Uomini con un’altissima preparazione militare, abituati a muoversi nei territori caldi, ma in tutto e per tutto lavoratori privati. Sono i contractor, i professionisti della security, posti a difesa dell’incolumità di civili e beni per conto di aziende che operano nelle aree soggette ad instabilità politica. Figure che in Italia sono in parte ancora avvolte nel mistero. Li racconta il docu-film “Zona di guerra – Professione contractor”, in onda domenica 23 settembre alle 21.15 su Sky Atlantic e disponibile su Sky On Demand per il ciclo “il racconto del reale”.
Il doc, prodotto da Sky e realizzato dalla Good Day Films di Michele Bongiorno e scritto e diretto da Andrea Bettinetti, porta in video le storie di cinque contractor ed ex contractor italiani, che si sono trovati ad operare in molti teatri di conflitto del mondo. Persone dall’umanità spesso sorprendente, che raccontano le loro storie fatte di coraggio, avventura e morte, ma anche di ironia, professionismo e idealismo. Alessandro, Valeria, Claudio, Paolo, Cristiano. Cinque racconti che si intrecciano con la storia recente dell’Iraq sullo sfondo. Uomini con un grande senso dell’avventura, ma anche desideri comuni, come la volontà di crearsi una famiglia.
Partendo dal rapimento e la successiva esecuzione di Fabrizio Quattrocchi nel 2004, che con la sua morte ha fatto conoscere questa professione al grande pubblico nel nostro Paese, il doc approfondisce la figura di questi professionisti della difesa, apparsa nei primi anni duemila sui fronti dell’Afghanistan e soprattutto dell’Iraq, quando gli impegni militari erano così gravosi per la coalizione multinazionale guidata dall’ Esercito Americano, da richiedere la presenza sul campo di ex militari, assoldati da compagnie private per garantire le scorte al personale civile incaricato della ricostruzione.
A lungo considerati alla stregua di mercenari, i contractor sono invece di norma altamente specializzati e addestrati, provenendo spesso da corpi di élite militari. Questa professione però non è ancora prevista dall’ordinamento italiano, in quanto nel nostro Paese è vietata la costituzione di società di sicurezza che forniscano personale armato per la difesa delle persone. Così i nostri contractor operano all’estero solo per conto società straniere.