Incontro a porte chiuse e senza pubblicità organizzato dal primo cittadino Giorgio Del Ghingaro a poche settimane dall'inizio dell'appello per la strage che provocò 32 vittime. Al tavolo anche Anci, Regione Toscana e Protezione Civile. Non invitati i familiari delle vittime. L'associazione Il Mondo che Vorrei contro il sindaco: "Come si può interloquire con Rfi condannata in primo grado senza pensare all’offesa e all’umiliazione che questo gesto avrebbe comportato?"
Un incontro a porte chiuse, organizzato senza pubblicità, si è tenuto mercoledì, a Viareggio, tra il sindaco Giorgio Del Ghingaro e due rappresentanti di Rete Ferroviaria Italiana, una delle aziende condannate in primo grado dal Tribunale di Lucca per il disastro ferroviario del 29 giugno 2009, quando un treno carico di gpl deragliò all’altezza della stazione, e la fuoriuscita di gas causò un incendio esplosivo che investì strade e case, uccidendo 32 abitanti – tre dei quali sotto i 4 anni – e ferendone altri in modo gravissimo. “Si poteva evitare”, hanno scritto i giudici nelle 1300 pagine di motivazione della sentenza, in cui si legge pure che società coinvolte nel processo hanno “ottenuto vantaggi consistenti nel risparmio economico derivato dalla omissione di interventi di carattere tecnico”. Se la sentenza diventerà definitiva, Rfi dovrà pagare 700mila euro di sanzione e avrà la misura accessoria di non poter fare pubblicità. Basterebbe questo, per Il Mondo che Vorrei, l’associazione dei familiari delle vittime, per non volere in città l’azienda. Se poi si aggiunge il fatto che Rfi nel 2011 ha licenziato – giustamente, secondo la Cassazione – un ferroviere viareggino, Riccardo Antonini, 66 anni, a un anno dalla pensione, per “infedeltà” perché faceva da consulente ai familiari delle vittime, il quadro della battaglia in corso è completo.
Tutti presenti. E Ansf, che non si dice competente
Il primo cittadino ha tenuto fede al suo annuncio di voler avviare a Viareggio un Osservatorio istituzionale per la Sicurezza Ferroviaria e ha riunito, intorno a un tavolo, oltre a Paola Firmi, direzione tecnica di Rfi, e Valerio Giovine, responsabile dei servizi per la circolazione della direzione produzione di Rfi, anche delegati della Regione Toscana, dell’Anci nazionale e regionale e della Protezione Civile. Invitati pure il ministero dei Trasporti, che però non ha risposto, e l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria, che non ha “ravvisato ambiti di competenza”, declinando l’invito pochi giorni dopo l’annuncio del ministro Danilo Toninelli dell’assorbimento di Ansf in un’unica Agenzia Nazionale per la sicurezza delle Infrastrutture, che si occuperà pure di autostrade. Nessun invito, invece, è pervenuto ai familiari delle vittime, da anni in prima linea per la sicurezza ferroviaria. Ilfattoquotidiano.it ha provato a contattare il sindaco telefonicamente, senza successo, per chiedere i motivi di questa scelta.
Familiari delle vittime: “Offesi e umiliati”
“Come si può interloquire con Rfi condannata in primo grado senza pensare all’offesa e all’umiliazione che questo gesto avrebbe comportato per i familiari delle vittime e per i cittadini di Viareggio? Come si può parlare di sicurezza con un solo interlocutore? Oltremodo condannato proprio per “negligenza, imperizia e incuria” per non aver applicato norme basilari sulla sicurezza causando la morte di 32 persone? Come si può pensare ad un osservatorio con chi non ha ancora provveduto a rimediare alle proprie responsabilità su Viareggio?”, si chiede Il Mondo che vorrei. “Per rendersi conto di ciò, se non sono state sufficienti le 1200 pagine di una sentenza, basterebbe analizzare quanti incidenti ferroviari sono accaduti dal 2009 ad oggi. Basterebbe ricordarsi cosa è successo il 25 gennaio a Pioltello (3 morti e molti feriti). Basterebbe leggere la nota Ansf che ancora a giugno 2018 afferma che devono “essere riesaminati i processi di controllo e verifica di efficacia della manutenzione dell’infrastruttura (Rfi) e dei veicoli ferroviari (Trenitalia)”, continua l’associazione, presieduta da Marco Piagentini, 48 anni. Nella strage di 9 anni fa, l’uomo rimase ustionato sul 98 per cento del corpo e perse la moglie Stefania Maccioni, 39 anni, e due dei loro tre figli, Luca, 4 anni, e Lorenzo, 2, mentre Leonardo, allora 8 anni, rimase sepolto per 4 ore sotto le macerie della propria casa, protetto da un materasso. Il 13 novembre, quando inizierà il processo di appello a Firenze, i reati di incendio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime saranno dichiarati prescritti.
Le misure richieste dai familiari delle vittime
Per i familiari, le condizioni necessarie per iniziare un dialogo con Rfi sono sette. Tra queste, il reintegro del ferroviere Riccardo Antonini e la rinuncia, da parte di Rfi, alla prescrizione, “per essere giudicata da un Tribunale dello Stato Italiano accertando tutta la verità sulla strage di Viareggio”; la valutazione del rischio, assente per il Tribunale di Lucca, nel trasporto di merci pericolose per i centri abitati; l’adozione del dispositivo anti deragliamento sui vagoni, per limitare i danni quando i treni escono dai binari; infine, lo scambio di informazioni tra vigili del fuoco, Protezione Civile e gestori ferroviari, per sapere quali merci pericolose transitano per la città, ed essere pronti a intervenire in caso di incidente.