Per Papa Francesco Pechino è più vicina. Il Vaticano ha, infatti, firmato un accordo provvisorio con la Cina sulla nomina dei vescovi. Si tratta di un’intesa storica da lungo tempo ricercata da Bergoglio e dal suo Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, che segna un passo importante per i rapporti tra i due Paesi. L’accordo, come ha spiegato il Vaticano, “è frutto di un graduale e reciproco avvicinamento e viene stipulato dopo un lungo percorso di ponderata trattativa e prevede valutazioni periodiche circa la sua attuazione. Esso tratta della nomina dei vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale. È auspicio condiviso che tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del popolo cinese e alla pace nel mondo”.
Francesco ha subito mostrato le conseguenze concrete di questo accordo riammettendo nella piena comunione ecclesiale i rimanenti otto vescovi “ufficiali” ordinati senza mandato pontificio poiché erano stato nominati dal governo di Pechino. Bergoglio ha, inoltre, costituito a nord della capitale una nuova diocesi, la prima dopo oltre settant’anni. Il portavoce vaticano Greg Burke ha, però, precisato che questa intesa “non è la fine di un processo. È l’inizio. Si è trattato di dialogo, di ascolto paziente da entrambe le parti anche quando le persone vengono da punti di vista molto diversi. L’obiettivo dell’accordo non è politico ma pastorale, permettendo ai fedeli di avere vescovi che sono in comunione con Roma ma allo stesso tempo riconosciuti dalle autorità cinesi”.
Il cardinale Parolin, che era stato il fautore della lettera ai cattolici cinesi scritta, nel 2007, da Benedetto XVI, ha precisato che la firma di questo accordo “riveste una grande importanza, specialmente per la vita della Chiesa cattolica in Cina e per il dialogo tra la Santa Sede e le autorità civili di quel Paese, ma anche per il consolidamento di un orizzonte internazionale di pace, in questo momento in cui stiamo sperimentando tante tensioni a livello mondiale”. Il porporato ha sottolineato, inoltre, che “l’obiettivo della Santa Sede è pastorale, cioè aiutare le Chiese locali affinché godano condizioni di maggiore libertà, autonomia e organizzazione, in modo tale che possano dedicarsi alla missione di annunciare il Vangelo e di contribuire allo sviluppo integrale della persona e della società”.
Una data storica l’ha definita il direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, ricordando che “l’intesa era annunciata e, anche se prevedibilmente non cesseranno interpretazioni contrastanti e opposizioni, la notizia è molto positiva e subito ha fatto il giro del mondo”. Soddisfazione anche dalla Comunità di Sant’Egidio. “Speriamo vivamente – si legge in una nota – che questo importante passo, atteso da decenni, abbia effetti positivi di riconciliazione e nuovo slancio pastorale sulla vita di tutte le comunità cattoliche in Cina”.
Un accordo, però, non gradito da tutti all’interno della Chiesa. Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, ha sempre puntato il dito contro il Papa accusandolo di voler “svendere la Chiesa in Cina. Negli ultimi giorni, i nostri fratelli e sorelle della Cina hanno sentito che il Vaticano è pronto ad arrendersi ai comunisti cinesi, e il loro cuore è forse molto a disagio. Se i vescovi illeciti e scomunicati vengono legittimati e i vescovi legittimi sono forzati a ritirarsi, i vescovi legittimi delle comunità sotterranee non dovrebbero preoccuparsi della loro sorte? Sacerdoti e fedeli dovranno presto obbedire e rispettare coloro che oggi sono illeciti e scomunicati, ma vengono legittimati dalla Santa Sede grazie alle pressioni del governo cinese. Quali notti di dolore essi devono sopportare?”. Parole che non hanno fermato la firma dello storico accordo.