di Andrea Masala
Sono stato a sentire Matteo Salvini e Steve Bannon (considerato il guru di Trump, principale animatore della cosiddetta internazionale sovranista) ad Atreju, la kermesse della giovanile del partito di Giorgia Meloni. Ero curioso di vedere dal vivo questa celebrata comunicativa e il livello di empatia col “loro” pubblico.
Noto subito che Roma ha reagito con grande indifferenza: nonostante la location molto centrale e di passaggio la platea era piena ma niente di più, anche perché c’erano molte delegazioni nazionali. Insomma è rimasta una manifestazione di Partito senza diventare assolutamente un qualcosa di massa. Visto il calibro dei due personaggi mi pare significativo.
La mattina inizia Salvini intervistato dal solitamente brillante Mentana che va subito al sodo: “Insieme ad Orban volete sfasciare l’Europa?”. Salvini mette subito in atto la sua nuova retorica e afferma che invece sono loro i veri europeisti, che vogliono salvare le tradizioni della “vera” Europa contro i tecnocrati della finanza che le stanno distruggendo. Ma è subito dopo la retorica che arriva il suo punto politico reale: “Le prossime elezioni europee saranno un appuntamento storico: finora quest’Europa è stata costruita da Popolari e Socialisti, è ora di cacciare i Socialisti. Populisti e Popolari, e tra i Popolari preferisco Orban a Junker, costruiranno la vera Europa”.
Frase che fa il paio con il recente incontro con Berlusconi, il quale insieme a tutti i Popolari Europei è il principale responsabile (molto più che i Socialisti che semmai hanno la responsabilità di esserne stati subalterni) di questa Ue degli egoismi nazionali. Ma questo Mentana non glielo fa notare.
Questo è il vero punto: la Destra è cosciente di se stessa del suo ruolo storico-politico, sa di essere la Destra e di dover fare la Destra. La Sinistra invece vagheggia di dicotomie politologico-giornalistiche: europeisti contro sovranisti, scienziati contro barbari, coalizioni da Macron a Tsipras; tutto col retropensiero che in fondo si è più simili alla Merkel che a Podemos, sperando che Merkel e Spread arrivino in soccorso. Salvini invece ingaggia i Popolari (da Orban e Seehofer sempre più simili a lui) nella missione, che lui definisce storica, di eliminare i Socialisti e i progressisti in genere dalla gestione delle Istituzioni Europee.
La Destra ha lo scopo di sconfiggere la Sinistra, per ottenerlo nasconde lo scontro Destra/Sinistra sotto il falso scontro Elite/Populismo. La Sinistra invece di smascherarlo lo accetta e lo interpreta esattamente come vuole la Destra, consegnandosi così alla sconfitta certa. Sconfitta crogilata nell’illusione, ingiustificata e impotente, di essere sempre e comunque “l’unica speranza per l’Italia e baluardo di civiltà in mezzo ai barbari”. La Destra ha coscienza di se stessa, è cinica e realista ma sa anche indicare un orizzonte, una visione, una missione ai suoi gruppi sociali di riferimento, che la Destra conosce bene e sa unificare in un suo popolo.
La costruzione di un popolo unificante di diversi gruppi sociali e di una internazionale era il punto di distinzione delle sinistre, oggi incapaci anche solo di pensarlo.
A costruire una nuova internazionale, sovranista, è invece Steve Bannon che torno a sentire nel pomeriggio.
Bannon ha un’allure comunicativa che mescola il predicatore evangelico, il motivatore-coach, il politico che fa riferimento alla mistica. È un ragionatore raffinato che mescola Evola col Tea Party, Cicerone con Heidegger e Picketty. Però lo fa dentro un discorso facile, motivante, alla portata di tutti. Sa cioè trasferire l’esoterismo in essoterismo, cosa che la parte più intelligente della sinistra radicale, pur avendo analisi e proposte brillanti, non è mai riuscita a fare.
