Politica

Legge di bilancio, Di Maio: “Facciamo un po’ di deficit e poi rientriamo”. Giorgetti: “Si può sforare il 2% ma con proposte serie”

Il ministro dell'Economia sotto pressione per le richieste dei partiti di maggioranza. Il vicepremier M5s si corregge, ma tiene il punto: "Non possiamo aspettare 2-3 anni, facciamo un po' di deficit e rientriamo tra 2 anni". Conte e Salvini nel ruolo di mediatori: il premier incontra (e rassicura) i capigruppo Cinquestelle. "Il reddito di cittadinanza sarà inserito nella manovra economica", scrive sui social. Ma il pressing sul Tesoro, da Centinaio alla Grillo, continua.

Tutti tormentano Tria, tutti difendono Tria. La volontà dei partiti di maggioranza di avviare tutt’e tre le riforme-cardine del contratto di governoreddito di cittadinanza, flat tax, riforma della legge Fornero – finisce contro il muro dei conti che il ministro dell’Economia e provoca un nervosismo nell’esecutivo, anche con fughe in avanti e rallentamenti. Uno scenario consueto per tutti i governi e per tutte le maggioranze, quando si comincia a parlare di legge di bilancio. Se ieri – prima di salire sull’aereo per una missione in Cina – il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio ha detto a Tria che i soldi li deve trovare “se è un ministro serio”, oggi – dopo essere sceso dall’aereo – garantisce: “Ho piena fiducia nel ministro dell’Economia Giovanni Tria per quello che sta facendo e ho piena fiducia nel gioco di squadra che stiamo facendo come governo”. Di Maio, però, corregge la parola, sostituisce “ministro” con “governo”, ma non va in retromarcia: “Un governo serio che ha fatto delle promesse, i soldi li trova, e badate bene il mio non è un attacco al ministro Tria”. Le risorse? Con i tagli, certo, ma “non possiamo aspettare 2-3 anni per mantenere queste promesse. Ed è per questo si attinge a un po’ di deficit per poi far rientrare il debito l’anno dopo o tra due anni: è quel che vogliamo fare, mantenendo i conti in ordine e senza voler fare nessuna manovra distruttiva. Quel che vogliamo mettere al centro non è l’obiettivo di rassicurare i mercati ma migliorare la qualità di vita degli italiani“.

Un’idea, quella del capo politico del M5s, che piace all’alleato leghista. “Si può arrivare anche allo sforamento del 2% ma non con provvedimenti di tipo demagogico per acquisire consenso”, dice il sottosegretario Giancarlo Giorgetti a Otto e mezzo. “Si può sforare l’1,6% – continua il vice di Salvini – solo con proposte serie e credibili perché i mercati sono attenti ai decimali ma soprattutto alle proposte di politica economica di un governo, perché il Paese possa crescere”.

In mezzo, a fare ancora una volta da mediatore, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Non c’ero negli anni precedenti – dice in un’intervista a Mario Giordano, sulla Verità – ma immagino che tutte le volte che si fa una manovra economica il ministro dell’Economia diventi il terminale delle pressioni…”. Conte conferma che Tria non abbia mai pensato alle dimissioni: “L’avrei saputo e non mi risulta”. All’operazione dello spegnimento dell’incendio partecipa anche l’altro vicepremier, Matteo Salvini: “Nella manovra si troverà un equilibrio tra il rispetto dei vincoli di bilancio e il diritto alla crescita. Gli italiani possono dormire sonni tranquilli”. 

In realtà il nervosismo c’è, soprattutto tra i gruppi parlamentari. Il capogruppo M5s alla Camera Francesco D’Uva la chiama “apprensione”. Si parla di un documento contro il ministro Tria, perfino. D’Uva dice di non saperne niente. Ma non rinuncia ad aggiungere a rimarcare “l’esistenza di una significativa apprensione nel gruppo parlamentare per come si sta indirizzando il dibattito sulla manovra”. Tradotto: per l’esiguità di risorse che il Tesoro sarebbe disposto a mettere in campo per finanziare misure come il reddito di cittadinanza. D’Uva e il collega del Senato Stefano Patuanelli, allora, sono andati fino a Palazzo Chigi. Il presidente Giuseppe Conte li ha ricevuti e rassicurati. “Ci ha confermato che il reddito di cittadinanza avrà un impatto significativo nella prossima legge di stabilità – scrivono i capigruppo grillini – Si tratta di una battaglia storica del MoVimento, inserita anche nel contratto di Governo, e per tutti noi rappresenta una priorità assoluta“. Lo stesso premier ha poi confermato con un post su Instagram “Abbiamo ragionato – ha ribadito – della necessità che la riforma del reddito di cittadinanza che sarà inserita nella manovra economica abbia un impatto significativo sul piano sociale, in modo da alleviare la condizione di tutti coloro che vivono in condizione di povertà assoluta”.

