Serve un tetto a nuove aree di vendita e nuove tutele ai lavoratori del settore. Il viceministro Di Maio  ha annunciato l’approvazione della legge che impone lo stop a ipermercati e centri commerciali nei giorni festivi, ma che, con le turnazioni, potranno restare aperti  il 25 % dei centri di vendita. Così si vorrebbe metterebbe fine all’orario di vendita liberalizzato con l’esclusione delle città turistiche. Il provvedimento avrebbe l’illusione di consentire di  rimettere al primo posto la qualità della vita dei dipendenti, che potranno dedicare la domenica agli affetti famigliari.

Sarebbe invece necessario, per arrestare il fenomeno del lavoro domenicale, mettere ordine nel settore sul piano urbanistico e fissare un tetto alla costruzione di aree di vendita commerciali che stanno distruggendo  il territorio e cambiando gli stili di vita degli italiani. La grande e media distribuzione  alimentare organizzata conta 500 grandi infrastrutture (ipermercati e superstore) e oltre diecimila punti vendita medi e le sua aree di vendita hanno una dimensione superiore ai 17 milioni di mq.

La brutale liberalizzazione del settore non ha riguardato solo le aperture domenicali,  ma soprattutto le scarse tutele del mercato del lavoro che questo velleitario decreto non avrà la capacità di recuperare. Altro sarebbe proporre ad aziende e sindacati una cornice minima di tutele, soprattutto per le imprese che esternalizzano le attività. Far crescere la contrattazione sindacale e lasciare all’autonomia delle  parti le soluzioni sull’orario di lavoro con un minimo salariale obbligatorio. La competizione del settore si poggia, più che sui prezzi e sulla qualità dei prodotti, sul posizionamento territoriale dei centri vendita e la rapidità dell’apertura di nuove strutture dentro o a  ridosso delle aree urbane, snaturando e congestionando i territori con un enorme consumo di suolo.

Lo sviluppo della grande distribuzione va rallentato perché nel solo 2017 sono stati chiusi 4.500 punti vendita al dettaglio impoverendo i centri storici. Se fosse vietato il lavoro domenicale anche a ristoranti, bar e cinema quel poco che rimane della vita nelle città sparirebbe definitivamente. Proprio quei luoghi dove gli abitanti devono poter vivere e trovarvi li l’indispensabile  senza ricorrere a “ lunghe trasferte in macchina” nei centri commerciali. Città, luoghi artistici e storici con forte attrattiva turistica (in via di sviluppo ulteriore) non sono solo Roma, Palermo o Napoli.

La redditività degli esercizi commerciali schizza all’insù con l’apertura domenicale. La domenica lavorativa è quindi un problema complesso che investe molti aspetti della società economico, lavorativo, ambientale e turistico. Quel che conta è che Gigi Di Maio abbia ben presente che negli Stati Uniti la grande distribuzione ha ormai il 25% delle superfici dismesse e che sarà sempre più così per effetto del’avvento dell’e-commerce. Ecco perché l’intervento del governo dovrebbe partire dallo stop alla crescita dei punti di vendita e ad una regolazione quadro del lavoro nel settore entro cui le parti sociali stringono accordi.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

SALVIMAIO

di Andrea Scanzi 12€ Acquista
Articolo Precedente

Lavoro domenicale, “nella grande distribuzione è un obbligo. E la busta paga aumenta solo di 70 euro al mese”

next
Articolo Successivo

Aperture domenicali, non ne abbiamo bisogno. Hanno creato schiavi della grande distribuzione

next