Dietro alla decisione di Bruxelles c'è la nuova legge riguardante i giudici della Corte Suprema che abbassa l'età del pensionamento da 70 a 65 anni, rischiando così di lasciare a casa 27 dei 72 membri, tra cui anche il Presidente, che compongono attualmente l'organo
La Commissione europea deferirà la Polonia alla Corte di Giustizia europea a causa della nuova legge sul pensionamento dei giudici della Corte Suprema. La nuova normativa, spiegano dall’esecutivo di Bruxelles, è “incompatibile con il diritto dell’Unione a causa delle violazioni del principio d’indipendenza giudiziaria“. La legge prevede l’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici da 70 a 65 anni: un cambiamento che, secondo l’Ue, rischia di lasciare a casa 27 dei 72 giudici della Corte Suprema.
La riforma del regime di pensionamento sta “generando così il rischio di pregiudicare in modo grave e irreparabile l’indipendenza della magistratura in Polonia e quindi l’ordinamento giuridico dell’Ue”, si legge nella nota diffusa dalla Commissione. Situazione che ha convinto l’esecutivo ad avviare la seconda fase del procedimento d’infrazione. La Commissione, chiedendo “alla Corte di Giustizia un procedimento accelerato per addivenire a una sentenza il più presto possibile”, ha anche proposto l’adozione di misure cautelari che, durante la valutazione, ripristinino le leggi relative alla Corte suprema polacca antecedenti alla data del 3 aprile 2018, quando la riforma è ufficialmente entrata in vigore.
Questo perché l’abbassamento dell’età pensionabile da 70 a 65 anni mette a rischio di pensionamento d’ufficio ben 27 giudici su 72 attualmente in carica alla Corte Suprema, tra cui anche il primo Presidente che, così, non potrebbe nemmeno concludere il suo mandato di sei anni previsto dalla Costituzione polacca. Secondo l’esecutivo europeo, la nuova riforma rischia di diventare un’arma in mano al governo per allontanare più di un terzo dei giudici attualmente in carica e velocizzare il ricambio anche per quelli poco più giovani. Insufficiente a garantire il rispetto del principio d’indipendenza dei giudici, secondo la Commissione, è anche la possibilità di richiedere al Presidente della Repubblica, una sola volta e non rinnovabile, una proroga di tre anni da parte dei membri interessati dal provvedimento. La decisione del Presidente, secondo il testo di legge, non è però legata ad alcun criterio definito e non ammette il ricorso per via giudiziaria. L’unica salvaguardia proposta dalle autorità polacche è una consultazione non vincolante del Consiglio nazionale della magistratura, un organo ora composto in violazione dei criteri europei d’indipendenza della magistratura.
La nuova legge polacca aveva riscosso critiche da tutto il fronte liberale e socialista a Bruxelles, ottenendo il tacito assenso solo dei gruppi formati dai partiti sovranisti ed euroscettici. Il Primo Ministro, Mateusz Morawiecki, aveva difeso la riforma anche a Strasburgo, dichiarando che “ogni Stato costruisce il suo sistema giudiziario a seconda delle sue tradizioni. Invece di additare il populismo domandatevi perché la gente sta voltando le spalle all’Europa”. Attacchi al provvedimento c’erano stati anche nelle ore precedenti e seguenti il voto sull’applicazione dell’articolo 7 del Trattato dell’Unione europea nei confronti dell’Ungheria, quando alcuni esponenti del Partito Popolare europeo avevano ricordato che non era giusto accanirsi solo contro il governo di Viktor Orbán se, invece, si chiudeva un occhio sull’operato di altri Paesi che violano i principi Ue come, tra gli altri, la Polonia.
“La Commissione ribadisce che la legge polacca sulla Corte suprema è incompatibile con il diritto dell’Unione – continua il comunicato -, in quanto lede il principio di indipendenza della magistratura, in particolare nell’aspetto dell’inamovibilità dei giudici. La Polonia sta quindi venendo meno agli obblighi previsti dal Trattato sull’Ue”. La Commissione ha inviato alle autorità polacche una lettera di costituzione in mora il 2 luglio 2018 in relazione alla legge, seguita il 14 agosto 2018 da un parere motivato. In entrambe le occasioni, la risposta delle autorità polacche non ha eliminato i dubbi espressi dalla Commissione dal punto di vista giuridico, spiegano da Bruxelles.