Da mercoledì 13 settembre il sistema informatico della Corte di Cassazione è in black out e sta creando non pochi inconvenienti a giudici e avvocati. In questi giorni sono state mandate via a 'mani vuote' circa 800 operatori della giustizia - legali, assistenti di studio, parti in causa - che volevano ritirare degli atti
È impossibile ritirare o depositare sentenze. Non solo: durante le udienze tutto viene verbalizzato a mano. Da mercoledì 13 settembre il sistema informatico della Corte di Cassazione è in black out e sta creando non pochi inconvenienti a giudici e avvocati. A quanto si è appreso si erano rotti tre hard disk, ma dopo la loro sostituzione ci sono stati disservizi sul software e non si è potuti ripartire, come in un iniziale momento di fiducia si era sperato.
Il sistema di emergenza non è mai entrato in funzione e quindi si dovrà rimediare anche a questo ulteriore disservizio. Fortunatamente in Cassazione il processo telematico non ha ancora preso piede e tutto viene depositato ancora in cartaceo, direttamente negli uffici nel settore civile con originale del ricorso corredato di sette copie, e nel penale i ricorsi arrivano per posta inoltrati dalle Corti d’appello.
Si fa il possibile per venire incontro alle esigenze improcrastinabili, e il ‘congelamento’ dei depositi va in questa direzione perché si evita il decorrere dei termini. Sono al lavoro tecnici della stessa Suprema Corte, del ministero della giustizia, della Direzione generale dei sistemi informatici e della ditta che ha in appalto l’assistenza al server. Anche da Napoli, dove c’è una parte dell’assistenza da remoto, si lavora alla soluzione di questa impasse.
In questi giorni sono state mandate via a ‘mani vuote’ circa 800 operatori della giustizia – avvocati, assistenti di studio, parti in causa – che volevano ritirare degli atti. L’ultima data di pubblicazione delle sentenze è quella del 13 settembre, poi tutto si è fermato.