L'artista serba: "In passato mi sarei arrabbiata per un fatto del genere, oggi invece provo compassione. La cosa più difficile è perdonare ma bisogna riuscire a farlo come dice il Dalai Lama"
“Tra la folla c’era un uomo sulla quarantina che portava con sé un dipinto raffigurante il mio volto in modo distorto. Si è avvicinato guardandomi dritto negli occhi e io gli ho sorriso, pensando che fosse un regalo per me. In una frazione di secondo ho visto la sua espressione cambiare e diventare violenta, venendo verso di me molto velocemente e con grande forza. Sapete, i pericoli arrivano sempre molto rapidamente, come la morte stessa. E bisogna essere molto vigili per cogliere la sfida. Io non l’ho visto subito. Tutto ad un tratto mi ha sbattuto in testa violentemente il quadro, intrappolandomi dentro la cornice”. Così l’artista serba Marina Abramovic racconta, in una nota diffusa dalla Fondazione Palazzo Strozzi, l’aggressione di cui è stata vittima oggi a Firenze (Guarda il video dell’assalto)
“Tutto è successo molto rapidamente. Poi le guardie lo hanno isolato e fermato e il direttore Arturo (Galansino ndr) mi ha portato nel retro del bar nel cortile di Palazzo Strozzi per tranquillizzarmi. Ero sotto shock. Per me – prosegue l’artista – è difficile capire ed elaborare la violenza. È la prima volta che mi succede una cosa del genere. E ancora non riesco a capire. Con la violenza sugli altri non si fa arte. Anche io sono stata una giovane artista non famosa ma non ho mai fatto del male a nessuno. Nel mio lavoro io metto in scena diverse situazioni e metto a rischio la mia vita. Ma questa è una mia decisione e stabilisco io le condizioni”. “Dopo tutto quello che è successo – racconta ancora – sono tornata in albergo. Ho fatto una doccia, mi sono cambiata la camicia e sono uscita di nuovo. In passato mi sarei arrabbiata per un fatto del genere, oggi invece provo compassione. La cosa più difficile è perdonare ma bisogna riuscire a farlo come dice il Dalai Lama“.