di Andrea Masala
Sono stato a sentire Matteo Salvini e Steve Bannon (considerato il guru di Trump, principale animatore della cosiddetta internazionale sovranista) ad Atreju, la kermesse della giovanile del partito di Giorgia Meloni. Ero curioso di vedere dal vivo questa celebrata comunicativa e il livello di empatia col “loro” pubblico.
Noto subito che Roma ha reagito con grande indifferenza: nonostante la location molto centrale e di passaggio la platea era piena ma niente di più, anche perché c’erano molte delegazioni nazionali. Insomma è rimasta una manifestazione di Partito senza diventare assolutamente un qualcosa di massa. Visto il calibro dei due personaggi mi pare significativo.
La mattina inizia Salvini intervistato dal solitamente brillante Mentana che va subito al sodo: “Insieme ad Orban volete sfasciare l’Europa?”. Salvini mette subito in atto la sua nuova retorica e afferma che invece sono loro i veri europeisti, che vogliono salvare le tradizioni della “vera” Europa contro i tecnocrati della finanza che le stanno distruggendo. Ma è subito dopo la retorica che arriva il suo punto politico reale: “Le prossime elezioni europee saranno un appuntamento storico: finora quest’Europa è stata costruita da Popolari e Socialisti, è ora di cacciare i Socialisti. Populisti e Popolari, e tra i Popolari preferisco Orban a Junker, costruiranno la vera Europa”.
Frase che fa il paio con il recente incontro con Berlusconi, il quale insieme a tutti i Popolari Europei è il principale responsabile (molto più che i Socialisti che semmai hanno la responsabilità di esserne stati subalterni) di questa Ue degli egoismi nazionali. Ma questo Mentana non glielo fa notare.
Questo è il vero punto: la Destra è cosciente di se stessa del suo ruolo storico-politico, sa di essere la Destra e di dover fare la Destra. La Sinistra invece vagheggia di dicotomie politologico-giornalistiche: europeisti contro sovranisti, scienziati contro barbari, coalizioni da Macron a Tsipras; tutto col retropensiero che in fondo si è più simili alla Merkel che a Podemos, sperando che Merkel e Spread arrivino in soccorso. Salvini invece ingaggia i Popolari (da Orban e Seehofer sempre più simili a lui) nella missione, che lui definisce storica, di eliminare i Socialisti e i progressisti in genere dalla gestione delle Istituzioni Europee.
La Destra ha lo scopo di sconfiggere la Sinistra, per ottenerlo nasconde lo scontro Destra/Sinistra sotto il falso scontro Elite/Populismo. La Sinistra invece di smascherarlo lo accetta e lo interpreta esattamente come vuole la Destra, consegnandosi così alla sconfitta certa. Sconfitta crogilata nell’illusione, ingiustificata e impotente, di essere sempre e comunque “l’unica speranza per l’Italia e baluardo di civiltà in mezzo ai barbari”. La Destra ha coscienza di se stessa, è cinica e realista ma sa anche indicare un orizzonte, una visione, una missione ai suoi gruppi sociali di riferimento, che la Destra conosce bene e sa unificare in un suo popolo.
La costruzione di un popolo unificante di diversi gruppi sociali e di una internazionale era il punto di distinzione delle sinistre, oggi incapaci anche solo di pensarlo.
A costruire una nuova internazionale, sovranista, è invece Steve Bannon che torno a sentire nel pomeriggio.
Bannon ha un’allure comunicativa che mescola il predicatore evangelico, il motivatore-coach, il politico che fa riferimento alla mistica. È un ragionatore raffinato che mescola Evola col Tea Party, Cicerone con Heidegger e Picketty. Però lo fa dentro un discorso facile, motivante, alla portata di tutti. Sa cioè trasferire l’esoterismo in essoterismo, cosa che la parte più intelligente della sinistra radicale, pur avendo analisi e proposte brillanti, non è mai riuscita a fare.
