Potrebbe essere ricordata come una delle tragedie navali con il maggior numero di morti della storia recente l’affondamento del traghetto Nyerere, avvenuto giovedì pomeriggio, a pochi metri dalla banchina di attracco, sulla riva di Ukurere, in Tanzania. I corpi senza vita recuperati sono 209, ma il numero delle vittime potrebbe raddoppiare. Il salvataggio di un sopravvissuto, ora in ospedale in condizioni da accertare, alimenta ancora le speranze e gli sforzi dei soccorritori che nel lago Vittoria. L’ultimo a essere salvato è stato un ingegnere, che si era chiuso in una camera dotata di aria sufficiente per sopravvivere a lungo. In totale sono 41 le vite salvate. Ma ora, a tre giorni dall’incidente, la speranza di trovare altre persone vive è quasi nulla.
Sovraffollato oltre misura – cronisti locali riferiscono di oltre 400 passeggeri su un battello autorizzato a trasportarne un centinaio – il traghetto stava riportando a casa molte persone che erano andate a fare provviste nel grande mercato dell’isola di Ukara: granturco, banane, cemento. E forse proprio questo carico, che i locali valutano dovesse essere di molto superiore alle 25 tonnellate consentite, insieme al numero eccessivo di viaggiatori, potrebbe essere all’origine della disgrazia. Il presidente tanzano John Magufuli, che ha indetto quattro giorni di lutto nazionale, ha anche dichiarato che a pilotare il battello non sarebbe stato il capitano titolare, che è stato arrestato – così come gran parte dell’equipaggio – ma un suo sostituto inesperto. Fonti locali riferiscono di una manovra brusca compiuta da chi pilotava, a poche decine di metri dalla banchina, che avrebbe causato il ribaltamento del Nyerere. L’assenza di giubbotti salvagente e la circostanza che la maggior parte degli abitanti del luogo non sappia nuotare hanno poi aggravato l’incidente. Più denunce sono state fatte – indicano giornali tanzani – da oppositori del regime sulla scarsezza di misure di sicurezza per i trasporti lacuali e marittimi. In Tanzania si erano già verificati incidenti con un alto numero di morti. Nel 2012 in 145 persero la vita durante la navigazione verso l’isola di Zanzibar. E un anno prima, sempre nella stessa zona, era morti in quasi 200.
Sempre nel lago Vittoria, nel 1996, morirono in 800 per il rovesciamento della motonave Bukoba: uno dei peggiori disastri del secolo scorso. È invece del giugno 2008 la tragedia al largo dell’isola di Sibuyan, nelle Filippine: circa 800 persone persero la vita nel naufragio di un traghetto, affondato in mezzo alle onde gigantesche sollevate dal tifone Fengshen. A bordo del Princess of Stars, in navigazione tra Cebu e Manila, c’erano 724 passeggeri e 121 membri d’equipaggio. Non c’erano turisti sulla nave Al Salam Boccaccio 98, costruita nel 1970 a Castellammare di Stabia e poi venduta dalla Tirrenia, che il 3 febbraio 2006 si inabissò con 1.400 persone tra pellegrini ed emigranti egiziani, di ritorno dall’Arabia Saudita.
I corpi senza vita di centinaia di persone, molti dei quali di bambini, nel settembre 2002 sono stati restituiti dal fiume Gambia due giorni dopo il naufragio della nave senegalese Jola avvenuto davanti alle coste dell’Africa occidentale. Nel settembre 1994, a 86 metri di profondità, nel Mar Baltico, imprigionati nel traghetto Estonia, colato a picco, si trovano i cadaveri di 811 persone per il peggior incidente nella storia recente dell’Europa. Negli anni ’80 invece una delle più tragedie si verifica nelle Filippine: la petroliera MV Victor e la nave passeggeri Dona Paz entrano in collisione. Nell’incidente muoiono più di 2mila persone, solo 26 quelle tratte in salvo. Messaggi di cordoglio al popolo tanzano e al presidente della repubblica sono stati inviati da papa Francesco, dal presidente italiano, Sergio Mattarella, da quello russo, Vladimir Putin e da vari leader africani.