Nei giorni in cui nuovi componenti di Palazzo dei Marescialli sono chiamati a eleggere il nuovo vicepresidente, una delegazione di tre toghe viene ricevuta in via Arenula. E propone al capo di gabinetto del guardasigilli i metodi per superare le correnti: l'estrazione a sorte dei togati al Consiglio superiore. E la modifica della "legge elettorale" dei giudici con un sistema maggioritario uninominale
Eliminare le correnti dalla magistratura. Lo dicono da anni maggioranze di ogni colore politico, di destra, sinistra e centro. La Lega e il Movimento 5 stelle lo hanno praticamente scritto nel contratto di governo. Adesso a chiederlo sono direttamente i magistrati. Il 18 settembre scorso una delegazione di toghe è entrata in via Arenula per sottoporre al ministro della giustizia un appello dal titolo eloquente: “La liberazione del Csm dalle correnti“. Un testo sottoscritto da centosei magistrati nel luglio scorso, proprio nei giorni in cui venivano eletti i consiglieri togati di Palazzo dei Marescialli. E ora che i nuovi componenti dell’organo di autogoverno dei giudici sono chiamati ad eleggere il vicepresidente, tra polemiche e accordi a larghe intese, una delegazione di tre persone è stata convocata dal guardasigilli Alfonso Bonafede: Milena Balsamo, consigliere della Corte di Cassazione, Carmen Giuffrida, esperta nazionale distaccata presso il Consiglio dell’Unione Europea, e Andrea Reale, giudice del Tribunale di Ragusa.
“Nel Csm discrezionalità correntizia” – “L’attuale sistema di autogoverno che opera con tale discrezionalità da ingenerare il sospetto di operare secondo logiche di appartenenza correntizia“, dicono i tre magistrati, delegati da una ventina di colleghi che hanno sottoscritto l’appello a salire i gradini del ministero. Dove hanno incontrato Fulvio Baldi, capo di gabinetto del guardasigilli, ex sostituto procuratore generale della Cassazione ed esponente di Unicost, corrente moderata delle toghe. Al quale hanno avanzato alcune proposte per il superamento delle correnti. Un punto inserito, seppur in modo generico, anche nel contratto di governo. “Il Consiglio Superiore della Magistratura deve operare in maniera quanto più indipendente da influenze politiche di potere interne o esterne. Sarà pertanto opportuno operare una revisione del sistema di elezione, sia per quanto attiene i componenti laici che quelli togati, tale da rimuovere le attuali logiche spartitorie e correntizie in seno all’organo di autogoverno della magistratura”, avevano scritto Lega e M5s nell’accordo di programma che ha fatto nascere l’esecutivo.
Eletti col sorteggio – Come fare, però, per liberare Palazzo dei Marescialli dalle “attuali logiche spartitorie e correntizie”? Cambiando le regole per l’elezione dei magistrati. La soluzione – spiega la delegazione – è la “nomina dei consiglieri per sorteggio secco ovvero – ma solo in ipotesi di dubbi sulla compatibilità di detto sistema con l’attuale assetto costituzionale (dubbi superati anche da autorevoli giuristi) – l’adozione del sorteggio preliminare di un numero multiplo di candidati rispetto al numero dei consiglieri e successiva elezione dei magistrati sorteggiati tra i disponibili e gli eleggibili”. Una semplice estrazione a sorte, dunque, e non più il voto convogliato dalle varie correnti sui propri candidati. In certi casi anche su input di esponenti dell’esecutivo, come il celebre caso degli sms inviati nel 2014 dall’allora sottosegretario Cosimo Ferri – una sorta di “uomo cerniera” tra politica e magistratura – che invitava i colleghi magistrati a votare per gli esponenti di Magistratura Indipendente, la corrente di cui era segretario. Col sorteggio scomparirebbero sms e inviti al voto.
La modifica della “legge elettorale” delle toghe – I tre magistrati ricevuti in via Arenula, però, hanno fornito al capo di gabinetto anche un’altra proposta: mantenere il voto ma modificando la “legge elettorale”. In che modo? “Con un sistema maggioritario uninominale su base territoriale (con collegi geograficamente coincidenti con uno o più distretti di Corti di Appello), tale da permettere l’emersione di candidature indipendenti nel contesto territoriale nel quale esse esercitano funzioni”. Quindi sfide dirette in collegi legati alla zona dove operano i magistrati. Un’altra ipotesi che indebolirebbe il peso delle correnti che, secondo i magistrati sottoscrittori dell’appello presentato a Bonafede, sono colpevoli di “invadenza lottizzatoria e di influenza sulle decisioni adottate dal Csm, nonché il conseguente potere in grado di condizionare i magistrati e vanificarne le garanzia di indipendenza“. Una modifica che era stata avanzata in passato anche da Piercamillo Davigo. “Meglio tanti collegi uninominali, dove possa essere eletto anche uno bravo e conosciuto, ma senza correnti dietro”, aveva detto al Fatto Quotidiano il leader di Autonomia e Indipendenza, subito dopo la sua elezioni al Csm. Negli stessi giorni un centinaio di colleghi sottoscrivevano l’appello contro le correnti.
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