“Leggere per capire meglio #ReferendumCostituzionale #in spiaggia”. Il messaggio via Twitter è accompagnato da una foto per suggerire una lettura sotto l’ombrellone: “Aggiornare la Costituzione” di Guido Crainz e Carlo Fusaro. Il volume, secondo Repubblica, è un pacato sì al Referendum costituzionale che sarà sottoposto al voto il 4 dicembre 2016 con la promessa (mai mantenuta) di Matteo Renzi di uscire dalla scena politica in caso di sconfitta. In quel tweet non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che a firmarlo il 23 luglio 2016 è Riccardo Capecchi, nominato quattro mesi prima segretario generale dell’Agcom, cioè dell’autorità chiamata a vigilare sulla par condicio in tempi di elezioni.
A testimonianza del suo sostegno alla campagna referendaria per il Sì, lo stesso giorno il segretario dell’Agcom prende anche parte a un evento al Circolo del Tennis dell’Eur dove Maria Elena Boschi spiega la ragioni della riforma. Al referendum costituzionale manca ancora molto, ma il punto è che Capecchi, ex tesoriere dell’associazione Vedrò di Enrico Letta, continuerà a fare campagna elettorale anche in seguito: il primo dicembre, a pochi giorni dal voto, il segretario dell’Agcom ritwitta #iovotosi dell’allora sottosegretario con delega all’informazione e ai media del governo Renzi, Luca Lotti, che precisa come “ogni voto è importante”.
Un caso isolato? Secondo il senatore 5Stelle Elio Lannutti no. Come riferisce un’interrogazione datata 17 luglio 2018, Capecchi “anche dopo essere stato nominato segretario generale ha continuato a fare propaganda per il PD e tutte le sue iniziative politiche, sia attraverso i social network, sia con la partecipazione a convegni e manifestazioni organizzate solo dal PD”. Ed, in effetti, sfogliando il profilo twitter di Capecchi è evidente il sostegno al governo Renzi prima e Gentiloni poi. Per Lannutti si tratta di un fatto grave considerato non solo il ruolo istituzionale, ma anche il fatto che, secondo il senatore 5Stelle, l’incarico a Capecchi è stato affidato durante il governo Pd di Renzi senza che l’Agcom andasse troppo per il sottile su requisiti e incompatibilità.
Nel dettaglio, secondo la ricostruzione del senatore pentastellato, al momento della nomina Capecchi non aveva l’anzianità professionale richiesta dal ruolo e sarebbe anche stato incompatibile perché titolare di un altro incarico. Secondo quanto riferisce Lannutti nell’interrogazione del 17 luglio, “sulla base della corretta ricostruzione dell’anzianità di servizio (…) all’atto della nomina a segretario generale sotto l’egida del Governo PD e di Enrico Letta, del quale è stato anche mero tesoriere della sua fondazione politica PD Vedrò, Capecchi non avesse i requisiti di anzianità minima di 8 anni quale alto dirigente di imprese e organismi pubblici o privati prevista”. In particolare, “nel corso del periodo di servizio prestato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri Capecchi era stato assunto con contratto a termine nella qualifica di funzionario e non di dirigente generale come invece sostenuto nel suo curriculum (e come richiedeva l’incarico, ndr). Ancor più discutibile è il periodo di servizio prestato dal 2015-2016 in qualità di presidente del “Consorzio Drive” – prosegue il documento -, incarico questo che non si può di certo inquadrare quale <alto dirigente di imprese e organismi pubblici o privati> previsto dal regolamento Agcom”.
Inoltre, quanto all’incompatibilità, “da una recente visura effettuata presso la competente Camera di commercio di Brescia dal M5S, il dottor Capecchi risulta essere attualmente ancora il presidente operativo in carica del “Consorzio Drive”, in palese violazione del citato art. 2, comma 31, della legge n. 481 del 1995” prosegue il documento. Un consorzio che peraltro si occupa di intermediazione in servizi di telecomunicazioni e trasmissione dati. “Pertanto, oltre alla violazione della legge n. 481 del 1995 si prefigura anche la violazione della vigente normativa in materia di “Anticorruzione” e conflitto di interessi”, scrive Lannutti che ha svolto una verifica su requisiti e incompatibilità di Capecchi al pari di quanto avrebbe dovuto fare Agcom al momento dell’assunzione. Non a caso la questione sta agitando il personale interno che, in una nota sindacale interna datata 30 luglio, ha contestato il segretario generale.
