Europa con il fiato sospeso, caratterizzata da aggressioni ai seggi da parte di militanti neonazisti contro giornalisti ed elettori, con il 17,7% dei voti i Democratici Svedesi non hanno sfondato: sono terzi, dietro socialdemocratici e centrodestra. Ma sono cresciuti e ora tutti dovranno parlare con loro.
È questo il quadro che emerge dalle elezioni legislative. I socialdemocratici del premier Stefan Löfven restano il primo partito al 28,3%, anche se ai minimi storici e in calo di 2,6 punti rispetto alla tornata del 2014, punito dal peso della politica migratoria del Paese che ha accolto circa 160mila richiedenti asilo nel 2015, un numero abnorme per un Paese che conta 10 milioni di abitanti. Il primo ministro ha respinto le richieste di dimissioni avanzate dall’opposizione: “Una cosa è certa, nessuno ha una maggioranza”, ha detto Lovfen, aprendo al centrodestra. “Sta ora ai partiti politici cooperare responsabilmente e creare un governo forte”, perché “un partito con radici naziste non potrà mai offrire nulla di responsabile”, ha detto il leader dei socialdemocratici, che vuole guidare il paese fino alla formazione di un nuovo governo.
“È tempo che gli altri partiti si prendano le proprie responsabilità e inizino a parlare con noi”, ha dichiarato Mattias Karlsson, capogruppo dei Democratici Svedesi in Parlamento, che alle legislative del 2014 si era fermato al 12,9%. Finora nessun partito si è detto disposto a collaborare con l’estrema destra. Nessuna delle due parti, né il blocco rosso con gli alleati Verdi e Sinistra, né l’opposizione “borghese”, riescono ad ottenere oltre il 50% dei 349 seggi in gioco per il Riksdag, il Parlamento svedese, e si renderanno necessarie lunghe trattative per arrivare a una maggioranza.
Le due coalizioni sono praticamente appaiate: il blocco di centrosinistra tocca il 40,6% e l’Alleanza di centrodestra è al 40,3% Risultati deludenti anche per i conservatori che perdono tre punti percentuali in quattro anni e non vanno oltre il 19,7%. Guadagnano, invece, consensi gli ex comunisti di Sinistra che raggiungono il 7,9%, con un +2,2% rispetto al voto del 2014. Avanzano anche i centristi, i cristiano-democratici e, anche se di pochissimo, i liberali. Tradotto in seggi, la coalizione di sinistra, che riunisce il Partito socialdemocratico al governo, il Partito dei Verdi e della Sinistra, avrebbe 144 dei 349 seggi in Parlamento, due in più rispetto alla coalizione di opposizione di centro-destra.
Mentre Löfven aveva presentato queste elezioni legislative come un “referendum per lo stato sociale“, l’estrema destra lo ha reso un plebiscito contro la politica migratoria del governo. La Svezia, che ha il 18,5% di abitanti nati all’estero, ha registrato 400mila richieste di asilo dal 2012, un flusso che ha fortemente saturato i suoi centri di accoglienza per i rifugiati, servizi sociali e alloggi. Nel settembre 2015 Löfven aveva giustificato l’apertura nel nome di “un’Europa che non costruisce muri”. Due mesi dopo, aveva annunciato un giro di vite e il ripristino dei controlli alle frontiere.
Le limitazioni non hanno evidentemente saputo arginare un sentimento diffuso di crescente esasperazione. Sfruttato politicamente dai Democratici Svedesi, che hanno denunciato in maniera martellante – con toni spesso violenti – i problemi dell’integrazione, tra segregazione residenziale e gang criminali. Il futuro governo dovrà in ogni caso metter mano alle riforme che il Paese si aspetta: dalla modernizzazione del sistema sanitario nazionale alle politiche sulla casa. Fino alle scottanti politiche migratorie. Un Paese reso inquieto proprio da quest’ultimo tema, nonostante una crescita economica stabile e un tasso di disoccupazione sotto al 6%.