La quarta generazione del popolare fuoristrada nipponico diventa ancor più estrema e mantiene l'inconfondibile design minimalista che l'ha fatta conoscere e amare. Un solo motore: il 1.5 benzina aspirato abbinato per ora al cambio manuale cinque marce, ma dal 2019 arriverà anche l'automatico a 4 rapporti. Un solo allestimento, full optional, al prezzo di 22.500 euro
Ad Alessandro Volta la nuova Suzuki Jimny piacerebbe un sacco. E se lavorasse nel “suo” settore con delle responsabilità sulla rete di trasmissione dell’elettricità, probabilmente ne ordinerebbe a grappoli. Nel lontanissimo 1777, prospettando l’idea di una linea elettrica, l’inventore della pila scriveva che “la scintilla commovente poteva esser portata da Como a Milano con il fil di ferro sostenuto da terra da pali di legno qua e là piantati”. La prima linea di trasmissione elettrica a carattere industriale entrò in funzione in Italia, tra Tivoli e Roma nel 1882, ricorda il sito di Terna, la società che gestisce e sviluppa la rete nazionale.
Ma che c’entra la Jimny, vi starete chiedendo? C’entra, c’entra. Perché in moltissimi casi, gli oltre 200 mila tralicci che punteggiano i 60 mila km delle rete ad alta tensione sono collocati in posizioni davvero scomode. E tra le auto in grado di raggiungerle, quelle complicate location, la Jimny è quasi sempre la più adatta. Talvolta l’unica. Ancor più adesso, visto che la quarta generazione – al debutto in Italia proprio in questi giorni – è addirittura più corta della precedente ed esibisce misure veramente “sexy” per un vero fuoristrada: altezza minima da terra (salita a 21 cm) e da far girar la testa gli angoli: a 37 gradi quello d’attacco, a 28 quello di superamento e a 49 quello d’uscita.
Vuol dire in pratica che la nipponica bestiola – 3,48 metri di lunghezza che salgono a 3,65 calcolando pure la ruota di scorta – può inerpicarsi ovunque e scavalcare ostacoli che a prima vista paiono insormontabili. Quando una ruota viene spinta verso l’alto, la ruota opposta viene spinta invece verso il basso: così aumenta di brutto la tenuta sui terreni sconnessi. La soluzione è attiva su entrambi gli assi e ciò permette di proseguire su qualsiasi terreno, anche dannatamente scivoloso e sconnesso. Arretri la leva della trazione integrale (anche in movimento), la spingi ancora un po’ più indietro per inserire le ridotte (da fermo), innesti la prima, dai un filo di gas e taaac, la Jimny ti accompagna dappertutto, come un fedelissino cagnone per ipovedenti, specie in discesa se ci si affida all’assistenza del hill descent control.
Il telaio è – ovviamente – a traliccio e per rendere la macchina più robusta e incrementarne la rigidità torsionale sono state inserite una traversa a “X” e altre due barre trasversali. Curiosità: tutti i tasti sono belli grossi, in modo da poter essere premuti anche indossando i guanti, e la parte posteriore dei sedili dietro abbattibili è in plastica: così li puoi sporcare senza preoccuparti troppo perché li pulisci in un amen. E quando ti lanci nelle megapozzanghere, ci pensano i vistosi passaruota a proteggere i finestrini laterali dagli schizzi, garantendo un’eccellente visibilità sui fianchi.
Anche se ad Hamamatsu gli ingegneri hanno cesellato la nuova Jimny avendo in mente soprattutto le necessità dei tostissimi tecnici delle Terna di tutto il mondo, ciò non toglie nulla allo strepitoso fascino che l’erede della vettura nata nel 1980 esercita su tutti coloro che off-road ci vanno per divertirsi, per tornare a casa su per i bricchi, per andare a sciare, o fare trekking. Nel test intorno al Monte Pinu, nella Sardegna settentrionale, abbiamo provato la giapponesina su strade sterrate e sentieri scomodi anche da affrontare con gli scarponi ai piedi. La piccoletta non si è mai scomposta anche se in qualche caso, osservando la vettura che ci precedeva, sembrava che si dovesse… aprire in due.
