Pesanti accuse alla proposta di legge del senatore leghista da parte di chi si occupa di diritti. Per il Movimento per l’Infanzia il testo introduce elementi di ricatto e "alimenta la cultura della sopraffazione e del trauma", mentre per i centri antiviolenza le donne "non si separeranno se devono poi correre il rischio di non vedere affidati a loro i minori"
“Un attentato ai diritti dei bambini e delle donne, che favorisce la violenza, gli abusi sessuali, la pedofilia e i maltrattamenti in famiglia. Una legge orribile, incivile, impresentabile, con un impianto parossistico e di un’impensabile rozzezza e inciviltà, che esporrebbe l’Italia alla pubblica derisione”. A definire così il disegno di legge 735/2018, a firma del senatore Simone Pillon (attualmente in Commissione Giustizia al Senato) è l’associazione nazionale Movimento per l’Infanzia, che “da vent’anni”, spiega l’avvocato Girolamo Andrea Coffari, che ne è presidente, “contrasta l’adultocentrismo e promuove i diritti dei bambini. Diritti che, abbiamo scoperto, non possono mai essere separati dalla tutela delle mamme”.
E proprio dal punto di vista della tutela dell’infanzia il Movimento attacca il progetto del senatore leghista. Si tratta infatti, si legge in un comunicato che è anche un appello pubblico al governo e alla classe politica, di una norma che “scoraggia le madri a denunciare, creando un clima ostile verso chi cerca di tutelarsi, e punisce i bambini che mostrano legittimo rifiuto verso il genitore maltrattante”. Se infatti è pacifico affermare che ostacolare il rapporto con l’altro genitore è una condotta dannosa che va fermata e punita, assurdo è, come fa il disegno di legge, “tradurre automaticamente i casi di rifiuto, in maniera pregiudiziale e automatica e anche in presenza di abusi e violenze, nel concetto perverso di alienazione parentale”. Una tesi “mai avallata dalla comunità scientifica, inventata da un personaggio controverso come Richard Gardner e oggi considerata spazzatura, utile solo per spacciare per alienazione, causata dalla manipolazione di presunte madri malvagie, casi di violenza in famiglia”. “C’è una certa sottigliezza in questo disegno di legge”, spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Girolamo Andrea Coffari, “bisogna prendersi del tempo per capire com’è davvero congegnata questa norma e per realizzare che è diretta verso il ripristino del potere autoritario nei confronti dell’infanzia e delle donne. Un vero tentativo di restaurazione, di portare indietro l’orologio a quando il padre padrone aveva potere sulle categorie sociali più deboli della famiglia”.
Se il bambino alienato finisce in struttura – Andando più nel dettaglio del disegno di legge, il Movimento denuncia come esso, in nome del diritto alla bigenitorialità, obbligherebbe – art. 12 II comma – i figli delle vittime di abusi e violenze a frequentare il genitore anche se condannato, disponendo tempi adeguati di frequentazione dei figli minori col genitore non affidatario (violento) e dunque “alimentando una cultura della sopraffazione e del trauma”. Inoltre, prevedrebbe, per i figli che rifiutano il genitore violento, il trattamento presso una struttura specializzata per rieducarli alla bigenitorialità (art. 18 III comma), “misure degne di uno stato di polizia”. “Laddove un bambino rifiuta un genitore abusante o perverso (nella maggioranza sono uomini, anche se la donna può essere complice e avere grandissime responsabilità) automaticamente, dice sempre Coffari, “diventa alienato, ovviamente dalla madre”. Ancora, il ddl 735/2018 obbliga il giudice, anche su richiesta di un solo genitore, a provvedere per l’affido materialmente condiviso, “dividendo in due la vita dei bambini di qualunque età e condizione”.
