Una delle tante occasioni per sfasciare il territorio senza alcun ritorno di pubblica utilità, ma in compenso creare lavoro, far girare soldi. Questo è l’ennesima autostrada inutile del Nord Italia: l’autostrada della Valdastico (A31). La A31 ha radici antiche: nasce alla fine degli anni ’60 dello scorso secolo, nell’ottica di fornire un asse viario alle nascenti zone industriali del vicentino; il progetto originale prevedeva il collegamento con la A22 del Brennero e la A13 Bologna Padova, ma la crisi economica degli anni ’70 e le mutate condizioni politiche portarono al completamento del solo tronco Vicenza-Piovene Rocchette.
Ma un’autostrada non terminata non sia mai. Ed ecco allora che negli ultimi venti anni si è ripresa in esame la possibilità di completare l’arteria; la parte a sud, pur con svariati problemi in ambito ambientale e tutela di beni culturali, è stata completata fino a Badia Polesine, senza un collegamento autostradale con la A13 terminando a Badia Polesine, e su questo tratto dell’opera è in corso un processo in merito all’utilizzo di rifiuti tossici e scarti di fonderia per la realizzazione del fondo stradale. La parte Nord, da Piovene Rocchette a Casotto di Pedemonte, è in corso di progettazione e approvazione, mentre sul versante trentino non vi è, tra quanto disponibile al pubblico, alcuna ipotesi di collegamento o tracciato, salvo la pre-intesa tra Regione Veneto e Provincia Autonoma di Trento firmata nel febbraio 2016 relativamente a un “corridoio di transito su viabilità ordinaria che colleghi la Valsugana, la Valdastico e la zona dei Laghi”, che escluderebbe pertanto ogni ipotesi di autostrada e di collegamento con la A22 del Brennero.
Contro questa che potremmo definire “una antistorica arteria”, i cittadini si sono variamente organizzati, specie sul versante veneto, con azioni giudiziarie ma anche di sensibilizzazione a vari livelli circa i problemi che avrebbe quest’opera, pensata negli anni ’70, su un territorio nel frattempo profondamente mutato, fortemente urbanizzato e industrializzato. In particolare la valle dell’Astico è molto stretta, e con la realizzazione dell’opera e dei relativi cantieri rischierebbe di diventare un semplice “corridoio” (nei corridoi non ci si vive, ci si passa soltanto) amplificando il già in atto processo di spopolamento delle valli e delle montagne che misure legislative sia regionali che nazionali cercano invece di contrastare.
Certo, per ovviare in parte a questo impatto la variante di percorso prescelta dalla proponente (A4 Holding, che già gestisce il tratto autostradale Brescia, Verona, Vicenza, Padova) prevede uno sviluppo prevalentemente in galleria (27 km su 39). Ma, a parte i costi che lieviterebbero sensibilmente e metterebbero seriamente in dubbio la rimuneratività dell’opera, tale tracciato pone seri interrogativi soprattutto sulle ripercussioni che si avrebbero sull’assetto idrogeologico di un territorio molto delicato, che rappresenta una fetta rilevante del bacino di ricarica delle falde acquifere dell’alta pianura veneta (altipiani di natura calcarea e struttura carsica, veri e propri “serbatoi d’acqua” sui quali non vi è alcuna idea delle conseguenze in caso di perforazioni come quelle in progetto). Probabilmente, la soluzione proposta è peggio del male.
Fra i gruppi, organizzazioni, comitati, costituitisi negli anni, c’è la Comunità Salviamo la Valdastico che adesso lancia una forma di lotta alla quale ognuno può prendere parte e dare il proprio contributo e sostegno: l’acquisto collettivo di un terreno sottoposto a procedura di esproprio (non ancora peraltro avviata), in area di cantiere sito in contrada Settecà di Valdastico. Un terreno agricolo, libero e vicino al fiume, che verrà ceduto dagli attuali proprietari al prezzo simbolico di un euro e sul quale, secondo il progetto, andrebbe installato un frantoio per spaccare le pietre derivanti dalle escavazioni dei trafori. La Comunità ora si propone di acquistare appunto collettivamente questo terreno in modo quanto meno di aggravare notevolmente l’iter di esproprio.
Non è la prima volta che si adotta questa forma di lotta collettiva: personalmente, acquistai terreni per contrastare il Tav Torino – Lione, e terreni nei Pirenei per contrastare anche qui il Tav tra Francia e Spagna. Si rallentano i tempi di realizzazione delle opere e si responsabilizzano le persone. L’augurio è che molti aderiscano: più si è e meglio è, è il caso di dire.