Il centro politico del messaggio di Bannon è rivolto ai millennials (categoria probabilmente più centrale in Usa e soprattutto lì da riconquistare visto che la maggioranza votò per la Clinton, nella anziana Europa è meno centrale), “voi non avrete mai proprietà, non avrete mai un lavoro capace di darvi ricchezza e proprietà, perché il partito di Davos sta facendo di tutto per togliervi le ricchezze delle generazioni precedenti per poi ridurvi a schiavi. Siete la generazione più colta della storia ma la vostra condizione è simile a quella dei servi della gleba nella Russia ottocentesca”, un discorso forte, generatore di identificazione, che affronta la contraddizione della proletarizzazione cognitiva.
Costruisce un nemico e gli dà un nome: “Partito di Davos”, ossia l’elite economico-politico-finanziaria che ogni anno si riunisce nella cittadina elvetica per definire programmi, saldare accordi, impostare politiche. A questo partito Bannon contrappone il populismo, e lo fa usando gli slogan di Occupy: l’1% contro il 99. Alla platea Bannon dice di non vergognarsi nel definirsi populisti “vi chiameranno razzisti e nativisti, ma state solo difendendo il vostro Paese e la vostra famiglia contro chi vuole disgregare l’ordine tradizionale, contro chi ha riempito di guerre il Medioriente per riempirci di immigrati. Noi dobbiamo fare una rivoluzione per ristabilire l’ordine antico”.
La platea va in visibilio, la vecchia fascisteria romana e quella di nuova generazione si spella le mani nonostante il guru di Donald Trump ripeta continuamente il concetto di “tradizione giudaico-cristiana” basata sulla storia di Atene, Gerusalemme e Roma. L’identificazione di Bannon con la destra israeliana è paradigmatica nel suo discorso.
La platea si spella le mani, ma a nessuno viene in mente (meno che mai all’intervistatore Alessandro Giuli, visibilmente più a destra di Bannon) di far notare che Trump fa parte di quell’1%, che è uno dei protagonisti dell’economia finanziaria globale, che il suo settore immobiliare è proprio quello che più di tutti spoglia le proprietà dei piccoli per concentrarle nelle mani di pochi, è quello che causa le principali bolle finanziarie, nessuno fa notare che le guerre che sconquassano il Medioriente le fanno quelli come Trump: Reagan e Bush (in evidente continuità politico-culturale con Trump) o che Obama aveva trovato un accordo con l’Iran subito rotto da Trump in preparazione di una nuova guerra. Bannon è al servizio di un pezzo di quell’oligarchia finanziaria che dice di voler combattere, elemento tipico delle destre estreme, ma sa dissimularlo molto bene.
Nel contenuto niente di nuovo quindi: la pars destruens utilizza una critica al capitalismo da dentro il capitalismo (come già aveva fatto Tremonti), nel dire che si preferisce il capitalismo di ieri al capitalismo di oggi in verità si intende che si lotta a favore di alcuni capitalisti contro altri, nello specifico quelli della Silicon Valley; la pars costruens propone un capitalismo coniugato ad una società ordinata, repressiva delle pluralità e tradizionale. Dove per tradizionale si intende patriarcale e classista.
Il sogno del populismo conservatore mondiale è il capitalismo del petrolio, acciaio e armi coniugato ad una società gerarchica, in cui la piccola proprietà si accontenta di restare piccola e in questo solidarizza e sostiene la grande proprietà, alla quale chiede soltanto la difesa armata della sua concedendo in cambio la fissità dei ruoli, l’immobilità sociale. Se Bannon propone di difendere la piccola proprietà bloccandola in unità col grande capitale estrattivo, la Sinistra cosa può proporre a quella base sociale per contenderla alle Destre? Come può mettere insieme la piccola proprietà e i millennials senza proprietà contro le grandi concentrazioni di ricchezza?
Ancora una volta la Destra conosce bene i suoi ceti di riferimento e sa quale lavoro deve fare per la conservazione dei grandi privilegi.
A Sinistra non si ha più una bussola di analisi sociale per decidere quali settori rappresentare, come unirli e contro chi mobilitarli.
