di Carblogger
Il futuro recente di Magneti Marelli, gioiello italiano del gruppo Fca, è lungo almeno due anni. Un giorno è in vendita, un altro giorno è da scorporo, un altro giorno tutti la vogliono ma poi non succede (ancora) nulla. Va così dal 3 agosto del 2016: quel giorno, una nota di Bloomberg spifferò di una trattativa di acquisto da parte del colosso del tech Samsung e il titolo Fca salì alle stelle, +7,45%. Magneti Marelli è una cosa che funziona bene e che è ben guidata: in passato ha lavorato tra i primi anche sulla guida autonoma, salvo poi vedersi tagliati gli investimenti necessari.
Da quel 3 agosto abbiamo attribuito a Marchionne l’intenzione di vendere Magneti Marelli per fare cassa e azzerare il debito di gruppo (obiettivo raggiunto nel giugno scorso però senza cessione), poi l’intenzione di scorporarla da Fca e mandarla separatamente in borsa a cercar fortuna. “Bisogna tenersela vicino in modo intelligente”, buttò lì Marchionne, giocando al gatto e al topo.
Con Samsung andò male: la trattativa fu aperta (pare) da John Elkann con Lee Jae Yong, nipote del numero uno del gruppo sudcoreano e dal 2012 con una poltrona nel cda di Exor, la cassaforte della famiglia Agnelli, e non fu chiusa (pare) da Marchionne. Se lo dissero (pare). In novembre Samsung si regalò invece Harman, spendendo otto miliardi di dollari invece dei tre (fino a cinque, per i più ottimisti) di cui si vociferava per Magneti Marelli.
Spiccioli: all’epoca, i coreani avevano in cassa 70 miliardi e in casa dei Galaxy Note 7 nuovi di zecca che inopinatamente esplodevano. Oggi Fca è in trattative per cedere Magneti Marelli al fondo di private equity Kkr ma, spiffera ancora Bloomberg, le parti sarebbero distanti per circa un miliardo: 6 miliardi di euro il valore secondo Fca a guida Mike Manley, 5 per il fondo. Si dice che in affari ci si incontri a metà strada se l’interesse è vero, ma chi lo sa.
Senza accordo, Fca potrebbe provare a chiedere più soldi per Magneti Marelli ad altri soggetti interessati, se è vero che esistono (come sostiene sempre Bloomberg). Meglio – forse – dell’altra opzione chissà se ancora sul tavolo, quella di scorporare il gioiello italiano, portarlo in borsa e trovare più valore con altri mezzi. Ma sui mercati finanziari l’aria che tira segna tempesta da dazi e guerre commerciali.
Come che finirà, una certezza: per giudicare le capacità di Manley, su Magneti Marelli sarà utilizzata l’identica lente usata fin qui per il più navigato Marchionne. Anche se per il nuovo ad di Fiat Chrysler è opera prima. Un affare da giudizi spietati.