La situazione non è nuova in quanto la Rai è perennemente messa in discussione. Se vince negli ascolti viene criticata per la programmazione troppo commerciale, se perde negli ascolti viene accusata di incapacità. Le opposizioni la criticano per essere troppo filo-governativa, il governo per non rappresentare adeguatamente i cambiamenti attuati. Essere sotto stress è una sua naturale condizione, anche se proprio nei momenti più gravi è capitato, in passato, di esprimere il meglio. Con queste premesse, va rilevato che la Rai attraversa una delicata fase nella quale i problemi di bilancio e l’urgenza di autodefinirsi nel ruolo di servizio pubblico potrebbero mettere a rischio la sua storica integrità (è noto che l’azienda sia stata sempre protetta da tutte le forze politiche in quanto ad esse, in particolare quando sono al governo, è troppo necessaria).
Nei primi sette mesi dell’anno, i ricavi pubblicitari (Italia Oggi del 18 settembre) sono scesi rispetto all’anno precedente di -4% (contro +4% di Mediaset, grazie anche ai mondiali di Russia 2018). La ripresa della pubblicità, agevolata anche dalle recenti agevolazioni fiscali per gli inserzionisti, non è stata intercettata dalla Rai. Considerando che i ricavi da canone dovrebbero rimanere stabili, l’azienda dovrebbe chiudere l’anno con un calo dei ricavi. Il problema è che i costi potrebbero crescere sopra le previsioni. La programmazione, in particolare quella di Rai1, è stata, nella prima parte dell’anno, molto “spinta”, per cui è possibile che i costi possano lievitare più del previsto.
D’altronde la situazione non è nuova, è nella storia della Rai che i programmi ‘di punta’ siano messi in onda nella prima parte dell’anno, mettendo in difficoltà la programmazione dell’autunno-inverno. Il bilancio potrebbe dare preoccupazioni, ma è la programmazione che impensierisce di più. Il palinsesto è sostanzialmente immutato da anni: si salvano le fiction, settore che ormai è un marchio di fabbrica dell’azienda pubblica che andrebbe assolutamente tutelato (perché non
creare una società ad hoc?). Per il resto è un ripetersi dei soliti generi e personaggi; le novità sono veramente limitate: cambia Rete4, possibile che non possono cambiare le tre reti storiche della Rai?
Un servizio pubblico, tanto per fare un esempio, si qualifica anche per l’approfondimento quotidiano dopo il Tg serale; ma non c’è un simile programma di qualità su Rai1 dai tempi di Enzo Biagi, mentre c’è da tempo su La7 (8,5) e ora su Rete4 (Stasera Italia), entrambi programmi di successo. Il servizio pubblico dovrebbe, nei programmi di approfondimento, incentivare il confronto fra i leader e limitare le interviste dirette.
Aleggia di nuovo su viale Mazzini il noto quarantennale “conflitto d’interessi”? Se è vero, ce ne accorgeremo dall’andamento della pubblicità e degli ascolti, con Rai penalizzata. Ce ne accorgeremo se la Rai non deciderà di dare una svolta alla decrescita di RadioRai così da competere veramente con MediasetRadio (Mediaset si sta espandendo sulla radio, mezzo che conosce un interessante revival pubblicitario) e se vorrà rivitalizzare il proprio settore del cinema, che ha perso la vivacità che aveva.
Vedremo quali scelte saranno fatte in tema di alleanze con l’altro grande operatore, Sky, e di politiche industriali (come per esempio la partecipazione di RaiWay al polo unico delle Torri). La Rai sembra come bloccata (si pensi alla atipica procedura per la scelta del nuovo presidente); ci vorrebbe una svolta vera, anche perché c’è la sensazione che i “nemici” del Servizio pubblico aumentino.