Eppure 20 anni fa una parte molto larga e plurale della Sinistra capì e denunciò in anticipo la deriva finanziaria e di crisi della globalizzazione, lavorò ad una profonda riforma delle istituzioni e politiche internazionali per favorire una globalizzazione equa e sostenibile.
La Sinistra ufficiale la lasciò morire a Genova, l’altra non ebbe mai la forza e il coraggio di farla rinascere.
Red Mirror
Innovazione emancipazione liberazione
Politica - 24 Settembre 2018
Atreju, sono andato a sentire (e guardare) Salvini e Bannon
di Andrea Masala
Sono stato a sentire Matteo Salvini e Steve Bannon (considerato il guru di Trump, principale animatore della cosiddetta internazionale sovranista) ad Atreju, la kermesse della giovanile del partito di Giorgia Meloni. Ero curioso di vedere dal vivo questa celebrata comunicativa e il livello di empatia col “loro” pubblico.
Noto subito che Roma ha reagito con grande indifferenza: nonostante la location molto centrale e di passaggio la platea era piena ma niente di più, anche perché c’erano molte delegazioni nazionali. Insomma è rimasta una manifestazione di Partito senza diventare assolutamente un qualcosa di massa. Visto il calibro dei due personaggi mi pare significativo.
La mattina inizia Salvini intervistato dal solitamente brillante Mentana che va subito al sodo: “Insieme ad Orban volete sfasciare l’Europa?”. Salvini mette subito in atto la sua nuova retorica e afferma che invece sono loro i veri europeisti, che vogliono salvare le tradizioni della “vera” Europa contro i tecnocrati della finanza che le stanno distruggendo. Ma è subito dopo la retorica che arriva il suo punto politico reale: “Le prossime elezioni europee saranno un appuntamento storico: finora quest’Europa è stata costruita da Popolari e Socialisti, è ora di cacciare i Socialisti. Populisti e Popolari, e tra i Popolari preferisco Orban a Junker, costruiranno la vera Europa”.
Frase che fa il paio con il recente incontro con Berlusconi, il quale insieme a tutti i Popolari Europei è il principale responsabile (molto più che i Socialisti che semmai hanno la responsabilità di esserne stati subalterni) di questa Ue degli egoismi nazionali. Ma questo Mentana non glielo fa notare.
Questo è il vero punto: la Destra è cosciente di se stessa del suo ruolo storico-politico, sa di essere la Destra e di dover fare la Destra. La Sinistra invece vagheggia di dicotomie politologico-giornalistiche: europeisti contro sovranisti, scienziati contro barbari, coalizioni da Macron a Tsipras; tutto col retropensiero che in fondo si è più simili alla Merkel che a Podemos, sperando che Merkel e Spread arrivino in soccorso. Salvini invece ingaggia i Popolari (da Orban e Seehofer sempre più simili a lui) nella missione, che lui definisce storica, di eliminare i Socialisti e i progressisti in genere dalla gestione delle Istituzioni Europee.
La Destra ha lo scopo di sconfiggere la Sinistra, per ottenerlo nasconde lo scontro Destra/Sinistra sotto il falso scontro Elite/Populismo. La Sinistra invece di smascherarlo lo accetta e lo interpreta esattamente come vuole la Destra, consegnandosi così alla sconfitta certa. Sconfitta crogilata nell’illusione, ingiustificata e impotente, di essere sempre e comunque “l’unica speranza per l’Italia e baluardo di civiltà in mezzo ai barbari”. La Destra ha coscienza di se stessa, è cinica e realista ma sa anche indicare un orizzonte, una visione, una missione ai suoi gruppi sociali di riferimento, che la Destra conosce bene e sa unificare in un suo popolo.
La costruzione di un popolo unificante di diversi gruppi sociali e di una internazionale era il punto di distinzione delle sinistre, oggi incapaci anche solo di pensarlo.
A costruire una nuova internazionale, sovranista, è invece Steve Bannon che torno a sentire nel pomeriggio.
