La mail ti viene mandata in un torrido giorno di luglio, tu stai in partenza per le vacanze, non la guardi bene e fai male. Perché quando verso fine agosto ti rendi conto di cosa c’è scritto, capisci di avere un problema. Quello che ti viene comunicato, infatti, è che tu figlio di tre anni la scuola “vera”, cioè fino alle quattro di pomeriggio, comincerà il primo ottobre. Prima ci sono tre settimane in cui il bambino ci andrà pochissimo. Il primo giorno, solo per vedere la classe, il secondo e il terzo, un’oretta e mezzo insieme ai genitori, poi due giorni a casa per ricominciare la settimana dopo, sempre per un paio d’ore, e quella dopo ancora un po’ più a lungo, giusto fino al pranzo. Lo schema può variare a seconda delle scuole, ma con la stessa identica impronta: per le prime settimane, non primi giorni, il bambino a scuola ci sta pochissimo. Motivo? Deve abituarsi al ritmo della scuola, la classe va formata lentamente, il gruppo ha bisogno di tempo e così via.
Le motivazioni sono nobili. Fare le cose con calma senz’altro porta frutti buoni. Ma ci sono alcuni problemi che le scuole sembrano non prendere in considerazione, tanto anche se protesti la risposta è comunque la stessa: si fa così e basta. Prendiamo una madre lavoratrice (o un padre). È reduce, probabilmente, da due o tre settimane di vacanza (mentre i suoi figli in vacanza ci stanno, tra l’altro, dai primi di giugno). Per gestire un bambino dalle undici di mattina fino al pomeriggio, quando magari ha una nonna o una baby sitter che lo aiuta, dovrà prendersi necessariamente altre ferie.
Tra l’altro, spesso, c’è un altro figlio che va a scuola e che bisogna andare a prendere molto più tardi, quindi questo comporta che si farà la spola tra casa e scuola diverse volte, e non sempre la scuola è vicina. Ma appunto, se la madre lavora? Cosa dirà al suo datore di lavoro? Mi servono tre settimane per l’inserimento? Molto spesso non potrà, e allora – come ho modo di constatare – chiederà aiuto disperatamente a nonni o anche parenti di qualunque grado, zie e zii, per andare al posto suo, perché la tata non si può mandare, pare brutto, e comunque pagare per tre settimane otto ore di baby sitter al giorno non è da tutti. A questo punto, però, l’obiettivo dell’inserimento, cioè una compresenza di genitore figlio che aiuti il figlio al distacco dal genitore verso la scuola, è in parte fallito, perché, appunto, magari al posto della madre c’è qualcun altro. Madre che tra l’altro è comunque lacerata da sensi di colpa, perché ovviamente vorrebbe stare insieme a suo figlio ma oggettivamente non può.
Ma veniamo ai bambini. È davvero necessario un inserimento così lungo? Anzitutto, i bambini non sono tutti uguali. Moltissimi ormai vengono da due ma anche tre anni di asilo nido, dove sono stati abituati a stare a scuola anche fino alle cinque e oltre. La scuola è il loro habitat naturale, non sono bambini che entrano alla scuola materna, anzi dell’infanzia, per la prima volta. Pianificare un inserimento di questo tipo significa immaginarli fragili, incapaci di elaborare il distacco dalla madre, come se non l’avessero mai fatto, pronti a piangere per ogni minimo allontanamento. Per la mia esperienza non è così. In questi giorni, anzi, sperimento il contrario, ossia un bambino piccolo che quando dopo un’ora che sta giocando deve forzatamente andare via protesta perché vuole stare a scuola fino a quando ci sta il fratello grande e non vuole giustamente uscire senza. Non solo. Quando la sera gli dico che l’indomani non ci sarà scuola perché le maestre hanno previsto quattro giorni di riposo dopo due giorni di inserimento di un paio d’ore si mette a piangere disperato, dicendo che vuole andare a scuola. Perché la scuola è bella, divertente, gli piace.
E allora. Io credo che potersi prendere un periodo lungo, in cui stare per tre settimane vicino a un bambino, spesso unico, portarlo a scuola un’ora o due, riportarlo a casa e giocarci tutto il giorno, con calma e tranquillità, sia senz’altro qualcosa di buono e prezioso. Ma concretamente questo ritmo lentissimo si scontra con un mondo organizzato del tutto diversamente. Voi direte, ma è quel mondo che è sbagliato. È possibile. Ma se i genitori lavorano, come sempre più spesso accade, l’inserimento “super slow” si tradurrà solo in accompagnamenti ansiosi, ricerca affannata di parenti che possano sostituirti, e dispiacere per non stare lì.
Dispiacere che sarebbe assai minore se il bambino ci rimanesse fino alle quattro. Bambino che, a sua volta, potrebbe non essere così traumatizzato dal cominciare un orario pieno non dico il primo giorno, ma magari dopo una settimana. Non voglio fare l’esaltazione della scuola come parcheggio, ci mancherebbe. Solo osservando e vivendo questa modalità ormai diffusissima, in scuole pubbliche come private, mi sorgono parecchi dubbi di metodo e concreti. Forse la scuola dovrebbe venire un po’ più incontro a noi genitori. Non siamo in Svezia, non siamo in un Eden di pace e tranquillità ma in un Paese dal lavoro difficile e dove le madri, e in genitori, sono equilibriste al quadrato. Forse sarebbe una buona cosa tenerne conto.
