Il ministro dell'Economia: "Bisogna trovare gli spazi per farlo in modo molto graduale". Allo studio una revisione più ampia rispetto all'ipotesi di tagliare solo l'aliquota più bassa. L'approdo alla flat tax invece è "un processo complesso e richiede tempo". Su Cassa depositi e prestiti: "Soggetto partecipato dal Mef ma privato, non deve intervenire in imprese decotte"
“Bisogna trovare gli spazi in modo molto graduale per una partenza di un primo accorpamento e una prima riduzione delle aliquote sui redditi familiari. Sono molto favorevole“. Parola del ministro dell’Economia Giovanni Tria, secondo cui nella legge di Bilancio da presentare entro metà ottobre – al netto di diverse “scelte politiche” – potrebbe entrare una revisione delle aliquote Irpef più ampia rispetto all‘ipotesi, circolata nei giorni scorsi, di ritoccare solo la più bassa tagliandola dal 23 al 22%.
Il ministro ha chiarito che il taglio delle aliquote Irpef è per lui fattibile, ovviamente dopo aver considerato “le compatibilità di bilancio”, ma “poi sono scelte politiche“. La premessa è che “oggi c’è una complessità di aliquote, aliquote alte, e una massa di tax expenditures. Non si capisce mai chi vince e chi perde”, ha ricordato il titolare di via XX Settembre, che durante il fine settimana dal Forum Ambrosetti aveva rassicurato gli investitori sul fatto che la manovra rispetterà tutti i vincoli previsti dai trattati europei e procederà sulla strada della riduzione del rapporto debito/pil. “Il gap di crescita tra Italia e Ue non si chiude con una politica di deficit spending”, ha confermato martedì. “Si può costruire una strategia economica coerente anche se partita da una campagna elettorale non del tutto coerente“. La prova del nove arriverà al momento della presentazione della Nota di aggiornamento al Def, prevista per il 27 settembre. Il Def di aprile fissava il debito 2018 al 130,8% del Pil in calo dal 131,8% del 2017.
L’approdo alla flat tax prevista dal contratto di governo, stando alle parole di Tria, è invece “un processo complesso e richiede tempo”, perché “va finanziata con le tax expenditures (detrazioni e deduzioni, ndr)”. La Lega come è noto punta a partire almeno con l‘ampliamento del regime dei minimi, applicando l’aliquota piatta del 15% fino a 65mila euro e del 20% sui redditi aggiuntivi fino a 100mila euro. Proprio martedì al Viminale c’è stata una nuova riunione dei vertici del Carroccio sulla prossima manovra, a cui ha partecipato anche Matteo Salvini.
Sul reddito di cittadinanza il ministro si è limitato a dire che “il problema è come lo si disegna” e bisogna “valutare qual è il costo addizionale”. “Si tratta di disegnarlo in modo che abbia effetti positivi. Il reddito di cittadinanza aiuta la crescita se è disegnato bene, bisogna strutturarlo in modo da non creare disincentivi”.
Quanto al ruolo della Cassa depositi e prestiti, indicata in molte occasioni come àncora di salvezza per le imprese in difficoltà compresa Alitalia, Tria ricorda che “è un soggetto partecipato dal Mef ma privato, la sua azione deve essere correlata al calcolo economico. Altrimenti rientrerebbe nella amministrazione pubblica e ci sarebbe un salto nel rapporto debito/pil che non voglio neppure pensarci. Bisogna stare attenti a come si usa questo strumento potentissimo. È in un certo senso il nostro fondo sovrano ma staccato dalla pubblica amministrazione”, ha concluso. “Non so se debba diventare una nuova Iri, ma non deve essere una nuova Gepi, con interventi in imprese più o meno decotte“.