Dall’altra parte il ministro dell’Economia Giovanni Tria ostenta sicurezza, serenità, nonostante le tirate di giacca da una parte e dall’altra. Lui è un tecnico, tutti gli altri sono politici e il linguaggio è per forza di cose ben diverso. Si trova nell’anomala posizione di chi è difeso dai partiti di opposizione che “tifano” per il suo rigore sui conti pubblici. Di Maio ha “dovuto” fare quell’uscita sul “ministro serio” anche per dare un segnale ai suoi gruppi parlamentari dopo alcune dichiarazioni in cui Tria sembrava aver un po’ derubricato il reddito di cittadinanza. E’ anche per questo che sempre Di Maio, a DiMartedì, ha rilanciato il ddl per il taglio dei deputati: bisogna cercare di far capire all’elettorato che il governo del cambiamento lo è davvero. In effetti, secondo un retroscena del Corriere della Sera, Tria (che ufficialmente non ha risposto a Di Maio) avrebbe commentato così l’indurimento dei toni del vicepresidente del Consiglio: “Non mi impressiona il dibattito politico. Ognuno fa la propria parte”. Sempre il Corriere racconta del “metodo” che il ministro sta usando con i colleghi “questuanti”: si segna le richieste e risponde con una sorta di “vi faremo sapere”. Per certi ministeri è considerato quasi uno stillicidio. “Sono dei mesi particolari – ammette Di Maio sempre dalla Cina – Io ho lasciato una settimana molto particolare in Italia”.

A dare il senso del clima alla vigilia della discussione sulla manovra fianziaria si moltiplicano dichiarazioni ed episodi. “Tria il panettone lo mangia come tutto il governo – spiega il ministro dell’Agricoltura Gianmarco Centinaio a L’aria che tira, su La7 – Ricopre il ruolo che sapevamo, abbiamo insieme deciso di fare questa esperienza di governo è giusto che Salvini e Di Maio cerchino di spingerlo ad aprire di più la borsa. E anche io vorrei evitare di trovarmi dei tagli in agricoltura o peggio nel turismo e arrabbiarmi prima di Natale che non fa bene. Tria deve fare il suo e rispettare accordi di governo e con gli italiani“. La Stampa racconta addirittura della tentazione dei due viceministri, Massimo Garavaglia (Lega) e Laura Castelli (M5s), di restituire le deleghe a Tria perché “prive di potere”. Ma Garavaglia smentisce: “E’ una notizia che non ha fondamento. Non ho restituito alcuna delega. I miei rapporti con Tria sono ottimi, non c’è nessun contrasto e stiamo lavorando insieme alla stesura della manovra”. Però c’è la Castelli che a Circo Massimo, su Radio Capital, puntualizza che mantenere il deficit all’1,6 per cento, come vorrebbe Tria, “vorrebbe dire non fare quasi niente, a meno che non si facciano solo tagli“.

Nel frattempo, i “mesi particolari” di cui Di Maio parla proseguiranno probabilmente fino a dicembre. Anche perché, sempre sui conti, oggi si apre un nuovo fronte nel governo. E il duello a distanza questa volta è tra due esponenti di punta dei due partiti alleati di governo, la ministra della Salute Giulia Grillo e proprio il viceministro dell’Economia Garavaglia. La Grillo, infatti, in un’intervista a Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano, ha annunciato che l’esecutivo sta lavorando all’abolizione del superticket. Garavaglia, però, frena: “La volontà politica di procedere al taglio del superticket in sanità c’è, ma la fattibilità va poi vista in un quadro più generale e anche nei rapporti con le Regioni e in riferimento alla tenuta del sistema. E’ un problemone perché si tratta di circa 800 milioni di euro“.