Bannon ha un’allure comunicativa che mescola il predicatore evangelico, il motivatore-coach, il politico che fa riferimento alla mistica. È un ragionatore raffinato che mescola Evola col Tea Party, Cicerone con Heidegger e Picketty. Però lo fa dentro un discorso facile, motivante, alla portata di tutti. Sa cioè trasferire l’esoterismo in essoterismo, cosa che la parte più intelligente della sinistra radicale, pur avendo analisi e proposte brillanti, non è mai riuscita a fare.
Il centro politico del messaggio di Bannon è rivolto ai millennials (categoria probabilmente più centrale in Usa e soprattutto lì da riconquistare visto che la maggioranza votò per la Clinton, nella anziana Europa è meno centrale), “voi non avrete mai proprietà, non avrete mai un lavoro capace di darvi ricchezza e proprietà, perché il partito di Davos sta facendo di tutto per togliervi le ricchezze delle generazioni precedenti per poi ridurvi a schiavi. Siete la generazione più colta della storia ma la vostra condizione è simile a quella dei servi della gleba nella Russia ottocentesca”, un discorso forte, generatore di identificazione, che affronta la contraddizione della proletarizzazione cognitiva.
Costruisce un nemico e gli dà un nome: “Partito di Davos”, ossia l’elite economico-politico-finanziaria che ogni anno si riunisce nella cittadina elvetica per definire programmi, saldare accordi, impostare politiche. A questo partito Bannon contrappone il populismo, e lo fa usando gli slogan di Occupy: l’1% contro il 99. Alla platea Bannon dice di non vergognarsi nel definirsi populisti “vi chiameranno razzisti e nativisti, ma state solo difendendo il vostro Paese e la vostra famiglia contro chi vuole disgregare l’ordine tradizionale, contro chi ha riempito di guerre il Medioriente per riempirci di immigrati. Noi dobbiamo fare una rivoluzione per ristabilire l’ordine antico”.
La platea va in visibilio, la vecchia fascisteria romana e quella di nuova generazione si spella le mani nonostante il guru di Donald Trump ripeta continuamente il concetto di “tradizione giudaico-cristiana” basata sulla storia di Atene, Gerusalemme e Roma. L’identificazione di Bannon con la destra israeliana è paradigmatica nel suo discorso.
La platea si spella le mani, ma a nessuno viene in mente (meno che mai all’intervistatore Alessandro Giuli, visibilmente più a destra di Bannon) di far notare che Trump fa parte di quell’1%, che è uno dei protagonisti dell’economia finanziaria globale, che il suo settore immobiliare è proprio quello che più di tutti spoglia le proprietà dei piccoli per concentrarle nelle mani di pochi, è quello che causa le principali bolle finanziarie, nessuno fa notare che le guerre che sconquassano il Medioriente le fanno quelli come Trump: Reagan e Bush (in evidente continuità politico-culturale con Trump) o che Obama aveva trovato un accordo con l’Iran subito rotto da Trump in preparazione di una nuova guerra. Bannon è al servizio di un pezzo di quell’oligarchia finanziaria che dice di voler combattere, elemento tipico delle destre estreme, ma sa dissimularlo molto bene.
Nel contenuto niente di nuovo quindi: la pars destruens utilizza una critica al capitalismo da dentro il capitalismo (come già aveva fatto Tremonti), nel dire che si preferisce il capitalismo di ieri al capitalismo di oggi in verità si intende che si lotta a favore di alcuni capitalisti contro altri, nello specifico quelli della Silicon Valley; la pars costruens propone un capitalismo coniugato ad una società ordinata, repressiva delle pluralità e tradizionale. Dove per tradizionale si intende patriarcale e classista.
Il sogno del populismo conservatore mondiale è il capitalismo del petrolio, acciaio e armi coniugato ad una società gerarchica, in cui la piccola proprietà si accontenta di restare piccola e in questo solidarizza e sostiene la grande proprietà, alla quale chiede soltanto la difesa armata della sua concedendo in cambio la fissità dei ruoli, l’immobilità sociale. Se Bannon propone di difendere la piccola proprietà bloccandola in unità col grande capitale estrattivo, la Sinistra cosa può proporre a quella base sociale per contenderla alle Destre? Come può mettere insieme la piccola proprietà e i millennials senza proprietà contro le grandi concentrazioni di ricchezza?
