Con questo post vorrei rispondere alla critica mossa da Diego Fusaro nei confronti dell’Erasmus e della generazione Erasmus lo scorso 27 giugno. La critica vedeva l’Erasmus come uno strumento di indottrinamento usato dai potenti della globalizzazione per addomesticare le masse al proprio volere di mobilità e flessibilità, delle merci così come delle persone “mercificate”.
Questo post non vuole entrare nel merito della globalizzazione e del capitalismo, che sicuramente stanno alla base di molti dei problemi che viviamo oggi, ma piuttosto concentrarsi sulla componente ideologica e culturale alla base della critica di Diego Fusaro, contro il “nomadismo” e la “cittadinanza globale”.
Fusaro argomenta sostenendo che la generazione Erasmus è quella dell’ “homo novus”: “cittadino del mondo (cioè privato di ogni cittadinanza), ovunque a casa (cioè privato di ogni fissa dimora), radicato ugualmente in ogni luogo (cioè privato di ogni radicamento), dotato di open mind (cioè privo di una propria identità culturale e, dunque, “aperto” a tutte quelle che il sistema del consumo vorrà imporgli)”.
Falso. Il “cittadino del mondo” della generazione Erasmus è anzitutto cittadino della propria nazione. Il confronto culturale che si vive all’estero parte proprio dal riconoscimento della propria identità e cultura, punto di partenza senza il quale un confronto non sarebbe proprio possibile.
Si tratta di un confronto importante, perché mentre ci fa conoscere gli usi e costumi degli altri, ci apre gli occhi rispetto ai nostri. Improvvisamente, notiamo aspetti della nostra cultura fino a quel momento passati inosservati o dati per scontato, mentre diventiamo più consapevoli dei limiti e dei pregi della cultura nostra e degli altri.
Io stessa durante le mie esperienze di mobilità all’estero ho scoperto un senso di identità e di appartenenza alla mia nazione mai provato prima. L’Italia da cui mi ero allontanata perché “terra di furbi e cialtroni”, dal grande passato e dal misero presente, diventò improvvisamente la terra più bella del mondo, da ammirare per la sua arte e la sua gente.
Da allora la mia concezione dell’Italia, nonostante i suoi enormi problemi, è cambiata radicalmente e l’amore che provo per lei è ciò che mi porterà a viaggiare ancora, per diffondere anche all’estero tutto ciò che di bello l’Italia è e ha da offrire. È all’estero che ho riscoperto la mia identità nazionale e culturale. È nel momento in cui mi sono allontanata dalla mia casa che l’ho riconosciuta.
Quindi no, non siamo “senza cittadinanza”, “sradicati” o “senza dimora”, né tantomeno “privi di identità culturale”. Semmai è il contrario: la nostra cittadinanza è più ampia, la nostra dimora è la casa a cui torniamo, la nostra identità culturale è più consapevole, e le nostre radici sono più solide e profonde, tanto da permettere ai nostri rami di espandersi al di là della recinzione del nostro giardino.
La nostra conquista più grande sta proprio nel fatto che questa nostra consapevolezza culturale, anziché chiuderci e dividerci, ci apre agli altri e ci unisce nella ricerca dell’apprendimento continuo e reciproco, con la speranza che un giorno la cooperazione sconfigga la competizione. E’ per questo che ci sentiamo europei e crediamo nella mobilità internazionale.
L’Erasmus non è solo feste e divertimento, come si insinua nel post di Fusaro, ma è un programma per studenti, lavoratori e volontari che dà la possibilità di capire come si vive, studia o lavora in un altro paese, perché dal confronto si può imparare e migliorarsi a vicenda.
L’Erasmus è certamente un programma politico oltre che accademico, ed è sicuramente un programma imperfetto, ma la critica del dott. Fusaro a mio parere fraintende ciò che l’Erasmus è e vuole essere per i giovani e per l’Europa. Si tratta di un’iniziativa politica con del potenziale incredibilmente positivo, che, purtroppo, oggi ha ancora il limite di poter essere compreso solo da chi l’ha vissuto in prima persona.
Scambieuropei
Associazione no profit
Società - 21 Settembre 2018
Noi studenti Erasmus non siamo ‘sradicati’. Ma più consapevoli delle nostre radici
Con questo post vorrei rispondere alla critica mossa da Diego Fusaro nei confronti dell’Erasmus e della generazione Erasmus lo scorso 27 giugno. La critica vedeva l’Erasmus come uno strumento di indottrinamento usato dai potenti della globalizzazione per addomesticare le masse al proprio volere di mobilità e flessibilità, delle merci così come delle persone “mercificate”.
Questo post non vuole entrare nel merito della globalizzazione e del capitalismo, che sicuramente stanno alla base di molti dei problemi che viviamo oggi, ma piuttosto concentrarsi sulla componente ideologica e culturale alla base della critica di Diego Fusaro, contro il “nomadismo” e la “cittadinanza globale”.
Fusaro argomenta sostenendo che la generazione Erasmus è quella dell’ “homo novus”: “cittadino del mondo (cioè privato di ogni cittadinanza), ovunque a casa (cioè privato di ogni fissa dimora), radicato ugualmente in ogni luogo (cioè privato di ogni radicamento), dotato di open mind (cioè privo di una propria identità culturale e, dunque, “aperto” a tutte quelle che il sistema del consumo vorrà imporgli)”.
Falso. Il “cittadino del mondo” della generazione Erasmus è anzitutto cittadino della propria nazione. Il confronto culturale che si vive all’estero parte proprio dal riconoscimento della propria identità e cultura, punto di partenza senza il quale un confronto non sarebbe proprio possibile.
