Il presunto “sequestro di persona” contestato dalla Procura di Catania al ministro dell’Interno e il blitz della Digos di venerdì scorso hanno spinto l'associazione a muoversi anche sul fronte legale. Ma il ministro dell'Interno ribatte: "La pacchia è finita!"
“Quarantadue migranti sbarcati dalla nave Diciotti il 26 agosto scorso hanno dato le procure ai nostri avvocati per costituirsi parte civile contro il ministro Salvini”. Sono 75.000 i migranti in transito che negli ultimi tre anni Baobab Experience ha accolto nel presidio mobile di Roma Tiburtina, rifocillato e aiutato a proseguire il percorso che, dall’Africa Subsahariana, spinge queste persone in nord Europa, spesso nel tentativo di ricongiungersi a familiari, amici o semplicemente aggregarsi in comunità pre-esistenti. Un’attività di supporto in buona parte indirizzata agli eritrei, che scappano dalla feroce dittatura di Isaias Afewerki, che in alcuni casi si concretizza con il trasferimento di queste persone nei campi d’accoglienza vicini ai confini italiani, fra cui Brennero, Como e Ventimiglia.
E proprio nei pressi della frontiera francese erano diretti i 48 migranti – fra cui 34 sbarcati in Italia il 26 agosto a bordo della nave Diciotti – “controllati” dalla polizia mentre erano a bordo di un pullman noleggiato proprio dal Baobab. “Non c’è alcuna indagine – ha spiegato il coordinatore dei volontari, Andrea Costa, durante una conferenza stampa organizzata presso la sede della Stampa Estera a Roma – perché non c’è alcun reato. Li stavamo accompagnando al campo della Croce Rossa di Ventimiglia perché, da persone libere, ce l’hanno chiesto loro”. Vogliono fare di tutto per andare via dall’Italia perché hanno paura di essere riportati in Libia”, ha aggiunto Giovanna Cavallo, responsabile dell’area legale e rapporti con la Questura.
Il blitz di Roma e l’azione contro Salvini
Il presunto “sequestro di persona” contestato dalla Procura di Catania al ministro dell’Interno e il blitz della Digos di venerdì scorso hanno spinto Baobab a muoversi anche sul fronte legale. “Siamo pronti a costituirci parte civile nell’eventuale processo penale che dovesse veder imputato il ministro Salvini per i fatti di Catania – annuncia Giovanna Cavallo – e allo stesso tempo, sul fronte civilistico, stiamo valutando una procedura di risarcimento danni per un’operazione condotta senza parere del giudice. Questo, ovviamente, per procura di 42 dei migranti costretti a rimanere per giorni a bordo della nave Diciotti”. La risposta del ministro dell’Interno non si fa attendere: “Quarantadue presunti profughi pronti a denunciarmi. Per me sono altre 42 medaglie! La pacchia è finita!”, ha commentato.
Per quanto riguarda il blitz di Roma, l’associazione conferma la versione di alcune sigle sindacali della Polizia di Stato circa la “inutilità” dell’operazione che ha portato 16 migranti eritrei, la scorsa settimana, a essere nuovamente identificati presso la Divisione Stranieri della Questura di Roma, operazione di fatto già avvenuta a bordo della nave Diciotti nella lunga attesa di Catania. “Gli hanno dato un foglio, scritto in italiano – spiega Cavallo – in cui c’era scritto di ripresentarsi in Questura dopo alcuni giorni per formalizzare la richiesta d’asilo”.
L’esercito dei “Dublinati”
Il grande problema per queste persone resta l’uscita dai confini nazionali, che sembra quasi più complicata dell’ingresso. “Il Regolamento di Dublino – spiega Costa – vieta a queste persone di chiedere asilo in un paese diverso da quello di primo approdo. E quando questi riescono a passare il confine, ormai quasi sempre illegalmente, vengono puntualmente spediti indietro. L’Italia è arrivata al punto di avere due flussi migratori: uno dal Mediterraneo e l’altro dal nord Europa”. “Nel 2017 – continua Cavallo – in Italia abbiamo raggiunto il 900% di persone “dublinate”. Nel nostro presidio di Roma ce ne sono attualmente 115, fra cui 30 sudanesi e un siriano di 70 anni cacciato dall’Austria nonostante la presenza della figlia”. E ancora: “Ci domandiamo – prosegue Costa – come vadano d’accordo su questo punto Matteo Salvini e Viktor Orbán, visto che il primo ministro ungherese è contrario alla modifica del Regolamento di Dublino, firmato da un ex ministro leghista, Roberto Maroni”. Il coordinatore spiega anche che “stiamo lavorando, allegando rassegne stampa e comunicati, affinché queste persone non vengano riportate in Italia, considerato che il nostro Paese da diverso tempo non è più un posto sicuro, alla stregua della Grecia degli anni scorsi”