Ma c’è di più: in Agcom, la questione Capecchi non sarebbe un un caso isolato perché sarebbe avvenuta in circostanze analoghe l’assunzione di David Nebiolo, attualmente capo dell’ufficio di comunicazione dell’autorità. Anche in questo caso, come rivela un’interrogazione dello scorso 26 giugno a firma sempre del senatore 5 Stelle Lannutti e del collega Alberto Airola l’“Agcom non avrebbe esercitato le dovute operazioni di controllo”. Se lo avesse fatto, avrebbe scoperto che Nebiolo ricopriva incarichi diversi nonostante espressamente vietato dalla legge 249 del 1997 che ha istituito l’Autorità. E per questa ragione rischierebbe sanzioni “pari, nel minimo, a 5 milioni di lire, e, nel massimo, alla maggior somma tra 50 milioni di lire e l’importo del corrispettivo percepito”, come ricorda il documento. Nel dettaglio, “il dottor Nebiolo, sin dal momento della candidatura, era, oltre che socio, anche amministratore unico di Nest, una società commerciale che gestiva l’omonimo noto ristorante sito nel centro storico di Roma – spiega l’interrogazione -. Inoltre Nebiolo – la cui nomina è messa in discussione da un ricorso che da tre anni attende la decisione del Tar del Lazio – risultava essere anche “liquidatore” di un’altra società di capitali, la PNR Comunicazione Srl in liquidazione. Si tratta di società che esercita attività verosimilmente regolata da Agcom e per questo incompatibile con l’assunzione di ruoli dirigenziali nell’Autorità”. A questo si aggiunge poi che “lo svolgimento di attività d’impresa rendeva incompatibile l’esercizio della professione giornalistica (..). E quindi determinava il venir meno di una condizione sostanziale per la partecipazione al concorso, cioè l’iscrizione all’albo dei giornalisti professionisti”, puntualizza l’interrogazione del 26 giugno. Ma né la direzione delle risorse umane né il consiglio hanno mosso alcun rilievo alla nomina di Nebiolo esattamente come accaduto per l’incarico affidato al segretario generale.
Peraltro, secondo i 5 Stelle, i casi di Nebiolo e Capecchi sarebbero solo le punte dell’iceberg di una gestione Agcom caratterizzata da assunzioni senza controlli su requisiti e incompatibilità, conflitti d’interesse, aspettative ingiustificate e assegnazioni di incarichi di consulenza senza il via libera della struttura organizzativa. Violazioni che emergono dal quadro di tre interrogazioni del senatore pentastellato secondo cui l’autorità guidata da Angelo Cardani “avrebbe concesso ripetutamente a diversi dirigenti di ruolo dell’Autorità un periodo di aspettativa finalizzato all’espletamento di incarichi diversi da quelli previsti dalla normativa”, come si legge nell’interrogazione del 19 giugno scorso. Inoltre “l’autorità, nonostante la disponibilità di qualificato personale interno, anche iscritto all’ordine dei giornalisti professionisti, e di uno specifico servizio studi, avrebbe di recente attribuito un’attività di consulenza al dottor Edoardo Segantini (presidente di Commissione nella selezione di Nebiolo, ndr) per la predisposizione di due volumi di una collana dedicata alla divulgazione al pubblico di contenuti realizzati e curati dall’Agcom – prosegue il documento – La richiesta di attribuire la predetta consulenza sarebbe stata formulata direttamente al consiglio dall’attuale capo di gabinetto, dottoressa Annalisa D’Orazio, senza passare per la competente struttura organizzativa”.
Di qui la richiesta di Lannutti al governo di intervenire “per quanto di competenza e nei limiti delle prerogative conferitele dalla legge, misure finalizzate a salvaguardare i principi di trasparenza, correttezza e legalità”, conclude l’interrogazione del 26 giugno scorso, invitando il governo ad attuare “misure urgenti (…) per restituire trasparenza, correttezza e legalità, oltre ad una gestione più accorta ed oculata del pubblico denaro, alle Autorità indipendenti”. Tanto più che si tratta di un’autorità che ha un ruolo centrale non solo nella vigilanza sulla par condicio, ma anche nello sviluppo di media, telecomunicazioni e web come testimoniano recenti polemiche sull’indagine relativa alle modalità di rilevazione Audiweb avviata da Agcom.
Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione di Riccardo Capecchi
Il Fatto quotidiano on line riporta notizie su di me destituite di ogni fondamento. Le accuse mosse, peraltro, riprendono in larga misura i contenuti espressi in una interrogazione parlamentare fatta dal senatore M5S, Elio Lannutti, lo scorso luglio. Accuse gravi per le quali ho provveduto a querelare per calunnia lo stesso Lannutti.