Il centro politico del messaggio di Bannon è rivolto ai millennials (categoria probabilmente più centrale in Usa e soprattutto lì da riconquistare visto che la maggioranza votò per la Clinton, nella anziana Europa è meno centrale), “voi non avrete mai proprietà, non avrete mai un lavoro capace di darvi ricchezza e proprietà, perché il partito di Davos sta facendo di tutto per togliervi le ricchezze delle generazioni precedenti per poi ridurvi a schiavi. Siete la generazione più colta della storia ma la vostra condizione è simile a quella dei servi della gleba nella Russia ottocentesca”, un discorso forte, generatore di identificazione, che affronta la contraddizione della proletarizzazione cognitiva.
Costruisce un nemico e gli dà un nome: “Partito di Davos”, ossia l’elite economico-politico-finanziaria che ogni anno si riunisce nella cittadina elvetica per definire programmi, saldare accordi, impostare politiche. A questo partito Bannon contrappone il populismo, e lo fa usando gli slogan di Occupy: l’1% contro il 99. Alla platea Bannon dice di non vergognarsi nel definirsi populisti “vi chiameranno razzisti e nativisti, ma state solo difendendo il vostro Paese e la vostra famiglia contro chi vuole disgregare l’ordine tradizionale, contro chi ha riempito di guerre il Medioriente per riempirci di immigrati. Noi dobbiamo fare una rivoluzione per ristabilire l’ordine antico”.
La platea va in visibilio, la vecchia fascisteria romana e quella di nuova generazione si spella le mani nonostante il guru di Donald Trump ripeta continuamente il concetto di “tradizione giudaico-cristiana” basata sulla storia di Atene, Gerusalemme e Roma. L’identificazione di Bannon con la destra israeliana è paradigmatica nel suo discorso.
La platea si spella le mani, ma a nessuno viene in mente (meno che mai all’intervistatore Alessandro Giuli, visibilmente più a destra di Bannon) di far notare che Trump fa parte di quell’1%, che è uno dei protagonisti dell’economia finanziaria globale, che il suo settore immobiliare è proprio quello che più di tutti spoglia le proprietà dei piccoli per concentrarle nelle mani di pochi, è quello che causa le principali bolle finanziarie, nessuno fa notare che le guerre che sconquassano il Medioriente le fanno quelli come Trump: Reagan e Bush (in evidente continuità politico-culturale con Trump) o che Obama aveva trovato un accordo con l’Iran subito rotto da Trump in preparazione di una nuova guerra. Bannon è al servizio di un pezzo di quell’oligarchia finanziaria che dice di voler combattere, elemento tipico delle destre estreme, ma sa dissimularlo molto bene.
Nel contenuto niente di nuovo quindi: la pars destruens utilizza una critica al capitalismo da dentro il capitalismo (come già aveva fatto Tremonti), nel dire che si preferisce il capitalismo di ieri al capitalismo di oggi in verità si intende che si lotta a favore di alcuni capitalisti contro altri, nello specifico quelli della Silicon Valley; la pars costruens propone un capitalismo coniugato ad una società ordinata, repressiva delle pluralità e tradizionale. Dove per tradizionale si intende patriarcale e classista.
Il sogno del populismo conservatore mondiale è il capitalismo del petrolio, acciaio e armi coniugato ad una società gerarchica, in cui la piccola proprietà si accontenta di restare piccola e in questo solidarizza e sostiene la grande proprietà, alla quale chiede soltanto la difesa armata della sua concedendo in cambio la fissità dei ruoli, l’immobilità sociale. Se Bannon propone di difendere la piccola proprietà bloccandola in unità col grande capitale estrattivo, la Sinistra cosa può proporre a quella base sociale per contenderla alle Destre? Come può mettere insieme la piccola proprietà e i millennials senza proprietà contro le grandi concentrazioni di ricchezza?
Ancora una volta la Destra conosce bene i suoi ceti di riferimento e sa quale lavoro deve fare per la conservazione dei grandi privilegi.
A Sinistra non si ha più una bussola di analisi sociale per decidere quali settori rappresentare, come unirli e contro chi mobilitarli.
Eppure 20 anni fa una parte molto larga e plurale della Sinistra capì e denunciò in anticipo la deriva finanziaria e di crisi della globalizzazione, lavorò ad una profonda riforma delle istituzioni e politiche internazionali per favorire una globalizzazione equa e sostenibile.
La Sinistra ufficiale la lasciò morire a Genova, l’altra non ebbe mai la forza e il coraggio di farla rinascere.