Ancora una volta la Destra conosce bene i suoi ceti di riferimento e sa quale lavoro deve fare per la conservazione dei grandi privilegi.
A Sinistra non si ha più una bussola di analisi sociale per decidere quali settori rappresentare, come unirli e contro chi mobilitarli.
Eppure 20 anni fa una parte molto larga e plurale della Sinistra capì e denunciò in anticipo la deriva finanziaria e di crisi della globalizzazione, lavorò ad una profonda riforma delle istituzioni e politiche internazionali per favorire una globalizzazione equa e sostenibile.
La Sinistra ufficiale la lasciò morire a Genova, l’altra non ebbe mai la forza e il coraggio di farla rinascere.
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Roma, 15 feb (Adnkronos) - "I vigliacchi di Hamas ancora una volta esibiscono ostaggi, ma si mostrano a volto coperto. Perché sono dei codardi. Sono protagonisti di un’azione terroristica che dimostra la loro impossibilità di proporsi come uno Stato". Lo dice Maurizio Gasparri.
"O i palestinesi si liberano di questa setta di terroristi vigliacchi o non potranno essere interlocutori della comunità internazionale. Non si può parlare di due popoli e di due Stati quando c'è uno stato democratico, un popolo perseguitato, Israele e gli israeliani, e c'è un popolo palestinese che si fa comandare da questi vili criminali, che si nascondono perché non hanno il coraggio di mostrare il loro volto da assassini al mondo intero", aggiunge il presidente dei senatori di FI.
Roma, 15 feb. (Adnkronos) - Non saranno sempre "una cosa bellissima", come diceva l'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, ma le tasse restano stabilmente nella top ten dei temi 'divisivi' del centrosinistra. L'ultima accesa discussione, e non è certo la prima volta, è scoppiata sulla patrimoniale. Un 'evergreen', dall'Ulivo al campo largo. Che adesso vede, appunto, coinvolti Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e tutto il fronte alternativo al centrodestra.
A far (ri) scoppiare la polemica è stato lo stesso Fratoianni che, ad un convegno sui sistemi fiscali si è rivolto ai compagni di viaggio, seduti al suo fianco per ascoltare le relazioni del premio nobel Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz e dell'economista Hayati Ghosh. "Mi rivolgo a voi: verrà presto il momento di formulare una proposta per l’alternativa e bisogna dire che per una patrimoniale sulle grandi ricchezze è arrivato il momento, non si può rinviare", ha detto il leader di SI a Schlein e Conte.
Da lì, il dibattito è partito incontenibile. Ai leader di sinistra, c'è da dire, è arrivato l'abbrivio di Stiglitz che, citando il Papa, ha sottolineato: "Le tasse sono uno strumento importante per proteggere i poveri". Ma a sinistra non c'era certo bisogno dell'endorsement di un premio Nobel per accendere la miccia sul fisco. I più 'nostalgici' ricordano la mossa elettorale di Rifondazione comunista. Correva l'anno 2006, il partito di Nichi Vendola era al governo (quello con Padoa Schioppa ministro) e per le elezioni pensò di riempire le città con i manifesti con la foto di un panfilo e lo slogan preso da una telenovela degli anni '70: 'Anche i ricchi piangano'. Da lì a poco la stagione dell'Ulivo arrivò al capolinea.
(Adnkronos) - Eppure l'idea del 'prelievo forzoso' sulla quale i progressisti sono messi da sempre all'indice dagli avversari politici non è una idea di sinistra. A inventarlo, in Italia, è il governo Nitti nel 1919 per far quadrare i conti traballanti. Ma lo fa anche Mussolini, dopo la guerra in Etiopia, nel '36. Per gli stessi motivi. Eppure è sempre a sinistra che si guarda (e si polemizza) quando si parla di tasse. Silvio Berlusconi ha costruito una campagna anti sinistra, una costante della sua carriera politica, sin quando parlava del prelievo "con il favore delle tenebre" a proposito del 6xmille retroattivo sui conti correnti imposto dal governo Amato nel '92 per arginare le falle dei conti pubblici.