L’articolo afferma che, al momento della designazione, non possedevo i requisiti per essere nominato segretario generale dell’Agcom. È falso. I requisiti sono stati puntualmente verificati dall’Autorità e considerati ineccepibili.
L’articolo afferma il falso anche a proposito del mio status alla Presidenza del Consiglio nel periodo 2006-2007 . Non ero inquadrato come funzionario – come anche Lannutti ha impropriamente affermato – ma come dirigente di prima fascia, di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio dei ministri (all’epoca Romano Prodi), dunque a termine.
Nell’articolo si afferma doppiamente il falso anche in relazione a supposte attività incompatibili con il mio ruolo riferibili al “Consorzio Drive”. In primo luogo perché si trattava di un soggetto attivo nel settore delle ricariche elettriche: ambito, dunque, estraneo alle competenze AgCom; secondariamente, perché le mie dimissioni sono state presentate prima dell’assunzione in Autorità; in terzo luogo perché il Consorzio non opera più dall’inizio del 2016.
Nell’articolo si fa riferimenti a 3 tweet “politici” sul mio profilo ufficiale. Uno suggerisce la lettura di un libro in spiaggia, il secondo plaude ad un buon risultato del governo e del Paese nell’organizzazione di un vertice internazionale, il terzo è il rilancio di un tw che esorta ad esprimere il proprio voto a una consultazione referendaria costituzionalmente rilevante. Ammesso e non concesso che si tratti di attività di propaganda politica, ricordo un principio basilare: il diritto di espressione è tutelato costituzionalmente. Chi come me utilizza i social lo fa a titolo personale e questa modalità di espressione è pienamente compatibile con la legge e con le previsioni del Codice etico dell’Autorità.
L’articolo fa riferimento alla nomina di David Nebiolo e adombra dispetti sul punto. Si è trattato dell’esito di un concorso regolare e trasparente. Non a caso, il relativo ricorso al Tar è stato respinto.
Riguardo infine alla nomina di Edoardo Segantini, cui accenna il pezzo, faccio notare che il suo incarico per coordinare alcune pubblicazioni dell’Autorità è stato oggetto di Delibera del Consiglio e regolarmente pubblicata sul sito della medesima, con la trasparenza che è data a tutti gli atti dell’istituzione.
La nostra risposta
Ringraziamo il dottor Capecchi per le sue precisazioni in merito all’interrogazione parlamentare che è un atto pubblico e rappresenta una fonte per il giornalismo. Lo sono anche le visure camerali. Da quella effettuata il 12 luglio 2018 alla Camera di Commercio di Brescia, il Consorzio Drive, ufficialmente ancora attivo, è indicato nella classificazione ATECORI 2007 come attività di “intermediazione in servizi di telecomunicazione e trasmissione dati” con “importanza: prevalente svolta dall’impresa”. Nel dettaglio, si parla di ricariche elettriche, ma anche di un impegno per sviluppare la mobilità sostenibile, ovvero un segmento legato a doppio filo con le applicazioni telecom nel campo dei trasporti. Sulla nomina di David Nebiolo, ai vertici dell’ufficio stampa, rileviamo che il Tar dovrà esprimersi nel merito, tenendo conto dell’incompatibilità dell’attività di ristoratore (anche questa risultante da visura camerale) con quella della professione giornalistica. Infine sulla consulenza affidata al giornalista Edoardo Segantini, attendiamo presto di vedere l’elenco di tutti gli incarichi assegnati a terzi sul sito dell’autorità a garanzia della massima trasparenza della “casa di vetro” Agcom, come ha voluto ribattezzarla tempo fa il presidente Angelo Cardani.
Cordialmente
Costanza Iotti
L’ulteriore precisazione di Riccardo Capecchi
Per meglio chiarire all’autrice, riguardo al consorzio Drive le mie dimissioni (di cui vi mando copia) risalgono al marzo 2016. Quando ho saputo a luglio (grazie alla solerzia investigativa di chi ha cercato in ogni modo peli e e peluzzi nel mio armadio) di quanto riportato dalla Camera di Commercio di Brescia, ho più volte ho sollecitato i responsabili della necessità di aggiornare la visura che serve ad informare gli interessati (tipicamente chi instaura rapporti economico finanziari con la società), ma ciò che conta sono gli atti formali (ovvero l’esercito effettivo di cariche sociali che sono appunto cessate da anni). Riguardo poi alle classificazioni statistiche come la ateco, anche qui, per la legge, contano gli statuti e quello che si fa realmente e il Consorzio Drive (che non opera da anni) voleva sviluppare le ricariche elettriche. tema di cui nel caso si occupa ARERA, autorità per l’energia non Agcom.