“La serie televisiva su Pablo Escobar? Ha utilizzato la sua storia in modo irresponsabile”. Parola di Juan Pablo Escobar, il figlio del più celebre narcotrafficante della storia. Che ha ripudiato la figura paterna e adesso attacca Narcos, la serie di Netflix che ha rilanciato la figura del suo genitore negli ultimi tempi. “L’ibristofilia in psicologia rappresenta l’attrazione che le persone tendono a nutrire nei confronti di delinquenti, e dal mio punto di vista credo che i produttori televisivi abbiano saputo sfruttare al meglio questo concetto. Cercando di creare un alone di attrazione attorno alla figura fatale di mio padre, raccontando storie caratterizzate esclusivamente dalla violenza. Mio padre ha sfidato la democrazia e un intero paese e questo ha fatto si che la sua figura attraesse molte persone. Quando si guardano le serie tv, soprattutto i giovani si sentono attratti dall’immagine di Pablo Escobar e vorrebbero ripetere le sue azioni, chi legge i miei libri non si sente di ripetere nessuna di quelle azioni. La sua storia è stata utilizzata spesso in modo irresponsabile”, ha detto Escobar junior intervistato dalla trasmissione Caterpillar, su Rai Radio 2, da Massimo Cirri e Sara Zambotti.
“Netflix ritiene che mio padre fosse tifoso dell’Atletico Nazionale di Medeiguin in realtà era tifoso della squadra contraria. Questo dimostra con quale leggerezza siano stati trattati i fatti. Mia madre non ha mai preso in mano un’arma né avuto atteggiamenti violenti, la serie su Netflix dimostra quanto siano stati mistificati fatti e personaggi”, ha continuato il figlio di don Pablo, smontando alcuni dettagli della celebre fiction. “In una delle scene di Narcos – ha continuato- viene ripreso mio padre intento a bruciare 2 milioni di dollari solo perché mia sorella aveva freddo: in Colombia abbiamo legno a sufficienza e mio padre non sarebbe stato così stupido. Questo mostra la volontà da parte dei produttori tv di creare una immagine di mio padre che sembri più potente di quanto non lo fosse in realtà. Nella serie ci sono anche una serie di fatti politici che vengono raccontati diversamente da come avvengono”.
“Raccontare la storia di mio padre è un’opportunità per far conoscere realmente la sua storia e le conseguenze delle sue azioni. Analizzando la sua storia ho capito che non avrei mai ripetuto le sue azioni e che avrei potuto utilizzare quanto da lui fatto per far comprendere ai giovani quanto sbagliate possano essere certe decisioni. Ritengo che conoscere la verità sia un diritto per le famiglie delle vittime, mentre credo che sia un mio dovere chiedere loro perdono”, ha ragionato poi Escobar junior oggi vive in Argentina, ha cambiato il suo nome in Sebastian Marroquin, ha un figlio piccolo e fa l’architetto. “L’Onu, la Croce Rossa e il Vaticano ci hanno sbattuto le porte in faccia quando abbiamo cercato di espatriare con il nome di Escobar, ho cambiato identità a 16 anni, l’unica opportunità che avevo per abbandonare la violenza, altrimenti nessuna compagnia aerea ci avrebbe fatto partire”.