La procura generale ha chiesto di riconoscere il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, accusa caduta nella sentenza di primo grado di luglio 2017, con cui i giudici riconobbero l'esistenza di due associazioni a delinquere 'semplici' ai cui vertici c'erano Carminati e Buzzi
Sono in camera di consiglio i giudici della III corte d’appello presieduta da Claudio Tortora, chiamati a decidere la sentenza di secondo grado del processo al Mondo di Mezzo, in corso nell’aula bunker di Rebibbia, che vede sul banco degli imputati 43 persone tra cui l’ex terrorista, Massimo Carminati e il ras delle coop romane, Salvatore Buzzi, collegati in videoconferenza dai penitenziari di Opera e di Tolmezzo.
La sentenza è attesa intorno alle ore 13. La procura generale ha chiesto di riconoscere il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, accusa caduta nella sentenza di primo grado di luglio 2017, con cui i giudici riconobbero l’esistenza di due associazioni a delinquere ‘semplicì ai cui vertici c’erano Carminati e Buzzi. Il pg ha chiesto una condanna a 26 anni e mezzo per l’ex Nar e 25 anni e 9 mesi per Buzzi, condannati in primo grado rispettivamente a 20 e a 19 anni. In totale sono state chieste condanne per circa 430 anni.
“Massimo Carminati è un boss, così lo chiamano i criminali nelle intercettazioni, riconoscendolo come capo, obbediscono a lui perché riconoscono il suo potere criminale” ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini nella sua requisitoria dello scorso 29 marzo.
“Non si tratta di stabilire se a Roma c’è la mafia ma se questa organizzazione criminale rientra nel 416bis, se ha operato con il metodo mafioso – ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini – che si riconosce dall’uso della violenza e intimidazione, dall’acquisizione di attività economiche e dall’infiltrazione nella pubblica amministrazione”.