Ad Abdel Fattah Al Sisi “ho detto che Giulio Regeni è come se fosse morto per la seconda volta perché ci sono stati dei depistaggi“. Perciò “bene le parole, ma adesso devono seguire i fatti”, perché sulla questione “siamo a un punto di stallo”. Al termine dell’incontro avuto al Cairo con il presidente egiziano Roberto Fico ribalta la narrativa rassicurante utilizzata finora dalle istituzioni sulla morte del ricercatore di Fiumicello, trovato cadavere con segni di torture sul corpo sulla strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria il 3 febbraio 2016.
“Ho appena finito l’incontro con il presidente Al Sisi e c’è stato solo un punto all’ordine del giorno che è la questione di Giulio Regeni – ha detto il presidente della Camera al termine del faccia a faccia – sono venuto qui perché siamo a un punto di stallo. Le due procure hanno lavorato insieme, la procura di Roma ha fatto un lavoro eccezionale e ha indizi, elementi e novità importanti e ha consegnato tutto alla procura del Cairo. Però ho detto al presidente Al Sisi, nell’autonomie delle magistrature, che stiamo a un punto di stallo“.
Una situazione cui si è arrivati anche a causa dei “depistaggi” che hanno costellato le indagini: “Perché prima era un ragazzo che faceva delle feste particolari, poi una spia, poi invece è stato vittima di una banda di criminali che poi è stata uccisa dalla polizia egiziana. Sono stati ritrovati i documenti di Giulio ma alla fine era tutta una montatura e i casi sono stati smontati subito”, ha ricordato la terza carica dello Stato.
“Io spero che ci siano soluzioni immediate e che inizi un vero processo“, ha proseguito Fico. “Bene le parole, bene gli impegni ma adesso devono seguire i fatti”, ha aggiunto. “Il mio messaggio credo sia stato chiaro: è tutto importante, la stabilizzazione dell’area è fondamentale, ma siamo a qui a dire – ha ribadito – che noi vogliamo dei passi avanti nel caso di Giulio Regeni, in tempi rapidi e non in tempi biblici”.
Domenica il presidente della Camera aveva fatto visita al Parlamento egiziano e aveva incontrato il presidente Ali Abdel-Aal, il quale secondo l’agenzia ufficiale Mena “ha affermato che il caso dell’omicidio dello studente Giulio Regeni è prioritario per le autorità egiziane e che l’Egitto, come l’Italia, tiene a chiarire le circostanze di questo caso”. “L’Egitto coopera con onestà e trasparenza totale con le autorità italiane, circostanza che riflette il volume e la natura delle forti relazioni fra i due Paesi”, aggiungeva la Mena.
La valutazione consegnata oggi da Roberto Fico sulle relazioni tra Roma e il Cairo è diametralmente opposta: “Senza passi avanti seri e sostanziali in un processo che porti a una verità definitiva per prendere gli uccisori di Giulio Regeni, e non solo quelli materiali, i rapporti sono complicati, poco sereni, sono tesi“.
Un approccio totalmente diverso da quello con cui il 29 agosto scorso Luigi Di Maio aveva affrontato la questione nel suo viaggio al Cairo: “Al Sisi mi ha detto ‘Giulio è uno di noi’. Auspico una svolta entro fine anno”, aveva detto il ministro dello Sviluppo economico. “L’Egitto rappresenta sicuramente, sia per le nostre aziende, sia per la nostra comunità italiana qui, un’occasione di investimenti” e “di sviluppo economico anche in partnership con aziende egiziane”, ricordava il vicepremier. “Se andiamo verso la normalizzazione dei rapporti potremo anche creare nuove
occasioni non solo per le nostre aziende di Stato”, come Ferrovie, “ma anche per le piccole e medie imprese. E’ anche per questo che dobbiamo accelerare” sulla ricerca della verità.