Si sarebbe dovuta tenere lunedì la conferenza stampa sul primo trapianto di faccia in Italia, ma i medici dell’ospedale Sant’Andrea di Roma hanno preferito annullare l’appuntamento con i giornalisti a causa di un “sospetto rigetto“. Dopo un’operazione durata 27 ore, i chirurghi avevano fatto sapere che “l’intervento era tecnicamente riuscito”. Ma da quanto rendono noto oggi, “i tessuti trapiantati hanno manifestato segni di sofferenza del microcircolo“, e per questo opteranno per “una ricostruzione temporanea con tessuti autologhi della paziente” in attesa di una nuova donatrice. Fanno sapere che la paziente, una donna di 49 anni, non è in pericolo di vita.
“Nonostante il cross-match negativo tra donatore e ricevente”, fanno sapere i medici in un bollettino, ci sono state complicazioni nell’attecchimento del lembo trapiantato: non arrivando sangue il microcircolo non si è attivato, il sospetto è che il corpo della paziente stia rigettando il lembo della donatrice. I medici, poi, rassicurano sul fatto che la donna non sia in pericolo di vita: ma per evitare ulteriori rischi si ipotizza una “ricostruzione temporanea” in attesa di un altro donatore.
L’operazione di trapianto, che si è tenuta tra venerdì e sabato, è stata possibile grazie alla donazione di una ragazza di 21 anni, vittima di un incidente stradale nel Lazio. La ricevente affetta da neurofibromatosi di tipo I – una malattia genetica deturpante perché “interessa manifestazioni a livello cutaneo, oculare e nervoso” – era stata sottoposta a una terapia immunosoppressiva antirigetto, e si trova in coma farmacologico. Questo intervento aveva significato l’apertura di un nuovo capitolo della medicina in Italia, tecnicamente definito “multitessuto” perché ha riguardato pelle, fasce muscolari e cartilagine. Un’operazione complessa per la quale sono stati necessari tre anni di preparazione da parte dell’organizzazione e del personale.
Bohdan Pomahac, il chirurgo che ha effettuato il primo intervento di questo tipo negli Stati Uniti, ha dichiarato all’Ansa che “il rigetto è molto comune nei trapianti di faccia, e si presenta nel 90% dei pazienti entro il primo anno”. Pomahac non commenta il caso specifico della paziente italiana, ma in riferito alla sua esperienza afferma che “i pazienti hanno una crisi di rigetto all’anno anche dopo il primo periodo”, ma “la maggior parte delle crisi si risolve con i farmaci immunosoppressori“. E quando i farmaci non sono sufficienti, il chirurgo sostiene che si può arrivare ad un secondo intervento.