“L’associazione segreta ivi contemplata si caratterizza per il fatto di svolgere attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di apparati pubblici o soggetti assimilati“. È quanto scrivono i giudici della IX sezione penale del Tribunale di Roma nelle motivazioni della sentenza del processo P3 in cui fu riconosciuta l’esistenza di una associazione segreta guidata dall’imprenditore Flavio Carboni a cui sono stati inflitti 6 anni e sei mesi di reclusione. Accusa da cui fu assolto l’ex parlamentare Denis Verdini che è stato condannato ad un anno e tre mesi di carcere per finanziamento illecito.
“Perché ci sia reato non conta né il compimento concreto di attività di interferenza né che tale attività raggiunga il risultato voluto dagli agenti – scrivono i giudici -. Ebbene la ricostruzione dei fatti porta a escludere che l’attività fosse di per sé assolutamente inidonea a determinare una distorsione dell’azione dei pubblici poteri, attraverso l’inserimento di fattori inquinanti, riconducibili a interessi di soggetti terzi“. I magistrati scrivono, inoltre che “al di là dei risultati in concreto ottenuti, le iniziative del gruppo nei diversi ambiti in cui si muovono i suoi componenti, appaiono ex ante tutt’altro che velleitarie o meramente illusorie, ma al contrario presentano un rilevante coefficiente di pericolosità intesa come attitudine ad arrecare offesa al bene giuridico protetto. L’associazione dispone di strutture operative e mezzi finanziari adeguati con cui realizzare le proprie attività e raggiungere i propri obiettivi. In particolare – aggiungono i giudici – Carboni, appare disporre, ad onta del suo passato quantomeno opaco, di relazioni privilegiate con esponenti di vertice del partito allora al governo, quali il coordinatore nazionale Verdini e il senatore Marcello Dell’Utri (attualmente sotto processo per questa vicenda ndr), figura storica vicina al presidente del partito nonché presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: elemento, questo, che funge da leitmotiv della vicenda oggetto del processo, ove gran parte degli episodi trattati attengono a questioni che direttamente o indirettamente sono collegate allo stesso Berlusconi o a problematiche di suo interesse“.
Per quanto riguarda la posizione dello stesso Verdini, i giudici romani affermano che “pur risultando incontestabile il dato oggettivo della presenza della sua figura sullo sfondo di una pluralità di iniziative riferibili ai componenti del sodalizio occulto, un personale ed effettivo contributo all’azione del gruppo da parte dello stesso Verdini è ricostruibile solo nel progetto eolico e non nelle altre operazioni realizzate dal gruppo di potere occulto”.