Si tratta di un confronto importante, perché mentre ci fa conoscere gli usi e costumi degli altri, ci apre gli occhi rispetto ai nostri. Improvvisamente, notiamo aspetti della nostra cultura fino a quel momento passati inosservati o dati per scontato, mentre diventiamo più consapevoli dei limiti e dei pregi della cultura nostra e degli altri.
Io stessa durante le mie esperienze di mobilità all’estero ho scoperto un senso di identità e di appartenenza alla mia nazione mai provato prima. L’Italia da cui mi ero allontanata perché “terra di furbi e cialtroni”, dal grande passato e dal misero presente, diventò improvvisamente la terra più bella del mondo, da ammirare per la sua arte e la sua gente.
Da allora la mia concezione dell’Italia, nonostante i suoi enormi problemi, è cambiata radicalmente e l’amore che provo per lei è ciò che mi porterà a viaggiare ancora, per diffondere anche all’estero tutto ciò che di bello l’Italia è e ha da offrire. È all’estero che ho riscoperto la mia identità nazionale e culturale. È nel momento in cui mi sono allontanata dalla mia casa che l’ho riconosciuta.
Quindi no, non siamo “senza cittadinanza”, “sradicati” o “senza dimora”, né tantomeno “privi di identità culturale”. Semmai è il contrario: la nostra cittadinanza è più ampia, la nostra dimora è la casa a cui torniamo, la nostra identità culturale è più consapevole, e le nostre radici sono più solide e profonde, tanto da permettere ai nostri rami di espandersi al di là della recinzione del nostro giardino.
La nostra conquista più grande sta proprio nel fatto che questa nostra consapevolezza culturale, anziché chiuderci e dividerci, ci apre agli altri e ci unisce nella ricerca dell’apprendimento continuo e reciproco, con la speranza che un giorno la cooperazione sconfigga la competizione. E’ per questo che ci sentiamo europei e crediamo nella mobilità internazionale.
L’Erasmus non è solo feste e divertimento, come si insinua nel post di Fusaro, ma è un programma per studenti, lavoratori e volontari che dà la possibilità di capire come si vive, studia o lavora in un altro paese, perché dal confronto si può imparare e migliorarsi a vicenda.
L’Erasmus è certamente un programma politico oltre che accademico, ed è sicuramente un programma imperfetto, ma la critica del dott. Fusaro a mio parere fraintende ciò che l’Erasmus è e vuole essere per i giovani e per l’Europa. Si tratta di un’iniziativa politica con del potenziale incredibilmente positivo, che, purtroppo, oggi ha ancora il limite di poter essere compreso solo da chi l’ha vissuto in prima persona.
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Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Al referendum sul Jobs act voterò sì, ma non abbiamo chiesto abiure a nessuno rispetto al passato". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Io candidata premier? C'è tempo, intanto costruiamo la coalizione e il progetto condiviso per l'Italia". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Sembra che parliamo di cose astratte o di fantasie ma le alleanze le abbiamo già fatte e abbiamo vinto due elezioni in Regioni in cui governava la destra, costruendo una coalizione attorno a un programma di cose concrete". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita, a proposito del centrosinistra.
"Sento anche io questo ritornello dell'opposizione che manca, ma non tiriamoci più sfiga di quella che c'è. Lavoriamo per unire le opposizioni su cose concrete. In Parlamento sono più le cose che votiamo insieme di quelle che su cui dividiamo", ha spiegato la leader del Pd.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Io continuo a insistere, sono testardamente unitaria, ce lo chiede la gente. Rispetto il dibattito di questi giorni, l'aspetto positivo è che siamo tutti d'accordo sul fatto che non può andare come l'altra volta. Ma prima degli accori tattici ho una ambizione più alta, unire su una prospettiva comune l'Italia che vuole mandare a casa la destra". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita sul dibattito innescato dalle parole di Dario Franceschini.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "L'attacco giudiziario è un altro modo di Giorgia Meloni di spostare l'attenzione dall'economia che è ferma, dalla produzione industriale che cala da 20 mesi, dai salari che calano. Cosa sale, mentre la Meloni cerca di farci parlare d'altro? Le accise, le liste d'attesa, le bollette". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita parlando del caso Almasri.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Una vergogna, dichiaravano guerra ai trafficanti in tutto il globo terracqueo, hanno fatto il rimpatrio più veloce della storia d'Italia. Meloni deve riferire in aula, si fa vedere solo suo social. La devono smettere di scappare, devono spiegare". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita sul caso Almasri.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Stupiscono le critiche superficiali alle dichiarazioni dell’onorevole Giovanni Donzelli. Le polemiche che imperversano non aiutano la coalizione anche se capisco sono frutto della passione e la gratitudine verso il grande leader che è stato Berlusconi". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, coordinatore della Direzione nazionale di Fratelli d'Italia.
"Le dichiarazioni di Donzelli invece sono un'analisi elettorale, perché la figura di Berlusconi non è in discussione per nessuno di noi in Fdi; molti hanno militato nel Pdl e molti provengono da Forza Italia. Egli ha conquistato un posto nella storia, è stato il leader della coalizione e ognuno di noi è riconoscente alla sua opera e alla sua azione", ha continuato Cirielli.
"Donzelli ha fatto solo un esame quantitativo. Prima della discesa in campo di Berlusconi nelle comunali del 1993 di Napoli e Roma, il MSI aveva raccolto oltre il 30%; con la discesa in campo di Forza Italia nel 1994 - pochi mesi dopo - il Msi scese al 13.5% -precisa Cirielli-. Se questa è storia, è altrettanto un fatto storico che grazie a Berlusconi nacque la Destra di Governo. La coalizione che seppe mettere in campo e che solo lui poteva creare ancora oggi, con la guida di Giorgia Meloni, è protagonista. Di questo gli saremo grati per sempre".