Diritti

Ventimiglia, ‘Rischio di chiudere perché accolgo chi ha bisogno’. Aiutiamo Delia ad aiutare i migranti

Ogni anno attraverso Ventimiglia passano decine di migliaia di persone migranti. Cercano tutti di arrivare in Francia, per raggiungere familiari o conoscenti. Non è facile valicare quel confine, dopo gli accordi di Chambéry che prevedono che gli immigrati irregolari provenienti dall’Italia vengano fermati in Francia e rimandati oltre confine. Per questo a Ventimiglia i migranti rimangono bloccati, in un limbo che diventa un incubo.

Il bar Hobbit di Delia Buonuomo però, in questo contesto è diventato l’anima della solidarietà di Ventimiglia. Delia da anni invita ad entrare nel suo bar i migranti: offre loro un pasto caldo a chi non mangia da giorni. La solidarietà di Delia non è passata inosservata agli intolleranti. Da tempo continuano infatti gli insulti, le aggressioni e gli atti vandalici ai danni del bar e di Delia, nonché ovviamente, il boicottaggio.

Su GoFundMe, la piattaforma di crowdfunding, è stata lanciata una campagna per finanziare le attività del bar e non permettere la scomparsa di “uno dei pochi luoghi di umanità e solidarietà che resistono a Ventimiglia”. “Aiutateci a sostenere Delia – chiedono gli organizzatori nella loro pagina – e a continuare il suo progetto di solidarietà attiva: ogni donazione, anche piccola, ci aiuta a comprare cibo, acqua, bevande e a coprire le spese del bar”.

Delia, soprannominata “Mamma Africa” è diventata un punto di riferimento per i transitanti ma anche per i volontari e le organizzazioni solidali: nel suo bar oggi si distribuiscono vestiti e scarpe, si decifrano documenti, si cercano alloggi temporanei.

Al bar Hobbit si possono caricare i cellulari e si può utilizzare il bagno (attrezzato di spazzolini, dentifricio, sapone, pannolini, assorbenti e fasciatoio) senza obbligo di consumazione. I bambini hanno un angolo tutto loro, che Delia ha creato raccogliendo giocattoli usati. Il bar è spesso l’unico rifugio per i più vulnerabili, donne incinte, minori, vittime di tratta.

Il bar Hobbit è centrale eppure “da ormai tre anni i clienti non entrano – racconta Delia – Solo perché faccio entrare tutti e do una mano a chi ha bisogno. Sono stata insultata e boicottata da chi passava di qua e vedeva qualche ragazzo nero fuori o al bancone. Oggi rischio di chiudere. Ho problemi di salute e andare avanti è faticoso”. L’isolamento e la perdita della clientela hanno spinto il bar in una situazione economica sempre più grave. Delia non è più in grado di sostenere le spese ed è stata costretta suo malgrado a mettere il bar in vendita.