E le polemiche su Matteo Renzi e l'Imu? "Elimineremo noi, perché gli altri hanno fatto la finta, la tassa sulla prima casa, l'Imu agricola e sugli imbullonati", annunciò l'allora premier all'assemblea del Pd, finendo nel mirino con l'accusa di 'berlusconismo'. Ma gli esempi sono tanti, anche più recenti. Alle elezioni del 2022 Enrico Letta lanciò la proposta della dote ai 18enni, un capitale di circa 10mila euro da spendere in formazione, casa o per avviare una attività. "Sarà finanziata con la tassa di successione per i patrimoni plurimilionari", spiegò il segretario del Pd, subito accusato di voler introdurre la patrimoniale in maniera surrettizia.
A distanza di anni i progressisti si trovano ancora, sempre, alle prese con la discussione sul fisco e sulle varie ricette per le tasse. Con Schlein che oggi dice: "Non è un tabù un intervento sui grandi patrimoni", indicando però una soluzione "almeno a livello europeo" sulle orme di quella suggerita dal presidente brasiliano Lula al G20. E Conte che invita a parlare di tasse ma "in modo intelligente", per "contrastare il capitalismo parassitario".
Roma, 15 feb (Adnkronos) - "Nella giornata di oggi, 15 febbraio, presso i locali della federazione provinciale del Pd in corso Mazzini, si è svolto l’incontro fra la delegazione del Partito democratico, composta da Vittorio Pecoraro, segretario provinciale, Rosi Caligiuri, segretaria cittadina, e Francesco Alimena, capogruppo Pd in Consiglio comunale, con il sindaco di Cosenza, Franz Caruso". Lo spiegano in una nota congiunta gli stessi Pecoraro, Caligiuri e Alimena.
"Nell’esprimere il proprio sostegno all’esperienza amministrativa, il Partito democratico, ribadendo la propria unità, ha rappresentato al sindaco la sua proposta per il completamento della giunta con l’indicazione dell’avvocata Maria Locanto quale vicesindaca", proseguono i dem.
"Il sindaco ha ascoltato la valutazione del Pd e, nel rispetto delle proprie prerogative, si è riservato di esaminare con attenzione tale richiesta. L’indicazione di Maria Locanto è l’espressione del territorio ed è stata formulata a livello cittadino, provinciale e regionale del Partito, nonché dalle rispettive rappresentanze istituzionali. La scelta di Maria Locanto testimonia in modo chiaro l’unità del Pd, essendo presidente provinciale del Partito e avendo sempre lavorato con equilibrio e senso di responsabilità per la crescita della nostra comunità", sottolineano ancora gli esponenti Pd.
(Adnkronos) - "La delegazione del Pd ha, nel contempo, espresso al Sindaco la volontà di un impegno unitario perché la riorganizzazione della giunta non si espliciti soltanto attraverso una mera sostituzione assessorile ma sia opportunità per un rilancio strategico dell'azione amministrativa, affinché la seconda metà della consiliatura possa essere la fase di pieno compimento della attuazione del programma di governo su cui la maggioranza degli elettori cosentini ha espresso fiducia nella proiezione del progetto "Cosenza 2050'", concludono i dirigenti dem.
Roma, 15 feb (Adnkronos) - "Oggi si vota in 101 province per il congresso di Azione, un esercizio organizzativo molto complesso, ma necessario per riportare i partiti a essere quello che erano: luoghi di confronto democratico sulle idee e sulla linea politica. Siamo molto felici di come è andato". Lo dice Carlo Calenda.
"Ringrazio tutti i militanti, gli iscritti, i garanti congressuali e le persone che in questi mesi si sono attivati per tenere viva e rendere più forte la nostra comunità", aggiunge il leader di Azione.
