Il testo del Milleproroghe arriverà al Senato nel pomeriggio senza relatore. E la decisione presa dal presidente della commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, Stefano Borghesi, provoca la reazione del Pd che occupa l’Aula della commissione. Sia i componenti che gli altri senatori del gruppo hanno deciso di protestare dopo l’azzeramento della discussione sul provvedimento, che la maggioranza deve approvare entro il 23 settembre, data di scadenza del decreto. “M5S e Lega – dice il capogruppo dem Dario Parrini – passa da uno stato all’altro, il Parlamento è continuamente umiliato perché il governo ha fretta di approvare un provvedimento vergognoso come quello sui vaccini”. Per Parrini si tratta del “terzo sorpruso” dopo il “taglio ai tempi per emendamenti e il ricorso abusivo all’art. 81 sulle coperture“.
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Terzo sopruso della maggioranza. Dopo taglio tempi per emendamenti e ricorso abusivo all’art. 81 sulle coperture, poco fa la decisione di troncare il dibattito andando in aula senza relatore. Stiamo occupando la commissione per protesta.
— Dario Parrini (@DarioParrini) 19 settembre 2018
Quella prevista nel pomeriggio al Senato è la terza lettura del Milleproroghe, che ad ogni step sta provocando le proteste delle opposizioni. Il primo passaggio al Senato è coinciso con la prima fiducia apposta dal governo: una decisione che ha scatenato l’occupazione dell’Aula da parte dei dem, per i quali la decisione era “illegittima” visto che la fiducia è stata decisa nel Consiglio dei ministri del 24 luglio, un giorno prima della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale e quindi prima della firma del Presidente della Repubblica. “Atto politico in punta di diritto”, aveva spiegato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro.
Alla Camera, invece, il Pd era stato protagonista di una battaglia ostruzionistica durante una seduta fiume durata fino all’alba. I big del partito si erano esposti in prima persona, con il segretario Maurizio Martina in Aula per parecchie ore vicino all’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Il tutto per una prova di forza con cui l’opposizione ha deciso di farsi sentire: con l’obiettivo di far capire a governo e maggioranza che l’esame dei prossimi provvedimenti in Aula non sarà rose e fiori. Il Partito Democratico continua a contestare due punti del decreto: il taglio di 1,6 miliardi ai fondi per le periferie e la previsione della autocertificazione per i vaccini nelle scuole.