1. Dalla carta alla pellicola
Occhi enormi, ovali e lattiginosi. Fasce muscolari trattenute appena da una strana sostanza simile al catrame. Artigli affilati al posto delle dita. Denti aguzzi, sorriso feroce e lingua serpentina. Un enorme ragno bianco stilizzato sul petto. Un po’ orca un po’ alien, Venom fece il suo esordio in edicola nel marzo 1988, infestando l’albo n. 298 della serie Amazing Spider-man di Marvel Comics e agguantando i lettori con la sua etica perversa e conflittuale, tortura e virtù di un’anima divisa a metà. Già, perché la creatura nata dalla penna di David Michelinie e dalla tavolozza di Todd McFarlene altro non è che la fusione di due spiriti e corpi distinti: il simbionte, parassita alieno dalle straordinarie capacità rigenerative, e – almeno nella sua più iconica “affiliazione” – Eddie Brock, reporter caduto in disgrazia e agitato da un profondo odio per l’Uomo Ragno. Più che un intero lustro di “ospitate” fra le tavole dedicate a Peter Parker & Co, tuttavia, fondamentale per lo sviluppo del personaggio è stata la miniserie autonoma Lethal Protector del 1993, dove Venom non solo ricopriva un ruolo da copertina, ma abbandonava anche la semplice maschera dell’antagonista per appuntarsi invece al petto la più adulta etichetta di anti-eroe. Proprio dagli eventi narrati in questi albi prenderà avvio la trama del film in uscita il 4 ottobre che, tuttavia, ha dei precedenti in sala. Anzi, uno solo.
Pur vantando una presenza ormai trentennale fra le pagine dei fumetti della casa editrice di New York, infatti, Venom era stato sinora cullato dalle muse del cinema in un’unica occasione: nel 2007 con Spider-Man 3, ultimo capitolo della trilogia diretta da Sam Raimi. Incentrata attorno ai tormenti di un Peter Parker (Tobey Maguire) incapace di vivere il proprio amore per Mary Jane (Kirsten Dunst) e perseguitato dai rimorsi per la scomparsa dello zio Ben – oltre che dalle rivelazioni attorno alla vera identità di Goblin (James Franco alias Harry Osborn, il suo miglior amico) -, la pellicola non ha saputo però soddisfare né le aspettative dei fan né i palati dei critici. Troppa carne al fuoco, temi sovrapposti e un’overdose di villain appena abbozzati, infatti, lasciarono naufragare il film in un piatto sbadiglio. In tutta onestà, dell’apparizione di Venom resta poco più di un vago ricordo di cui si salva solo la “sequenza campanaria” in cui Parker si libera con astuzia del simbionte (che troverà appunto rifugio nel corpo di Brock), mentre spetta alla lirica metamorfosi di Sandman – quella sì, gran pezzo di cinema – l’onere di giustificare i 137 minuti della pellicola.