Sono più di sette milioni gli alunni e studenti che dovrebbero tornare sui banchi di scuola in Venezuela tra il 18 settembre e 1 ottobre. Ma, se le cose andranno come lo scorso anno scolastico, è possibile che molti non lo facciano, per via della crisi e del massiccio esodo migratorio dei venezuelani verso i paesi latinoamericani vicini. Secondo l’Associazione nazionale degli istituti di istruzione privata, nell’ultimo anno più della metà del personale delle loro scuole si è dimesso, mentre il 40 per cento degli alunni ha abbandonato le aule. Tre quarti di loro perché hanno lasciato il paese, il resto perché si è iscritto alle scuole pubbliche, poiché le loro famiglie non possono più far fronte al pagamento della retta.

Il ministro dell’Educazione, Aristóbulo Istúriz, ha segnalato che quest’anno ci sarà un aumento del16,37 per cento degli studenti rispetto all’anno scorso, confermando l’esodo di iscritti dagli istituti privati a quelli pubblici, e accusando i primi dell’aumento delle tasse e della retta, come parte della cosiddetta “guerra economica” portata avanti da Stati Uniti e opposizione venezuelana per far cadere il governo di Nicolas Maduro.

Nelle scuole pubbliche il governo fornirà quest’anno agli studenti 5 milioni di uniformi, 7 milioni di scarpe, penne, astucci, colori, quaderni e 693mila libri di testo. Tutte spese che molte famiglie fanno ora fatica ad affrontare. Gli stessi docenti, intervistati dalla stampa locale, hanno detto che lo scorso anno molti ragazzi hanno smesso di andare a scuola a metà anno, alcuni per cercare con le loro famiglie miglior fortuna in altri Paesi, e altri per essersi trasferiti alle scuole pubbliche, dove gli assicurano una merenda. Il cibo è stata infatti una delle principali ragioni alla base delle assenze: molti genitori infatti sceglievano di non mandare i figli a scuola se non potevano dargli la colazione.

Secondo i dati dell’ultima indagine sulle condizioni di vita (Encovi 2017), condotta dall’Università centrale del Venezuela, Cattolica Andrés Bello e Simon Bolivar, circa 2,8 milioni di studenti sono stati assenti nei mesi scorsi. Di questi, il 19 per cento per problemi con la fornitura d’acqua, l’11 per cento per black out nella comunità e il 12 percento per mancanza di cibo a casa, cifra quest’ultima che aumenta negli strati più poveri. Molte volte, nelle prime ore di lezione, ha raccontato a Bbc Mundo Dayana Rodriguez, della scuola elementare gesuita Andy Aparicio di un quartiere umile di Caracas, “alcuni mi dicevano di sentirsi male e diventavano pallidi. A volte noi professori gli abbiamo dato la nostra colazione, perché non possiamo avere bambini senza niente nello stomaco. Si alzano alle 6 del mattino e la colazione a scuola è alle 9.30, sono molte ore. A volte non avevano niente, neanche un po’ di latte. Per questo gli chiedevamo subito se avevano mangiato. Ho avuto alunni che non sono venuti a scuola per un mese per la mancanza di cibo”.

A disertare le aule scolastiche non sono stati solo gli studenti, ma anche i professori. Tanti hanno scelto di emigrare in altri paesi, come Ecuador e Colombia, con tutta la famiglia. “Assenze che obbligano le scuole a chiedere ai genitori di fare da supplenti – ha spiegato al quotidiano La Razon Olga Ramos,dell’Osservatorio Educativo del Venezuela – compromettendo la qualità dell’istruzione”. Secondo l’Onu, più di 2,3 milioni di venezuelani sono emigrati. Molti però non lo fanno, perché “ancora sperano – conclude Dayana Rodriguez – e non hanno le risorse per andarsene. Altrimenti credo che molte più persone lo avrebbero fatto”.

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