Sanremo, 15 feb. - (Adnkronos) - “Tradizione, italianità e vicinanza sono valori del Festival di Sanremo e anche di Generali che li applica nel quotidiano per essere partner dei nostri clienti e costruire insieme il loro futuro”. Lo ha detto Massimo Monacelli, General Manager di Generali Italia, dal famoso e ormai iconico ‘Balconcino’ dell’Agenzia di Sanremo “che idealmente rappresenta tutte le piazze, tutti i balconcini, tutti i luoghi dove tutta la nostra eccezionale rete di agenti opera tutti i giorni per progettare il futuro” con gli italiani". "Proprio “la rete di 2mila agenzie e 20mila colleghe e colleghi presenti sul territorio, è il cuore del nostro business - sottolinea Monacelli - È grazie a loro se riusciamo a tenere fede alla nostra ambizione, che è quella di essere ‘Partner di Vita’ delle persone, in ogni momento rilevante, accompagnandole, con la consulenza di valore, a fare scelte consapevoli e responsabili con l’obiettivo di proteggere il loro futuro e il futuro delle persone che stanno loro a cuore”.
Per il terzo anno consecutivo “siamo felicemente presenti a Sanremo” con vista sull’Ariston “perché vogliamo essere dove succedono le cose che contano - aggiunge Marco Oddone, Chief Marketing & Distribution Officer di Generali Italia - Milioni di persone seguono Sanremo ogni sera e noi vogliamo essere vicini agli Italiani, nei vari momenti di vita, anche in un momento leggero, come si vede nello spot che abbiamo lanciato in questa occasione: mentre ‘tutti cantano Sanremo’, ci sono persone che prendono decisioni importanti della loro vita e noi, con i nostri agenti siamo loro vicini”. Con Sanremo “è scoccata una vera e propria scintilla - racconta Oddone - C’è una condivisione di valori: tradizione, passione, ma anche innovazione, con nuovi linguaggi dedicati a tutte le generazioni. Abbiamo raccontato il Festival con la voce di Caterina Ferioli, protagonista della nuova serie TV Belcanto, che è diventata portavoce di una prospettiva privilegiata sul Teatro Ariston attraverso i social, per coinvolgere ed entusiasmare persone di tutte le età. Un racconto a 360 gradi - conclude - da una prospettiva unica sull’Ariston al quale siamo molto felici di dare il nostro contributo”.
Generali ha partecipato anche al FantaSanremo con la lega #BalconcinoGenerali per accogliere tutte le persone che sceglieranno di giocare durante i giorni della kermesse all’iniziativa social più popolare, coinvolgente e divertente.
Torino, 15 feb. - (Adnkronos) - “Sui dazi la storia dimostra che fanno male a tutti, anche a chi li impone. Poi naturalmente colpiscono di più i paesi che hanno una forte capacità di esportazione, quindi può essere che l’Italia sia un pochino più colpita di altri Paesi come primo impatto. Ma non dimentichiamo che l’Italia ha sempre dimostrato una capacità molto elevata di riorientare le proprie esportazioni in funzione dell’andamento dai mercati e dei prezzi. Quindi io sono abbastanza ottimista sulla capacità dell’Italia di minimizzare o comunque contenere i danni che possano derivare da questa guerra delle tariffe che si preannuncia". Lo ha affermato il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, a margine del congresso Assiom Forex in corso a Torino." Naturalmente - osserva - nessun paese riuscirà a sfuggire al fatto che una guerra delle tariffe fa sempre male a tutti".
Palermo, 15 feb. (Adnkronos) - Sono in corso verifiche dell'Ambasciata italiana a Bogotà sulla presunta morte del boss Giovanni Motisi, inserito nella lista dei latitanti mafiosi più pericolosi. La Procura di Palermo ha allertato i poliziotti del Servizio centrale operativo. A lanciare la notizia è il sito del giornale 'Gente'. Secondo il settimanale sarebbe morto di tumore in una clinica di Cali. Motisi aveva fatto perdere le sue tracce dal 1998.