L’ex ad di Eni, ora presidente del Milan, Paolo Scaroni “sapeva bene” che Farid Bedjaoui, il presunto collettore delle ‘stecche’ nella vicenda dell’ipotizzata maxitangente versata da Saipem a pubblici ufficiali algerini in cambio di appalti, “non era un semplice segretario del ministro” algerino dell’Energia. E come “vertice aziendale di Eni” sapeva che “Saipem stava crescendo in maniera esponenziale e quasi miracolosamente in Algeria”, anche grazie ai “costi di intermediazione” che aumentavano, ossia le presunte mazzette. Questo il cuore delle repliche del Milano Isidoro Palma nel processo milanese che vede imputata, tra gli altri, anche la stessa Eni. I giudici dovranno decidere sulla corruzione internazionale, contestata dalla Procura di Milano, per i circa 198 milioni di dollari che sarebbero stati versati in cambio di 7 appalti petroliferi del valore di 8 miliardi. Per Scaroni, in particolare, i pm nelle scorse udienze hanno chiesto una condanna a 6 anni e 4 mesi. Il pm Palma, ricostruendo alcuni aspetti della vicenda, ha parlato di “una massa di denaro” e di un “gruppo criminale organizzato”. La sentenza è prevista per il prossimo 19 settembre.

Al centro del processo due episodi di sospette tangenti versate all’allora ministro del Paese africano Chakib Khelil e al suo entourage: la maxi tangente per ottenere appalti petroliferi e 41 milioni per avere il via libera da Khelil per l’acquisto della First Calgary Petroleum che, in joint-venture con la società statale Sonatrach, deteneva un giacimento di gas a Menzel, in Algeria. Palma nelle repliche ha evidenziato che “la controllante Eni aveva un potere di scelta sui manager apicali della controllata Saipem, il direttore finanziario di Saipem riferiva a Eni e Scaroni e Eni controllava anche i costi di intermediazione”. E quindi, ha aggiunto, il ‘Cane a sei zampe’ “sapeva che da 36 milioni nel 2006 Saipem era passata a 155 milioni nel 2008 di costi di intermediazione”. E ancora il pm: “Se vedi questo aumento di costi ti fai qualche domanda o dobbiamo immaginare che fossero amministratori di straordinaria incompetenza? Lo stesso Scaroni quando parla con l’ex ministro Passera (in una telefonata intercettata, ndr) ricorda tutte le sue esperienze professionali e dice, in sostanza, ‘a me non possono darla a ber'”.

Scaroni ha sempre professato la sua innocenza, ma per il pm “sapeva bene che Tali (ex ad Saipem) aveva ottenuto la vicinanza di Bedjaoui e che poteva contare sulla forza di Tali che era vicino al ministro algerino grazie proprio a Bedjaoui”. E “sapeva bene” che incontrare Bedjaoui “non significava scambiarsi due convenevoli”. Nelle scorse udienze la Procura ha chiesto anche la condanna di Eni e Saipem a una sanzione pecuniaria, 8 anni per Bedjaoui, 7 anni e 4 mesi per l’ex direttore operativo di Saipem Pietro Varone (che era stato arrestato nell’estate del 2013), 6 anni per l’ex direttore finanziario di Saipem e poi di Eni Alessandro Bernini, 6 anni e 4 mesi per l’ex presidente e ex ad di Saipem Pietro Tali, 4 anni e 10 mesi per Samyr Ouraied, uomo di fiducia di Bedjaoui, e 6 anni per Omar Habourm, il solo accusato di riciclaggio delle presunte mazzette. La difesa di Scaroni ha chiesto l’assoluzione sostenendo che “le prove travolgono l’accusa”.

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