All'inizio dell'anno Salvini diceva "no al condono usa e getta" e spiegava: "Si pagherà il 15%, la stessa aliquota che verseranno tutti con la flat tax". Il contratto di governo presentato a maggio escludeva "ogni finalità condonistica" e limitava l'intervento a "situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica". A settembre l'accelerazione: il tetto degli importi sanabili sale a 1 milione
In principio doveva essere un intervento per soccorrere “milioni di cittadini ostaggio di Equitalia che hanno una cartella sotto i 100mila euro“. Ora all’orizzonte c’è una “pace fiscale più ampia possibile come misura una tantum che chiuda tutte le liti pendenti per le cartelle, il contenzioso tributario e le multe” e con “un tetto non superiore al milione di euro“. E’ la parabola che in otto mesi ha fatto lievitare di dieci volte gli importi sanabili con quello che era stato presentato come il primo passo di una nuova “riscossione amica“. Il provvedimento promosso dalla Lega – si parla di un decreto collegato alla manovra – è ancora da scrivere e il Movimento 5 Stelle ha già annunciato che si metterà di traverso. Ma le intenzioni del Carroccio sono chiare. Ampliare la misura prevista dal contratto di governo per renderla – parola del sottosegretario al Tesoro Massimo Bitonci – “molto simile a quella del 2002“. Ovvero il condono tombale targato Giulio Tremonti.
Salvini a febbraio: “Non è condono perché si pagherà la stessa aliquota della flat tax” – “Io dico no al condono usa e getta. Io propongo una pace fiscale, ci sono milioni di italiani ostaggio di Equitalia che non pagheranno mai. Io posso o far finta di niente o convocare uno per uno questi italiani, che hanno una cartella con un importo sotto i 100mila euro, e chiedere il 15% di quello che non mi daranno mai. Io incasso contante e tu torni a lavorare”. Era il 14 gennaio 2018 e Matteo Salvini, ospite di 1/2h in più, dava i primi dettagli sulla sua proposta di maxi rottamazione delle cartelle. L’aliquota del 15%, aggiungeva il leader del Carroccio il 6 febbraio in un’intervista al Sole 24 Ore, non era scelta a caso: “Il 15% che paga chi oggi è in debito con il fisco è lo stesso 15% che pagherà da domani grazie all’introduzione della flat tax“. Per questo “non parlerei di condono, perché altrimenti si tratterebbe di una misura una tantum”. Solo un’armonizzazione delle aliquote, dunque. Nel frattempo però l’ipotesi della flat tax per tutti è tramontata: nel 2019 partirà solo per le partite Iva e le aliquote saranno due, 15% per i redditi fino a 65mila euro e 20% tra i 65mila e 100mila.
Il contratto di governo: “Esclusa ogni finalità condonistica” – Il 4 marzo si vota: il Movimento 5 Stelle conquista il 32%, la Lega supera il 17%. Le due forze lavorano al contratto di governo, la cui versione definitiva viene pubblicata il 18 maggio. Nel capitolo sul fisco entra la voce pace fiscale. “Esclusa ogni finalità condonistica“, si legge, “la misura può diventare un efficace aiuto ai cittadini in difficoltà”. La misura viene descritta come “l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica“. L’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, fresco di rinuncia all’incarico di formare un governo tecnico, è lapidario: “Ennesimo condono”.
Siri: “Tre aliquote a seconda delle condizioni del contribuente. Recuperabili 35 miliardi” – Il 6 giugno il senatore della Lega Armando Siri fa sapere che la pace fiscale sarà il primo intervento del governo e “ci saranno tre diverse aliquote, pari al 25%, 10% e 6% della somma dovuta, a seconda delle condizioni in cui si trova il contribuente”. “Fisseremo anche un limite massimo all’ammontare della cartella sanabile”, anticipa Siri, a cui quel limite non può essere indifferente visto che, come raccontato da Il Fatto Quotidiano, ha sul groppone 150mila euro di sanzioni per affissione abusiva di manifesti non pagate al Comune di Milano. Poi si dice convinto che per quella via si possano recuperare 35 miliardi su una cifra esigibile di “600 miliardi”. Gli addetti ai lavori fanno però notare che nel magazzino dell’Agenzia delle Entrate ci sono solo 51 miliardi di posizioni considerate “lavorabili”, per cui applicando quelle aliquote è ben difficile ricavare più di 5 miliardi. In più, dopo due voluntary disclosure (nel 2015 e 2016) e due rottamazioni delle cartelle (la prima si è conclusa nel 2017 e l’eventuale quinta rata di quella ancora in corso va pagata entro il 30 settembre), rimane davvero solo il fondo del barile.
Di Maio: “Non riguarda i grandi evasori ma le parti più deboli della società” – L’8 agosto interviene Luigi Di Maio, che chiarisce: “Il saldo e stralcio era anche nel programma del M5S e dice semplicemente che le tasse si devono pagare, ma se a un certo punto negli anni tra le parti più deboli della società c’è chi non è riuscito ed è finito in un vortice per cui Agenzia delle Entrate e Equitalia non permettevano di pagare né di ripartire gli si dice: mi devi questo, chiudiamola così. Stabiliamo un forfettario e, da domani, puoi ripartire con la tua vita senza più la persecuzione del fisco”. Ma “non è un condono perché non riguarda i grandi evasori e i grandi potentati del Paese; non sono gli scudi fiscali con cui si facevano rientrare i soldi della mafia al 5%. Stiamo parlando di gente rimasta sul campo con la crisi e che deve avere l’opportunità di ripartire, mettendo la parola fine ai contenziosi con le Entrate e la Pubblica amministrazione”.
Bitonci: “Pace più ampia possibile. Come il condono tombale di Tremonti” – Arriva settembre, si avvicina la manovra e diventa pressante la necessità di trovare coperture per l’avvio della flat tax, del reddito della cittadinanza e delle altre misure inserite nel contratto. Il 7 settembre il premier Giuseppe Conte assicura che la pace fiscale non sarà un condono: “Il condono è una misura una tantum varata per fare cassa. Noi introduciamo una riforma organica, offrendo ai contribuenti la possibilità di mettersi in pari per entrare in una disciplina diversa”. Ma il 9 settembre Bitonci, intervistato dal Messaggero, acclera: la pace fiscale “sarà la più ampia possibile”, annuncia. “Molto simile a quella del 2002“. Ovvero il condono tombale targato Tremonti, che fruttò oltre 20 miliardi (sulla carta dovevano essere 26, ma molti hanno aderito senza poi saldare tutto il dovuto).
Non a caso proprio di incassi “superiori ai 20 miliardi” ha parlato l’11 settembre Salvini a Porta a porta, pur assicurando che “non è un regalo, è gente che è disperata, che pagherebbe il 10% del dovuto, gente che per riavere un conto corrente correrebbe a pagare”. Sabato i responsabili economici della Lega e il vicepremier si riuniscono per discutere delle novità fiscali da inserire in legge di Bilancio. E durante il vertice matura la decisione di alzare il tetto delle cartelle e liti sanabili. Non di poco: da 100mila a 1 milione di euro. “Piccoli e medi contenziosi”, sostiene Bitonci. “Abbiamo lasciato all’amministrazione finanziaria l’accertamento, la discussione e il contenzioso relativo alla grande evasione”.