Al cospetto di cotanto divertimento fuoristradistico – purtroppo, non ci hanno indicato alcun traliccio da controllare, quindi il percorso è stato più edonistico che professionale… – il comportamento su asfalto della nuova Jimny passa in secondo piano. E’ vero che, grazie alle misure e alla capacità di affrontare buche pavè e rotaie, è ottima anche in città. Tuttavia, la strada non è il suo habitat ideale. Nonostante sia più insonorizzata della terza generazione, sopra gli 80 all’ora è amabilmente rumorosetta e nelle curve si lascia dondolare.
Ma l’asfalto liscio per la Jimny è un po’ come – per il sottoscritto – la coda per entrare a San Siro: ci sta un po’ di sacrificio per vedere e rivedere quelle maglie rossonere. Il nuovo 1.500 aspirato benzina con il cambio manuale a cinque marce fa il suo dovere, forte del fatto che tanto chi vuole una Jimny potrà scegliere soltanto lui. Dall’inizio del 2019 sarà disponibile anche la trasmissione automatica a quattro rapporti, che richiederà 1.500 euro in più rispetto ai 22.500 della versione manuale. Per la livrea bicolore (col tetto nero), l’aggiuntina è invece di 400 euro. Tutte le variazioni del listino finiscono qua.
Suzuki ha scelto di vendere la Jimny soltanto full optional – c’è persino la sbrinatore elettrico degli specchietti – e a prezzo fisso. Niente sconto al lancio, dunque. E anche niente cabrio (peccato), niente allestimento base per ultra duri, con le ruote in ferro e senza le comodità cui un jimnysta doc potrebbe rinunciare (peccato). Così è , se vi pare.
E’ cara, la Jimny? Sì, abbastanza (però terrà benissimo sul mercato dell’usato, scommettiamo?). E’ bella, nel nuovo look spigoloso che la fa sembrare una Classe G bonsai? Sì, molto. Il bagagliaio e i due posti dietro sono risicati? Sì. Ha rivali? No. La Wrangler più economica costa quasi il doppio ed è comunque più lunga di oltre mezzo metro. La Panda 4×4 è un torello ma certe prestazioni alla portata di Jimny non se le può permettere, anche perché la sua altezza da terra è inferiore di cinque centimetri (peraltro, non è tanto economica neppure lei).
Massimo Nalli, il boss di Suzuki Italia, confida di venderne 5 mila esemplari, nel primo anno pieno di commercializzazione, il 2019. “Se ce li mandano”, ha sottolineato. Nalli sostiene anche che aver studiato e lanciato la nuova Jimny ora, quando la preoccupazione numero uno delle case è combattere le emissioni, sia stato “un grande atto d’amore della Suzuki”. Un atto d’amore che costringerà la marca giapponese a raddoppiare gli sforzi per spingere tutta la gamma o quasi a essere parca e infatti è previsto un arrembante programma di ibridizzazione dei propulsori. Il target Co2 per la Suzuki è fissato a 90,3 grammi di anidride carbonica al km; la Jimny sta a quota 154, secondo la normativa NEDC. D’altronde, ‘sti tralicci bisogna pur tenerli d’occhio, no? Buon fuoristrada a tutti.
SUZUKI JIMNY – LA SCHEDA
Il modello: quarta generazione del piccolo e glorioso fuoristrada giapponese. Esteticamente torna al passato con linee squadratissime e fari tondi staccati dalle frecce anteriori. Con le ridotte arriva veramente ovunque. Sempre contenuto lo spazio a disposizione dei due seduti dietro e del bagagliaio
Dimensioni: è lunga 3,645 metri, larga 1,645 e alta 1,720
Motore: benzina aspirato 1.500 cc, con 102 cavalli di potenza, può toiccare i 145 km/ora di punta; il cambio è manuale a cinque marce con le ridotte. A inizio 2019 arriva l’automatico
Consumi omologati nel ciclo misto Nedc: 14,7 km/litro
Emissioni di CO2: 154 g/km
Prezzo: 22.500 €
Ci piace: l’ inossidabile vocazione fuoristradica (peraltro migliorata) unita a un look gradevolmente minimalista che lo farà ben figurare anche davanti ai bar più à la page
Non ci piace: un pochino il prezzo elevato ma soprattutto l’assenza del rosso tra i colori in gamma. Confidiamo tuttavia nel futuro arrivo sia di una versione più basica che della carrozzeria fiammante