Per la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria il sindaco di Delianuova è un appartenente alla ‘ndrangheta. C’è anche Francesco Rossi, area Pd ed eletto nel 2015 con una lista civica, tra i 18 fermati questa mattina dai carabinieri che hanno stroncato la cosca Alvaro di Sinopoli. Nel provvedimento di fermo dell’operazione “Iris”, emesso dalla Procura, vengono contestati i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, truffa aggravata e trasferimento fraudolento di valori.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Giulia Pantano, avrebbe dimostrato come il sindaco arrestato sarebbe a tutti gli effetti partecipe di una delle più importanti famiglie mafiose della Piana di Gioia Tauro, una cosca che negli anni si è arricchita con gli appalti pubblici nonostante i numerosi arresti dei boss trasformati poi in decenni di carcere. Non è un caso che in manette sono finiti anche due imprenditori della zona espressione della cosca di Sinopoli.
Nell’inchiesta “Iris” sono finite le intercettazioni ambientali registrate dai carabinieri all’interno di un casolare di contrada Scifà di Sinopoli. Chiamata dagli indagati “la casetta”, lungo la strada che collega Gambarie a Delianuova, in realtà era un luogo nevralgico della cosca Alvaro. Le continue “mangiate” in quel casolare altro non erano, secondo gli inquirenti, che riunioni di ‘ndrangheta alle quali partecipavano diversi boss della provincia di Reggio Calabria.
Nella “casetta” è stato intercettato anche un candidato alle regionali del 2014 (non eletto) ma soprattutto il il sindaco Francesco Rossi arrestato oggi per fatti che si riferiscono a quando il politico locale ricopriva il ruolo di vicesindaco e assessore ai lavori pubblici. Per lui non è solo un discorso di appalti in cui avrebbe favorito la cosca Alvaro, ma è un modo di essere a completa disposizione della ‘ndrangheta all’interno delle istituzioni.
Attraverso Rossi, infatti, una delle più agguerrite famiglie della mandamento tirrenico sarebbe riuscita a infiltrarsi negli enti locali. Oltre ad essere stato eletto sindaco tre anni fa, Rossi da qualche mese era entrato nel consiglio della Città metropolitana di Reggio Calabria. Tra il 2006 e il 2010, Rossi era stato controllato anche con personaggi legati alla criminalità organizzata del suo paese poi finiti in inchieste antimafia della Procura di Reggio Calabria.
Stando all’impianto accusatorio dell’operazione “Iris”, il sindaco Rossi è una figura centrale per quanto riguarda gli interessi della cosca all’interno del Comune. In particolare, quando era assessore il primo cittadino di Delianuova aveva richiesto un intervento degli Alvaro su alcuni soggetti che ostacolavano la sua gestione amministrativa in relazione alla definizione del piano regolatore comunale e della lottizzazione della zona di Carmelia.
Interrotte, grazie all’intervento degli Alvaro, le condotte ostruzionistiche dei suoi oppositori, Rossi nel 2015 è stato eletto sindaco diventando il “referente politico” degli Alvaro che lo avevano collocato al vertice del Comune per fare i loro interessi.
A proposito di appalti, per l’episodio che, secondo gli inquirenti, maggiormente testimonia la capacità di infiltrazione della cosca Alvaro è quello inerente i lavori di realizzazione dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi. Si tratta di un’opera pubblica di interesse nazionale perché garantisce la sicurezza della connessione della rete elettrica siciliana a quella peninsulare per ridurre il rischio di black-out in Sicilia, incrementando la capacità di trasporto tra l’isola e il continente.
Movimento terra, trasporto, fornitura di inerti, mezzi e manodopera. Tutto doveva passare dagli Alvaro che si erano assicurati il controllo del cantiere ottenendo diretti e indiretti, attraverso le ditte riconducibili alla cosca. La Dda ha dimostrato l’esistenza di un vero e proprio “accordo” tra la Roda Spa, impresa aggiudicatrice dei contratti da Terna Spa, e alcune ditte di Sinopoli, Sant’Eufemia e San Procopio, tutte collegate o riconducibili agli Alvaro che, per l’appalto dell’elettrodotto si è servita di due imprenditori: Saverio Napoli e Rocco Rugnetta. Sarebbero stati loro, infatti, a tenere i contatti con i rappresentanti della Roda Spa imponendo materialmente le ditte subappaltatrici, i fornitori di ferro e calcestruzzo e i servizi di cantiere in genere, assegnati, su disposizione del clan, a ditte “gradite” e ovviamente a prezzi e condizioni più sfavorevoli rispetto a quelli di mercato.
Il capo indiscusso è il boss Carmine Alvaro detto u pulice, già detenuto perché arrestato nell’operazione “Provvidenza” del 2017. Le intercettazioni all’interno della “casetta” hanno consentito di delineare l’organigramma della cosca retta da u pulice assieme ai suoi cugini Antonio, Raffaele e Carmine Alvaro soprannominato u bruzzise. In carcere sono finiti anche altri affiliati, alcuni dei quali già condannati per mafia, come Giuseppe Alvaro (u rugnusu), Giuseppe Alvaro (u trappitaru), Carmine Alvaro (u limbici), Carmelo Alvaro (Carmine Bin Laden), Domenico Alvaro, Paolo Alvaro, Antonino Bonforte (u topu), Rocco Calabrò, Francesco Paolo Sergio e Giuseppe La Capria.
Con il provvedimento di fermo eseguito stamattina, la Dda ha arrestato anche esponenti delle altre cosche. In manette sono finiti Sebastiano Callea (vicino alla famiglia Condello-Imerti di Archi), Domenico Rogolino (capo locale di alcuni quartieri alla periferia nord di Reggio Calabria: Catona, Arghillà, Villa San Giuseppe, Rosalì e Spontone), il suo luogotenente Giuseppe Foti.
Tutti e tre si erano recati per una “mangiata” alla “casetta” di Scifà per concordare con gli Alvaro la spartizione degli interessi illeciti nel territorio reggino.
“L’indagine di oggi – è il commento del procuratore Bombardieri – fotografa le attuali dinamiche criminali della cosca degli Alvaro che aveva ingerenze sulla cosa pubblica di Delianuova. È un quadro desolante per la presenza di esponenti della vita pubblica locale”. Il sindaco di Delianuova Francesco Rossi viene definito dal magistrato un “soggetto prono ai valori della cosca”.