È lo scenario ellenico su rifugiati e richiedenti asilo, illustrato dal ministro per le migrazioni Dimitris Vitsas. È emerso che i flussi migratori nei mesi estivi del 2018, rispetto a quelli del 2017, sono stati il doppio e ciò ha prodotto una situazione di sovraffollamento nei centri di accoglienza e identificazione
Arrivi raddoppiati in un solo anno, rischio-lazzaretto per i possibili nuovi arrivi dalla Siria e condizioni disumane nell’hotspot di Moria a Lesbo. È lo scenario ellenico su rifugiati e richiedenti asilo, illustrato dal ministro per le migrazioni Dimitris Vitsas. È emerso che i flussi migratori nei mesi estivi del 2018, rispetto a quelli del 2017, sono stati il doppio e ciò ha prodotto una situazione di sovraffollamento nei centri di accoglienza e identificazione. Tra l’altro la Grecia (assiema alla Spagna) ha anche superato l’Italia per numero di arrivi: secondo i numeri dell’Oim, l’agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni, su un totale di 74.501 arrivi nel Mediterraneo, da gennaio ad oggi, 32.272 sono sbarcati in Spagna, 20.961 in Grecia e 20.343 in Italia (il numero più basso dal 2014).
Il luogo che più di altri versa in condizioni di emergenza è l’hotspot di Moria, nell’isola di Lesbo, dove, a fronte di una capienza di 3000 migranti, ce ne sono 5.500. Un documentario girato da Al Jazeera mostra le condizioni disumane in cui vivono i 9.000 immigrati a Lesbo, mentre il portavoce di Medici senza frontiere denuncia che vi sono bambini che stanno cercando di suicidarsi e bambine di 5 anni vittime di stupri. Il governo greco annuncia la creazione di nuovi hotspot che possano assorbire i flussi, ma resta il fatto che solo negli ultimi tre giorni a Moria sono giunte altri 550 migranti dalla Turchia. È lì il punto di collasso ellenico: secondo un report stilato dalla Direzione della sanità pubblica dell’isola dopo un ulteriore sopralluogo, l’hotspot non solo è strutturalmente inadeguato ma presenta grossi rischi per la salute pubblica degli ospitati e per l’ambiente circostante, come fogne che straripano e impossibilità di pulire le stanze che ospitano fino a 15 persone.
Il prefetto Christiana Kalogerou ha chiesto ai ministeri della Salute e dell’Interno di intervenire entro 30 giorni. Scaduto questo termine, la Regione Nord Egeo procederà autonomamente a realizzare un altro centro di accoglienza sull’isola, chiudendo Moria. Sul punto il ministro Vitsas ha osservato che “non si può affermare che la Turchia non applichi l’accordo con l’Ue, perché dice di fermarne ogni giorno 1500 ma noi non possiamo controllarlo, senza dimenticare che su suolo turco vi sono ancora tre milioni di rifugiati e immigrati”. È la ragione per cui Atene torna a chiedere che Frontex partecipi maggiormente alle operazioni di pattugliamento nell’Egeo.
Il ruolo turco è significativo anche su un altro fronte: quello siriano. Si calcola che gli effetti di un attacco prolungato e massiccio a Idlib produrrebbe un movimento migratorio stimato in 80mila unità. La situazione di emergenza nelle isole dell’Egeo orientale si fa sempre più insistente, per questo cresce la preoccupazione di chi vede per la Grecia un rischio-lazzaretto, proprio per via della possibilità che possa accogliere buona parte degli 80mila che fuggirebbero dalla Siria, post attacco Idlib. In merito, l’Ue starebbe pensando a nuovi trasferimenti sulla terra ferma per liberare le isole in caso di arrivo in massa dalla Siria, come ammesso dal commissario europeo per l’immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos. Secondo l’Oim sono stati 1586 i migranti e i rifugiati che da gennaio ad oggi sono morti nel Mediterraneo contro i 2.565 decessi del 2017. Il più alto numero di decessi si registra sulla rotta del Mediterraneo centrale (1.130) tra il Nord Africa e l’Italia, e Malta. Altri 106 al largo della Grecia.