Stefano Lotumolo, 30 anni, nel 2015 ha viaggiato per mesi tra Africa, India e Australia. Poi è tornato in Italia, che gira su un T3 Volkswagen - dove vive stabilmente - per esporre le sue foto. Tutto è iniziato con una telefonata nel cuore della notte a Perth. E da lì ha capito: "Dovevo conoscere me stesso e sapevo che non avrei mai trovato risposte in un sistema statico come il nostro"
Che ci fa un giovane toscano di 30 anni in un villaggio Masai in Tanzania? Stefano Lotumolo viene da Altopascio, 15mila abitanti in provincia di Lucca. Dopo aver fatto il floricoltore, il pizzaiolo, il postino, il giardiniere e il rappresentante di tramezzini, ecco, “sono partito perché non potevo vivere più in questo sistema”. In 4 mesi passati tra Africa e Asia è nata la passione per la fotografia. E da lì non si è più fermato.
Tutto è iniziato con una telefonata nel cuore della notte a Perth, in Australia, nel dicembre del 2016. “Mi chiamò mia sorella dicendomi che nostro cugino si era ammalato. Una settimana dopo ero in Italia”, ricorda Stefano. In quel periodo cambia tutto: “Ho trascorso del tempo a fianco di mio cugino. Mi sono connesso in maniera decisa con l’universo”.
Il primo viaggio fotografico di Stefano arriva nel giugno 2015. “Ricordo benissimo il momento in cui salii sull’aereo. Non sapevo niente di tutto quello che sarebbe successo ma sentivo che la mia era la scelta giusta. Volevo scoprire qual era la cosa che riuscivo a fare meglio nella mia vita”. Proprio qui nasce la sua connessione con la fotografia. “Non avevo mai usato una reflex fino ad allora. All’inizio era tutto un gioco, mi divertivo a scattare e niente più”.
Al ritorno dal suo primo viaggio Stefano decide di allestire con l’aiuto prezioso di famiglia e amici una mostra fotografica nel suo paese. “Il risultato fu eccellente – ricorda –. Oltre ogni aspettativa”. Continuare a scattare e viaggiare è stata una conseguenza naturale. Dall’Africa all’India, passando per l’Australia. Stefano ha girato praticamente mezzo mondo con in spalla la sua macchina fotografica.
Nel 2015, poi, in Tanzania Stefano ha conosciuto Philipo, membro della tribù Masai, durante una camminata nella savana vicino al Kilimangiaro. Da lì è nata un’amicizia straordinaria che ha unito Italia e Africa. “Quando nacque sua figlia Philipo mi chiese di scegliere il nome: puntai su Giorgina, come la mia nipotina italiana”, ricorda Stefano. In Tanzania quando hai un figlio devi riuscire a sposarti, ma Philipo non aveva i soldi per pagare le mucche necessarie per poter prendere moglie. “So che suona strano, ma è così. Nel 2018 – continua – si pagano ancora le mogli a suon di mucche in Tanzania e se non puoi permettertelo rischi che la famiglia di lei decida di darla in sposa ad un altro uomo, che si possa prendere carico anche del bambino”.
È nata così l’idea di una raccolta fondi online per pagare le mucche che servivano a Philipo per il suo matrimonio. In poco più di un mese sono stati racimolati oltre mille euro. “Era contentissimo, la sua reazione è stata impressionante – racconta Stefano – Philipo quasi non ci credeva, non pensava tutto questo fosse possibile”. Il Masai ha potuto acquistare le mucche necessarie e ad agosto sarà celebrato il matrimonio in Tanzania. “E io sono stato nominato testimone e fotografo ufficiale”, sorride Stefano.
Dopo aver vissuto nelle casette Masai fatte di terra e di sterco di mucca insieme a Philipo e alla sua famiglia oggi Stefano è tornato in Italia e vive stabilmente nel suo T3 Volkswagen. “Sono partito due anni e mezzo fa perché non ne potevo più di vivere in questo sistema in cui l’apparenza conta più della sostanza – spiega –. Dovevo conoscere me stesso e sapevo che non avrei mai trovato risposte in un sistema statico come il nostro. Ho bisogno del pieno per poter viaggiare. E ho eliminato molti vizi in maniera naturale”, sorride. Gira il paese in lungo e in largo, raccoglie le sue fotografie e le presenta in esposizioni di strada, festival e musei civici. La sua mostra itinerante si intitola ‘It’s all about love’ e ha l’obiettivo di raccontare il mondo e le diversità delle culture senza gli occhi tipici del turista. Ma calandosi completamente nelle altre realtà. E grazie a contatti con associazioni benefiche Stefano col ricavato darà un aiuto concreto ai suoi amici sparsi in tutto il mondo.
Soddisfatto del tenore di vita attuale? “Se devo essere onesto sono sicuro che con la fotografia andrò avanti e riuscirò a far arrivare il mio messaggio lontano – risponde Stefano – Non mi sento un fenomeno. Ma spero di riuscire a parlare attraverso i miei scatti”.
Il ricordo più bello dell’Africa, però, sta tutto in un’immagine. “Nel nostro villaggio in Tanzania non avevamo energia elettrica. Una notte, mentre tornavamo a casa, spensi la torcia, fermai i miei amici Masai sotto le stelle e dissi loro: ‘Capisco che sognate di poter viaggiare e conoscere il mondo. Però guardate cosa avete qui sopra le vostre teste. Un mare di stelle’. Ecco, molte persone in Italia non hanno mai visto un cielo così pieno di stelle. E altre non lo vedranno mai in vita loro”.