Un diamante è per sempre (è il loro slogan) ma da oggi un diamante è per tutti. O quasi: De Beers, il colosso sudafricano dei diamanti, si lancia nel mercato dei diamanti sintetizzati in laboratorio con gemme vendute a 800 dollari a carato, cioè un decimo di quelli estratti dalle miniere. Lo fa con Lightbox, una linea di gioielleria accessibile, che propone diamanti bianchi, rosa o blu.
Impossibile distinguere ad occhio nudo un diamante artificiale e uno estratto dalle viscere della Terra. Dal punto di vista fisico e chimico hanno le stesse caratteristiche, ed entrambi raggiungono il massimo grado di durezza della scala Mohs, 10. Solo che la tecnologia impiega settimane per cristallizzare gli atomi di carbonio, la natura millenni. Quello dei diamanti da laboratorio è un mercato che esiste da anni, ma De Beers promette di sconvolgerlo offrendo pietre che costano un quinto rispetto a quello dei suoi principali concorrenti. Che infatti non hanno perso tempo e hanno già presentato una denuncia alla Federal Trade Commission, accusando De Beers di price-dumping, cioè di vendere sotto il costo di mercato. De Beers ha appena iniziato a vendere diamanti sintetici da gioielleria, ma in realtà li produce da quasi 50 anni, principalmente per scopi industriali, nella sua unità di ricerca, Element Six.
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L’azienda ha spiegato che l’estrazione dalle miniere rimarrà il suo business principale, ma con il lancio di Lightbox punta a conquistare clienti più giovani e con minori disponibilità economiche. Con buona pace dei gioiellieri più scettici, convinti che si tolga molto al fascino del diamante, estratto “puro” dai meandri della Terra. Per ora è possibile sbirciare solo un’anteprima della collezione sul sito: per avere un’idea, una coppia di orecchini già montati in oro bianco costa 400 dollari (340 euro, circa). Investire sui diamanti sintetizzati artificialmente è anche un tentativo di fare ammenda dopo anni di polemiche sulle conseguenze devastanti – dal punto di vista sociale, economico ed ecologico – sullo sfruttamento dei giacimenti minerari in Africa. Le gemme create in laboratorio vogliono essere un’alternativa etica alle pietre naturali, spesso associate a traffici illegali, conflitti interni, sfruttamento insostenibile per l’ambiente. Leonardo DiCaprio (che ha sposato la causa anche sullo schermo, con Blood Diamond, 2007) ha investito nei diamanti da laboratorio della Diamond Foundry, azienda californiana competitor di De Beers.
Quella di De Beers è una storia particolare: il fondatore, Cecil Rhodes, vendeva pompe d’acqua ai minatori in Sudafrica. Nel 1871, un immenso colpo di fortuna: il ritrovamento di un diamante da 83,5 carati in un pozzo, che gli permise di fondare un’impresa diamantifera nelle miniere appartenenti ai De Beers (da cui il nome). Un accordo fruttuoso con i consorzi di Londra ha fatto il resto. De Beers si è imposto nell’immaginario collettivo con lo slogan del secolo (“un diamante è per sempre”) che ha consacrato la pietra preziosa come simbolo di amore eterno. «Offriamo ai consumatori un prodotto che chiedevano ma non riuscivano ad avere: una gioielleria accessibile», ha detto Bruce Cleaver, ceo del gruppo, presentando Lightbox. E ha aggiunto, parafrasando lo storico motto: «Può anche non essere per sempre, ma è perfetta per il momento».