In Cina hanno sviluppato una pelle artificiale così sensibile che può rilevare persino il tocco di un’antenna di una formica. Gli scienziati dell’Accademia delle Scienze di Ningbo, coordinati da Run-Wei Li, hanno così stabilito una nuova frontiera negli studi sulle protesi – applicabile eventualmente anche a futuri robot umanoidi.

Un risultato strabiliante dovuto a nuovi sensori tattili integrati nel materiale, capaci di percepire stimoli piccolissimi come il vento o una goccia d’acqua. O appunto la presenza di una formica dal muoversi delle sue antenne – vien da sé che rilevano più facilmente l’insetto se si sta spostando.

Numericamente parliamo di una sensibilità pari a 120 newton-1 con un limite di 10 micronewton e un carico minimo di 50 micronewton. In sintesi è una pelle più sensibile di quella umana. Run-Wei Li e i suoi colleghi lo hanno reso possibile usando la GMI (Giant magnetoimpedance), un effetto fisico che descrive la variazione di impedenza in un materiale soggetto a campi magnetici.

Il sensore è infatti composto da una membrana polimerica che include particelle magnetiche in superficie e un sensore magnetico all’interno, realizzato con materiali particolari. A una pressione dall’esterno le particelle si avvicinano al sensore, il flusso magnetico aumenta e diminuisce l’impedenza magnetica. Parallelamente, un altro circuito rileva le variazioni e genera un segnale elettrico utilizzabile in un modo abbastanza simile a ciò che fa il nostro sistema nervoso. Abbastanza da rendere concreta l’ipotesi di un collegamento tra il sensore e il sistema nervoso.

I ricercatori ritengono che questa pelle sintetica potrebbe subito trovare un’applicazione nelle protesi. Si potrebbe usare per esempio nella realizzazione di una mano sintetica dotata di un tatto evoluto, almeno in parte simile a quello reale. Lo studio di Run-Wei Li si aggiunge a molti altri incentrati allo sviluppo di protesi sempre più avanzate e realistiche. Protesi che, nei prossimi decenni, potrebbero cambiare profondamente questa parte della medicina, e a lungo termine persino influenzare l’idea che abbiamo del corpo umano.

Ancora più semplice, forse, l’applicazione di questa pelle nel campo della robotica – dove comprensibilmente non ci si preoccupa di eventuali effetti collaterali sul paziente. Un robot dotato di questi sensori potrebbe rispondere in modo più preciso e puntuale all’ambiente circostante e agli stimoli fisici. Si ritiene che i futuri robot dovranno appunto essere in grado di “sentire” l’ambiente per riuscire a svolgere le proprie mansioni al meglio, e ricerche come questa vanno proprio in tale direzione.

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