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Elisabetta Ambrosi
Giornalista e scrittrice
Scuola - 14 Settembre 2018
Inserimento asilo nido e scuola materna, un incubo per genitori e bambini
La mail ti viene mandata in un torrido giorno di luglio, tu stai in partenza per le vacanze, non la guardi bene e fai male. Perché quando verso fine agosto ti rendi conto di cosa c’è scritto, capisci di avere un problema. Quello che ti viene comunicato, infatti, è che tu figlio di tre anni la scuola “vera”, cioè fino alle quattro di pomeriggio, comincerà il primo ottobre. Prima ci sono tre settimane in cui il bambino ci andrà pochissimo. Il primo giorno, solo per vedere la classe, il secondo e il terzo, un’oretta e mezzo insieme ai genitori, poi due giorni a casa per ricominciare la settimana dopo, sempre per un paio d’ore, e quella dopo ancora un po’ più a lungo, giusto fino al pranzo. Lo schema può variare a seconda delle scuole, ma con la stessa identica impronta: per le prime settimane, non primi giorni, il bambino a scuola ci sta pochissimo. Motivo? Deve abituarsi al ritmo della scuola, la classe va formata lentamente, il gruppo ha bisogno di tempo e così via.
Le motivazioni sono nobili. Fare le cose con calma senz’altro porta frutti buoni. Ma ci sono alcuni problemi che le scuole sembrano non prendere in considerazione, tanto anche se protesti la risposta è comunque la stessa: si fa così e basta. Prendiamo una madre lavoratrice (o un padre). È reduce, probabilmente, da due o tre settimane di vacanza (mentre i suoi figli in vacanza ci stanno, tra l’altro, dai primi di giugno). Per gestire un bambino dalle undici di mattina fino al pomeriggio, quando magari ha una nonna o una baby sitter che lo aiuta, dovrà prendersi necessariamente altre ferie.
Tra l’altro, spesso, c’è un altro figlio che va a scuola e che bisogna andare a prendere molto più tardi, quindi questo comporta che si farà la spola tra casa e scuola diverse volte, e non sempre la scuola è vicina. Ma appunto, se la madre lavora? Cosa dirà al suo datore di lavoro? Mi servono tre settimane per l’inserimento? Molto spesso non potrà, e allora – come ho modo di constatare – chiederà aiuto disperatamente a nonni o anche parenti di qualunque grado, zie e zii, per andare al posto suo, perché la tata non si può mandare, pare brutto, e comunque pagare per tre settimane otto ore di baby sitter al giorno non è da tutti. A questo punto, però, l’obiettivo dell’inserimento, cioè una compresenza di genitore figlio che aiuti il figlio al distacco dal genitore verso la scuola, è in parte fallito, perché, appunto, magari al posto della madre c’è qualcun altro. Madre che tra l’altro è comunque lacerata da sensi di colpa, perché ovviamente vorrebbe stare insieme a suo figlio ma oggettivamente non può.
Ma veniamo ai bambini. È davvero necessario un inserimento così lungo? Anzitutto, i bambini non sono tutti uguali. Moltissimi ormai vengono da due ma anche tre anni di asilo nido, dove sono stati abituati a stare a scuola anche fino alle cinque e oltre. La scuola è il loro habitat naturale, non sono bambini che entrano alla scuola materna, anzi dell’infanzia, per la prima volta. Pianificare un inserimento di questo tipo significa immaginarli fragili, incapaci di elaborare il distacco dalla madre, come se non l’avessero mai fatto, pronti a piangere per ogni minimo allontanamento. Per la mia esperienza non è così. In questi giorni, anzi, sperimento il contrario, ossia un bambino piccolo che quando dopo un’ora che sta giocando deve forzatamente andare via protesta perché vuole stare a scuola fino a quando ci sta il fratello grande e non vuole giustamente uscire senza. Non solo. Quando la sera gli dico che l’indomani non ci sarà scuola perché le maestre hanno previsto quattro giorni di riposo dopo due giorni di inserimento di un paio d’ore si mette a piangere disperato, dicendo che vuole andare a scuola. Perché la scuola è bella, divertente, gli piace.
E allora. Io credo che potersi prendere un periodo lungo, in cui stare per tre settimane vicino a un bambino, spesso unico, portarlo a scuola un’ora o due, riportarlo a casa e giocarci tutto il giorno, con calma e tranquillità, sia senz’altro qualcosa di buono e prezioso. Ma concretamente questo ritmo lentissimo si scontra con un mondo organizzato del tutto diversamente. Voi direte, ma è quel mondo che è sbagliato. È possibile. Ma se i genitori lavorano, come sempre più spesso accade, l’inserimento “super slow” si tradurrà solo in accompagnamenti ansiosi, ricerca affannata di parenti che possano sostituirti, e dispiacere per non stare lì.
Dispiacere che sarebbe assai minore se il bambino ci rimanesse fino alle quattro. Bambino che, a sua volta, potrebbe non essere così traumatizzato dal cominciare un orario pieno non dico il primo giorno, ma magari dopo una settimana. Non voglio fare l’esaltazione della scuola come parcheggio, ci mancherebbe. Solo osservando e vivendo questa modalità ormai diffusissima, in scuole pubbliche come private, mi sorgono parecchi dubbi di metodo e concreti. Forse la scuola dovrebbe venire un po’ più incontro a noi genitori. Non siamo in Svezia, non siamo in un Eden di pace e tranquillità ma in un Paese dal lavoro difficile e dove le madri, e in genitori, sono equilibriste al quadrato. Forse sarebbe una buona cosa tenerne conto.
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.