Secondo Amnesty International, la repressione della libertà d’espressione sotto la presidenza di Abdelfattah al-Sisi ha raggiunto picchi mai visti nella recente storia dell’Egitto e chiunque osi esprimere pacificamente le sue opinioni è trattato come un criminale, peggio che ai tempi di Mubarak.
Dal dicembre 2017 sono almeno 111 le persone arrestate dai servizi di sicurezza solo per aver criticato il presidente al-Sisi e la situazione dei diritti umani nel Paese: attivisti politici, giornalisti, difensori dei diritti umani, esponenti dell’opposizione, artisti, tifosi di calcio e altri ancora. Di esse, almeno 35 sono state arrestate per le accuse di “manifestazione non autorizzata” e “adesione a un gruppo terroristico” solo per aver preso parte, nel marzo di quest’anno, a una piccola protesta pacifica contro l’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana. L’inchiesta 27/2018 riguarda tra gli altri anche il noto attivista per i diritti dei lavoratori Haytham Mohamden.
Due persone sono in carcere dopo aver pubblicato online commenti satirici e dovranno rispondere delle accuse di “violazione della pubblica decenza” o di altre imputazioni definite in modo vago.
Anche la poesia, in questo clima, diventa un’arte pericolosa. Il 31 luglio 2018 il poeta Galal el-Beheiri è stato condannato a tre anni di carcere da un tribunale militare per “offesa alle forze di sicurezza” e “diffusione di notizie false”. Era stato arrestato quattro mesi prima dopo aver scritto una raccolta di poesie intitolata Le migliori donne sulla terra, una parodia su un detto attribuito al profeta Maometto secondo il quale l’Egitto era il Paese dove erano nati “i migliori soldati della terra”.
Con la scusa delle “misure antiterrorismo”, il parlamento ha adottato una serie di norme che autorizzano la censura di massa nei confronti di portali informativi indipendenti e delle pagine Internet di gruppi per i diritti umani, legittimando così il giro di vite iniziato nell’aprile 2017 e che ha portato al blocco di oltre 500 siti web senza autorizzazione né supervisione giudiziaria.
L’ultima legge sui crimini a mezzo stampa e informativi ha reso pressoché assoluto il controllo delle autorità egiziane sulla stampa offline e online e sui mezzi radio-televisivi. Le continue e ingiustificate misure adottate dalle autorità egiziane per ridurre al silenzio le voci pacifiche hanno spinto centinaia di attivisti e di esponenti dell’opposizione a lasciare il Paese, onde evitare di finire arbitrariamente in carcere.