Inoltre, attraverso il diritto ai tempi paritetici di permanenza dei figli, “crea uno strumento di ricatto e ritorsione che aumenterà le separazioni giudiziali”, “spezzando in due le vite dei bambini e togliendo loro sicurezza e serenità”, mentre, inventandosi il mantenimento diretto, “istituto sconosciuto al mondo occidentale”, rischia di “aumentare in maniera esponenziale il conflitto anziché placarlo, obbligando i genitori ad una sfibrante e perenne opera di mediazione”. Infine, come sottolinea sempre Coffari, “mentre i giudici avevano fino ad oggi una grande discrezionalità rispetto ai singoli casi, se il ddl verrà approvato non avranno più questo potere, il che significa che negli anni di un eventuale processo per violenza il bambino sarà comunque costretto a vedere il padre anche 12 giorni al mese”. Perché – tra l’altro – il ddl dice che per limitare la frequentazione non è sufficiente la condanna per violenze o abusi (che richiede numerosi anni), ma è necessario un comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psicofisica del figlio minore. “Io non credo che questa misura passerà”, conclude il presidente del Movimento per l’Infanzia, “tra l’altro si ispira a principi profondamente anticostituzionali che ledono il diritto alla salute e all’integrità psicofisica del bambino. Ma chi l’ha proposta deve assumersi le sue responsabilità scientifiche e politiche. Rischia comunque di essere un vero e proprio boomerang”.
Perché le donne saranno costrette a non separarsi – L’altra, pesante, accusa mossa al contestato disegno di legge è il fatto che sia in aperto contrasto con la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2015). Ad esempio quando, come sottolinea sempre il Movimento per l’Infanzia, vuole imporre la mediazione familiare nelle separazioni altamente conflittuali, “contraddicendo le linee evolutive sulla tutela delle vittime adottate da tutti i paesi civili”. Ma a denunciare come la proposta vada in direzione opposta a Istanbul è anche D.i.Re, la principale rete che riunisce i centri antiviolenza in Italia, che oltre a chiedere richiesta di audizione in Commissione giustizia al Senato (insieme a Centro di Ascolto uomini Maltrattanti, Fondazione Pangea, Maschile Plurale, Telefono Rosa, Unione Donne in Italia) ha lanciato una manifestazione di piazza – il 10 novembre – e una petizione, che al momento ha oltre 60mila firme, per fermare “l’avanzare indisturbato di proposte di legge che, se approvate, favorirebbero inevitabilmente il persistere della violenza, in particolare quella intra familiare”. “Già oggi”, si legge ancora nella petizione, “le donne incontrano difficoltà enormi a denunciare le violenze subite, non sono credute, devono affrontare una pesante ri-vittimizzazione da parte di un sistema giuridico e sociale che ancora tende a spostare la responsabilità degli atti violenti sulla vittima del reato e colpevolizza in ogni caso le madri, accusate di inadeguatezza genitoriale. Inoltre la presenza di violenza rende sconsigliabile se non impraticabile sia la mediazione familiare che l’affidamento congiunto”.
Mantenimento abolito nel paese delle donne senza lavoro né strumenti di conciliazione – Spiega a ilfattoquotidiano.it Raffaella Paladino, presidente di Di.R.e: “Vorrei chiarire che non si tratta di una guerra ideologica contro i padri – noi non vogliamo fare in alcun modo la lotta agli uomini! – ma di protezione di donne e bambini. Inoltre crediamo che occorra contrastare un dispositivo normativo in cui tutto è coatto, in cui le persone scompaiono, così come i diritti e le responsabilità di tutti. È paradossale che questo governo che ha fatto campagna elettorale sulla sicurezza oggi mette a rischio donne e bambini italiani, perché – e questo è un altro è punto fondamentale – le donne non si separeranno se devono poi correre il rischio di non vedere affidati a loro i minori. Come non si separeranno se non hanno risorse, visto che si prevede incredibilmente il mantenimento diretto di ciascun genitore, senza più alcun assegno: sembra che questa legge parli di un altro paese, non del paese reale: come se le donne italiane non fossero casalinghe, disoccupate, licenziate, prive di elementari strumenti di conciliazione tra lavoro e famiglia. Citando Don Milani, io dico che non si possono fare parti uguali tra diseguali. E poi parliamoci chiaro: il disegno Pillon rispecchia gli interessi di un gruppi di uomini altoborghesi, frustrati dalla separazione, che si sono tolti la voglia di azzerare la Convenzione di Istanbul. Ma con noi ci sono il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia, ci sono i sindacati, il Coordinamento della Donne Acli, le camere penali, alcuni partiti, anche una parte di Forza Italia, proprio a dimostrazione, ripeto, che non si tratta di una battaglia ideologica contro gli uomini – al massimo si tratta di una battaglia politica – ma di una questione di diritti e libertà. E soprattutto di tutela di donne e bambini”.