Alla fine della tre giorni del torneo di calcio organizzato da Libera nel quartiere di Napoli, un operatore della residenza di via Marangoni a Udine (una delle squadra coinvolte) racconta: "Questa è un’esperienza utile per tutte e due la parti: i ragazzi che partecipano sanno di non essere per la società solo un problema, persone che hanno necessità di essere aiutate, ma anche una risorsa"
Come una mitragliata. Una serie di scoppi che esplodono nella notte, qualsiasi notte, anche se non è l’ultima dell’anno. «È la mafia che parla». Juri viene a Scampia da tre anni e, come tutti gli altri si è assuefatto alla capacità della camorra di infilarsi nel quotidiano, trasformando lo straordinario in ordinario. I fuochi d’artificio scandiscono anche le giornate intense di inizio settembre, quando il torneo di calcio a 5 Libera in Goal riempie il quartiere con la sua spontanea energia. Ci sono nove squadre da tutta Italia che si sfidano in memoria di Antonio Landieri, vittima innocente di camorra ucciso nel 2004 in uno scontro a fuoco tra bande rivali. Le stesse bande che comunicano con i fuochi d’artificio i fatti per loro importanti, la morte di un nemico, le scarcerazioni e, naturalmente, gli arrivi delle partite di droga. Juri e gli altri arrivati in camper da Udine queste cose non le hanno mai viste né sapute fino alla loro prima partecipazione al torneo, nel 2016. Da allora quello di Libera in Goal è diventato per la Marangoni 105, squadra composta da operatori e ospiti della residenza psichiatrica di via Marangoni 105 a Udine da cui è derivata anche Arci BarSport, un appuntamento fisso, anzi atteso. Eppure Scampia, al nominarla, ottiene lo stesso effetto del Babau: fa paura.
Cos’è, allora, che spinge ogni anno ormai da sette edizioni, decine di squadre di calcio a 5 a venire qui da tutta Italia per partecipare a un torneo di tre giorni vivendo letteralmente accampati all’interno di questa città nella città? La risposta comincia dal fatto che questo è il quartiere europeo con il maggior numero di associazioni per abitanti. E continua con il germoglio di comunità nato insieme ai giovani che rappresentano la primavera umana di questo luogo e alla rete che sono riusciti a costruire nei suoi spazi abbandonati e riconquistati. Dalla camorra, alla gente. Decine e decine di associazioni (almeno 70 per l’editore e giornalista Rosario Esposito La Rossa che ha fondato Vodisca, voci di Scampia) che incrociano le loro attività tra vie diventate famose per fatti di cronaca e delitti e che ora, con orgoglio, stanno ritornando luogo della gente e non della criminalità. In via Fratelli Cervi ci sono i campetti in sintetico per il calcio a 5 a 7 e a 3. Ci sono gli spogliatoi, una piccola tribuna e un bar con i biliardini e il ping pong. Nei tre giorni di torneo questa zona brulica di voci e colori, quelli delle divise delle nove squadre partecipanti (due arrivate da Udine, una da Trieste, una da Sarzana e le altre dalla Campania, tra cui la Dream Team interamente femminile) che sanno che in palio qui c’è molto più che un trofeo.
«Siamo riusciti a convincere molti ragazzi a venire perché non devono pensare al loro punto di vista, a cosa rischiano loro. Ma a cosa rischia il quartiere di Scampia se noi non andiamo, se rimane sola», così racconta un operatore della residenza di via Marangoni. «Questa è un’esperienza utile per tutte e due la parti: i ragazzi che partecipano sanno di non essere per la società solo un problema, persone che hanno necessità di essere aiutate, ma anche una risorsa. Possono essere una risorsa per gli altri anche solo andando a giocare a calcio: Scampia aiuterà te a diventare una persona più consapevole e tu aiuterai Scampia».
Dai campi di via Fratelli Cervi in dieci minuti a piedi si raggiunge l’edificio che ora ospita il commissariato e alcuni uffici della municipalità, in viale della Resistenza. Mai nome fu più azzeccato, qui per esistere bisogna resistere. In questa struttura dal corpo di cemento pulsa però uno dei tanti cuori sociali di Scampia. C’è Chikù, un ristorante italo-balcanico con cuoche sono rom e italiane, luogo di gastronomia multiculturale e di sperimentazione pedagogica dove trovano spazio l’impresa sociale La Kumpania e l’associazione di promozione sociale onlus chi rom e…chi no. Le squadre di Libera in Goal pranzano e cenano ogni giorno in questo posto che riassume bene il senso di comunità e riscatto di un quartiere. Attorno ai tavoli si respira confidenza e agio, quello che si crea nelle persone quando stanno bene tra di loro e nell’ambiente che le circonda. E chi lo avrebbe mai detto pensando al Babau Scampia? Sensazione che si ripete alla Scugnizzeria, ai limiti del quartiere sul confine con Melito: 140 mq di possibilità, dove trovano spazio un’enolibreria, una sala polifunzionale, una casa editrice, il laboratorio artigianale Piergiorgio Welby, un centro di raccolta ecologico e una radio. «Radio Nunù è una radio per dislessici – racconta il responsabile Rosario Esposito La Rossa – perché qui tanti ragazzini non riescono a leggere bene e tramite questo mezzo riusciamo a fargli piacere i libri». Un progetto finanziato dal Centro Ernesto Balducci di Zugliano, in provincia di Udine, per l’ennesima prova dell’esistenza di un ponte di solidarietà che attraversa l’Italia.
I ragazzi di Libera in Goal vivono il quartiere per tre giorni. Tre giorni in cui il Babau sparisce lasciando spazio a un entusiasmo che va al di là dell’agonismo fanciullesco del gioco del calcio, pur rimanendo il calcio la spina dorsale di queste giornate in cui si alternano partite a momenti di formazione e confronto.
Ed è per questo che la finalissima tra Jamm’ Ja (nata dal progetto nazionale dedicato a minori in percorsi di giustizia) e Arci BarSport si gioca nello stadio intitolato ad Antonio Landieri, un campo inaugurato nel 2017 grazie all’investimento della società Ecopneus, che ha riciclato oltre 70 mila chili di gomma di pneumatici per realizzare i 500 metri quadri di erba sintetica.
Un campo di proprietà del Comune che, dopo lo Stadio San Paolo, è il più grande di tutta Napoli. Come a dire che qui le istituzioni – nonostante tutto – ci sono. Il pubblico è di quelli straordinari: sulla rete che circonda il campo sono state appese cento gigantografie che ritraggono le vittime innocenti di mafia. Ma c’è anche la gente di Scampia, quella affacciata ai palazzoni che vegliano lo stadio, la stessa che in questi tre giorni ha fermato più e più volte i ragazzi di Libera in Goal per dire loro “quando tornate nelle vostre città, dite a tutti che a Scampia si sta bene”.
Perché è vero, almeno in questi giorni di festa, in cui il quartiere non smette di essere il Babau annunciato dai fuochi d’artificio e dai falò di immondizia ai bordi della strada, Scampia rivela anche il suo bellissimo lato di coraggio e vita. È doveroso dire che il torneo, alla fine, l’hanno vinto i ragazzi di Jamm’ Ja… ma si sa che questa è la classica storia dove a vincere sono, ovviamente, tutti.