Di self-publishing si parla e si scrive tanto, ma la domanda da porsi è: conviene agli autori scegliere la strada dell’autopubblicazione? Un quesito a cui è difficile rispondere, soprattutto in un mercato “piccolo” come quello italiano. Negli Stati Uniti si raggiungono cifre di tutto rispetto: ad esempio, Rachel Abbott – nome di fantasia della scrittrice Sheila Rodger – nel quinquennio 2010-2015 è entrata nei 20 scrittori più letti su Amazon con 2 milioni di copie vendute. Eppure, molti critici non la considerano un’autrice importante perché è “solo” una self-publisher.
È bene precisare che oltreoceano i numeri sono da capogiro: secondo Forbes in un anno, dal 2015 al 2016, James Patterson, tra e-book, cartaceo e audiolibri, ha guadagnato 95 milioni di dollari e, sempre lui, è stato il primo nel 2010 a vendere più di un milione di e-book. Ovviamente la regina è Amazon che, secondo gli analisti, detiene oltre il 70% del mercato online. I dati sono il frutto di analisi incrociate perché è noto che Jeff Bezos non rilascia numeri, salvo festeggiare i mille miliardi di dollari di capitalizzazione della società.
Ma torniamo alla domanda iniziale. Ros Barber, che è una grande sostenitrice del , ha scritto sul Guardian che per guadagnare con l’autopubblicazione un autore dovrebbe dedicare il 10% del tempo a scrivere e il 90% a fare marketing. E in Italia come vanno i self? Ovviamente, anche nel nostro Paese la parte del gigante la fa Amazon con la sua piattaforma Kdp (Kindle direct publishing) che batte senza alcun dubbio concorrenti quali Youcanprint o StreetLib di Antonio Tombolini che recentemente ha lanciato la blockchain. Ma di questo parleremo in un altro post.
Per capire cosa sta accadendo ai self, l’unico sistema valido è parlare con loro. Il primo dato che emerge è che parecchi scelgono l’autopubblicazione dopo aver bussato inutilmente a molte porte. Ma non è sempre così. Vi sono tanti self che decidono di passare all’autopubblicazione dopo aver pubblicato con diversi editori, a volte anche famosi. Al contrario, altri hanno provato con successo il self-publishing e poi hanno ceduto alle lusinghe di un editore blasonato. E ora sono pentiti e vorrebbero tornare alla libertà, ma spesso hanno le mani legate da un contratto che non lascia vie d’uscita.
Una cosa è certa: chi è riuscito a tornare libero, giura che non si farà mai più “abbindolare” da un editore, anche se fosse il più importante d’Italia. Qual è il motivo di tanta insoddisfazione? Principalmente due: i guadagni e la promozione. Le royalty pagate dagli editori non sono paragonabili a quelle dell’autopubblicazione, o meglio, a quelle di Amazon che riconosce fino al 70% all’autore. Qualche anno fa, quando il mercato digitale era in grande crescita, alcuni autori riuscivano a guadagnare anche più di 500 euro al mese, con picchi di 2-3mila euro. Per ottenere questi risultati era necessario stare in vetta alla classifica per almeno tre mesi e fare molta promozione. E questo vale anche per le case editrici che spesso riservano le loro attenzioni solo agli autori più redditizi, dimenticando quelli meno famosi.
Oggi, nonostante gli e-book si siano ritagliati uno spazio ben definito, i self vendono meno e per ottenere buoni risultati occorre dedicare molto tempo al marketing, creare gruppi sui social, darsi da fare per ottenere recensioni su blog, giornali e su Amazon. E proprio le recensioni sono indicate come una nota dolente. Parecchi self sostengono che vi sono recensioni a pagamento. Ovvero blogger, influencer e lettori furbetti riescono a superare i controlli della società di Jeff Bezos e pubblicare recensioni “pilotate” per far salire o scendere un libro. E questo non avviene solo con i self ma anche con i romanzi delle varie case editrici. Non è prima volta che gli autori denunciano questo mercato nero delle recensioni.
Dopo tanti ragionamenti è ancora difficile rispondere alla domanda iniziale. Personalmente sono molto favorevole al self-publishing ma, a mio avviso, l’autore deve essere in grado di fare un salto di qualità per emergere tra i tanti che ormai scelgono l’autopubblicazione.